Tempo sacro
Ma per dare giustizia di questa emergenza e per giustificare la reale riproducibilità dello spazio sacro è d’uopo aggiungere un altro fattore, il fattore del tempo, senza il quale quelle riproduzioni e quei trasferimenti del principio di sacralità non sarebbero che imitazioni. L’evento sacro è infatti un evento eterno: si situa in un tempo che ha continuato incessante fin da un momento fondativo sulla terra che fu soltanto il primo punto di congiunzione col tempo umano. Ogni luogo sede della medesima ierofania si trova dunque nello stesso centro perchè rompe lo spazio profano in posti diversi ma incuneando in essi la medesima porzione di spazio sacro, il medesimo evento sacro. Rispetto all’evento sacro, tutti i santuari di una medesima religione sono come le diverse finestre di un medesimo edificio che si aprono sullo stesso paesaggio; o come tutte le finestre del mondo, fatte per accogliere la luce di una medesima fonte. Così dunque quando si introduce nell’estensione profana uno spazio sacro, si apre appunto una finestra anche su un tempo diverso da quello nel quale ci troviamo abitualmente a vivere. Lo spazio è legato al tempo ovviamente, specialmente se questo spazio è riempito da gesti, da riti che evocano, che rendono presenti azioni svolte in altro tempo. E’ a quest’altro tempo che lo spazio sacro dischiude davanti all’uomo, un tempo che potremmo chiamare ‘tempo sacro’ per comodità. Per i Cristiani quello è il tempo della liturgia celeste, la quale sappiamo essere incessante, continua, e alla quale la liturgia celebrata sulla terra, nei nostri luoghi sacri, si ricongiunge temporaneamente. Questa contemporaneità che si instaura nello spazio sacro tra la vita terrena e l’evento eterno è il limite dove si annulla finalmente quella nostalgia del Paradiso, il quale benché in forma ritualizzata, per codici, si fa presente per qualche momento.
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