Ricerca del centro
Procedendo ancora a piccoli passi dal riconoscimento del Sacro alla necessità di dargli una forma, troveremo che uno dei costanti atteggiamenti che si incontrano in tutte le manifestazioni umane in rapporto al Sacro è quello di dare ad esso una sede stabile, possibilmente fissa. Tuttavia questa necessità di stabilire dei punti fissi, stabili, nello spazio destinato all’uomo non è esclusiva di questo ambito, è presente tanto presso l’uomo religioso, quanto, in forma diversa, presso l’uomo profano. Ma perché questo accade? Perché questa necessità? Si diceva che attraverso il riferimento costante ad un modello passato o extratemporale l’uomo misura e conforma lo spazio quotidiano intorno a sé. Egli non sentirebbe bisogno di farlo se ritrovasse in quello spazio, ancora indefinito ai suoi occhi, un senso, una ragione d’esistenza sufficiente ed appagante. Se dovessimo osservare solo la realtà presente materiale che tocchiamo e vediamo, non potremmo trovarne il senso perché essa è in continua trasformazione, ecco allora che per trovarne il senso, o per darglielo, dobbiamo porla incomunicazione con una realtà immutabile, con la quale essa si misura. Per l’uomo religioso lospazio ha senso per la presenza nella sua estensione di punti di contatto con il Sacro. In questi punti lo spazio profano, e il suo continuum omogeneo, è interrotto dalla incursione del Sacro, incursione raccolta in un luogo che l’uomo delimita per accoglierlo e dove, per poterlo fare, realizza opere adatte a custodirlo. Questi luoghi dunque sono definibili come centri, hanno delle caratteristiche in se stessi e danno anche l’orientazione e la misura a tutto il resto dello spazio circostante. Sono come uno ‘0’ del rilievo metrico. Del Santo Sepolcro un pellegrino islandese del XII sec. Nicolas de Therva scrisse: “Lì è il centro del Mondo, lì il giorno del Solstizio la luce del Sole cade perpendicolarmente al Cielo”. Dunque il Santo Sepolcro è il centro, ma non è l’unico: a poca distanza anche il Golgota è il centro del mondo, il luogo della Crocifissione, del sacrificio, come vediamo da molte raffigurazioni medievali del Cosmo.
Percorsi d’ascesa
Ricordiamo per tutte quella che forse potrebbe costituire la summa, la massima realizzazione cosmografica del cristianesimo medievale, la geografia dantesca. Molte edizioni della Commedia sono illustrate dall’immagine che Dante costruisce dell’Universo attraverso il poema. Al centro della terra emersa, quella rappresentata nell’emisfero inferiore, c’è Gerusalemme ed il monte Golgota, sotto il quale si apriva la voragine dell’Inferno, e al capo opposto un altro monte, il Purgatorio. Quasi sempre nella storia delle religioni troviamo che l’altura è il luogo della teofania. Sopra il monte si ha un contatto più forte con la divinità. Oppure c’è proprio l’abitazione della divinità, come nel caso dell’Olimpo. Su un monte sono avvenute anche le più importanti teofanie veterostestamentarie, mi sovvengono adesso naturalmente i fatti del Sinai, il sacrificio di Isacco e sicuramente molti altri che ora dimentico. Su un monte i momenti salienti della missione id Cristo: il discorso della montagna, la trasfigurazione e appunto la Crocifissione, dove il Cristo è innalzato ancora al di sopra del monte, sospeso tra cielo e terra. Ma anche altri fatti delle scritture, benché accaduti in un territorio meno definito orograficamente ci restituiscono il simbolismo dell’ascesa, il sogno di Giacobbe ad esempio, quando lui vede una scala che conduce al cielo. Ora questo simbolismo dell’ascesa e del monte è stato molte volte ripreso nella costruzione dei luoghi sacri. Le prime piramidi, prima del raffinamento che volle appianare le loro superfici, erano a gradoni, come erano e sono ancora quelle mesopotamiche, quelle azteche ed i templi indonesiani e tutte rappresentano delle montagne. La tradizione Giudaica e poi quella Cristiana, nonché quella classica sulla quale si è trapiantata, sono sempre state molto più moderate in questa simbologia, ma essa tuttavia non è mai mancata, e la differenza di piani tra l’interno e l’esterno dello spazio consacrato, e al suo stesso interno è rimasto un dato costante. Questo percorso di ascesa per giungere al sacro ha almeno tre valenze: indica, simbolicamente, la fatica dell’accesso al sacro; rimarca la differenza di livello rispetto allo spazio circostante evidenziando la presenza di una discontinuità nello spazio profano; e infine, ad un livello sempre meno simbolico, si avvicina concretamente di qualche passo al cielo, all’abitazione di Dio.
