jueves, 23 de diciembre de 2010

TEOLOGIA, ANTROPOLOGIA, ARTE E LITURGIA

Dopo la sofferta visione della liturgia viennese (vedi “Sconsigliato”) sembra più che mai opportuna una riflessione su ciò che “bello”, “degno” e “decoroso” devono – o dovrebbero – significare nella liturgia della Chiesa Cattolica. Pubblichiamo quindi l’intervento pronunciato da monsignor Mauro Piacenza, Segretario della Congregazione per il Clero, in occasione della Giornata di studio sul tema “Maestà e bellezza nel Suo santuario. L’arte a servizio della liturgia” organizzato il 1° dicembre 2007 in Vaticano, tratto da fides.org. Nell’intervento Mons. Piacenza spazia dai fondamenti teologici all’arte nel culto riferita sia al Vecchio che al Nuovo Testamento, da considerazioni teologico – antropologiche al Magistero,  dalle immagini alla musica e alla lingua.  E, curiosamente, ritroviamo il tutto nella forma straordinaria del Rito Romano…

LA CHIESA HA BISOGNO DI SANTI E ANCHE DI BRAVI E BUONI ARTISTI

Salutiamo i partecipanti al Convegno dei rappresentanti delle Commissioni diocesane di Liturgia e di Arte sacra in Italia: il Nostro grato e riverente pensiero va innanzitutto al Signor Cardinale Paolo Marella, Presidente d’onore della Pontificia Commissione centrale per l’Arte sacra in Italia, e Ci compiacciamo con lui dell’interessamento ch’egli dedica alle questioni relative agli orientamenti speculativi e pratici, che oggi si manifestano nel campo artistico, sia ecclesiastico che profano. Il Nostro saluto si rivolge poi al Presidente effettivo della medesima Commissione, Mons. Giovanni Fallani, che con tanta competenza e son tanta solerzia ne promuove e ne dirige l’attività, e con lui salutiamo i suoi collaboratori e quanti compongono la schiera dei Consultori della Commissione, e profittiamo dell’occasione per ringraziarli dell’opera e dell’appoggio che essi le prestano in un momento nel quale la quantità e la complessità dei problemi concernenti l’Arte sacra rendono particolarmente preziosa la loro collaborazione. Né vogliamo che manchi alle Autorità del campo artistico italiano e alle Personalità accademiche del campo medesimo, come agli Artisti «veri nominis» e ai critici e cultori d’arte, che si mostrano deferenti verso la nostra Commissione e le sue attività, il Nostro rispettoso saluto ed il Nostro ringraziamento.

IL PROBLEMA DELL'ORIENTAMENTO NELLA CELEBRAZIONE

Oggi si discute sì e no sul tema dell'orientamento nella celebrazione. Non sarebbe certo giusto, dopo l'irrequietezza degli anni passati, sollecitare qui nuovamente modificazioni esteriori. Tanto più importante pare comunque un'educazione liturgica che conduca a un adempimento interiore preciso e gli imprima quell'indirizzo che, per l'Eucarestia, è molto importante. Si deve parimenti prestare attenzione a possibili atteggiamenti difettosi, che possono risultare facilmente da un malinteso della riforma.

LITURGIA E MUSICA SACRA

Premessa

Tra la liturgia e la musica sin dagli inizi c’è stato un rapporto fraterno. Quando l’uomo loda Dio, la sola parola è insufficiente. La parola rivolta a Dio trascende i limiti del linguaggio umano. Per questo moti­vo tale parola in ogni tempo, proprio in forza della sua natura, ha invo­cato in aiuto la musica, il cantare e la voce del creato nel suono degli strumenti. Infatti, alla lode di Dio non partecipa soltanto l’uomo. La.li­turgia quale servizio di Dio è l’inserirsi in ciò di cui parlano tutte le cose.
Per quanto la liturgia e la musica in forza della loro natura siano strettamente congiunte tra di loro, la loro relazione è sempre stata dif­ficile, soprattutto nei momenti nodali di transizione nella storia e nella cultura. Non v’è perciò da meravigliarsi, che anche oggi sia di nuovo po­sto in discussione il problema di una forma adeguata della musica nel­la celebrazione liturgica. Nelle dispute del Concilio e subito dopo pare­va che si trattasse semplicemente della divergenza tra persone dedite alla prassi pastorale da un lato e musicisti di chiesa dall’altro lato. Que­sti ultimi