Moltiplicazione dei centri e riproducibilità dei modelli
Queste rappresentazioni non vanno scambiate per sole allegorie di stampo morale. La tradizione medievale dimostra come si giustifica questa centralizzazione del Golgota. Nella storia della vera Croce narrata da Iacopo da Varagine leggiamo che Adamo morente chiese a Seth di andare al giardino dell’Eden a procurarsi gli unguenti per risanarlo dalla sua malattia, l’arcangelo Michele gli rifiutò l’accesso ma gli diede in cambio un germoglio dell’albero della vita che sorgeva al centro del Giardino. Seth ritorna portando con sé l’arbusto e operando così una traslazione dell’elemento centrale del Paradiso. Era solo un arbusto, ma quando sarà cresciuto e sarà albero sarà pronto per essere il centro della nuova Vita. Infatti questo germoglio fu lasciato nella bocca di Adamo al suo seppellimento e da esso nacque l’albero dal quale fu tagliata la croce. Adamo sarebbe stato sepolto alla sua morte proprio sul Golgota, come mostrano le numerose illustrazioni della crocifissione con il cranio di Adamo al quale il sangue redentore restituisce la vita colando dalla croce. Dunque il sacrificio di Cristo si compie al centro del mondo. Sono stati questi eventi a far riconoscere il Golgota, ad esempio, come centro, e allo stesso modo ogni luogo dove quello stesso evento già accaduto sul Golgota si ripete, diventa necessariamente il centro del mondo. E così ogni chiesa che imita questi luoghi, che rievoca, anzi riattua quello che in quei luoghi è accaduto, è anch’essa centro del mondo. Ogni luogo dove si ripete quello stesso rituale, quello stesso sacrificio, esso è per i Cattolici il Golgota, è il centro della terra, tanto quanto l’officiante è altro Cristo e l’ostia è vera vittima. I pellegrinaggi, ad esempio, o i giubilei della tradizione cattolica, sappiamo che si possono effettuare e lucrare in una molteplicità di luoghi semplicemente perché tutti questi luoghi sono in realtà lo stesso luogo dal punto di vista sacrale. Il pellegrinaggio a Gerusalemme è il pellegrinaggio per eccellenza, ma ogni volta che si va a visitare un chiesa si sta facendo un pellegrinaggio. Non è strano perciò che questo centro originario sia moltiplicabile. È d’altronde per questa ragione che vediamo quanto le tipologie architettoniche all’interno di ciascuna religione restano fedeli, tendenzialmente fisse. Il Cattolicesimo è forse la religione che ha percorso i maggiori e più numerosi cambiamenti da questo punto di vista, ma se guardiamo anche alle altre religioni, antiche o contemporanee vediamo una estrema fissità dei modelli. Nell’ortodossia orientale lo sforzo e l’attenzione per non allontanarsi dal tipo è dimostrabile per almeno un millennio di storia. Ciò si spiega proprio con la stessa ragione: un evento originario ed eterno si ripete sempre uguale, dunque lo spazio che lo ospita è sempre simile. Non è difficile intuirlo: se ipotizziamo la vita di un uomo immortale che ripete ogni giorno le medesime azioni senza aggiungervi né togliervi nulla, possiamo immaginare come la sua casa, una volta stabilitane la forma, non cambierà mai. Ed è precisamente ciò che accade con i templi, in essi si svolgono ogni giorno ed ogni anno le stesse azioni e dunque ogni tempio sarà simile all’altro all’interno di ciascun culto. Naturalmente, considerando culti diversi vedremo che anche le tipologie sono diversissime, e molto spesso si riferiscono a modelli mostrati in origine al fondatore di quel culto. In questo, ad esempio, Israele fa storia a sé, poiché il suo culto era legato ad un unico tempio o ad una unica tenda; tuttavia le Sacre Scritture ci mostrano molto bene la trasmissione delle istruzioni per il modello. Ma uno dei tratti comuni che avvicina tutte le architetture di culto tradizionali, compresa quelle descritte nell’antico Testamento, è la rilevanza del perimetro, del confine, e quindi anche della soglia di accesso.
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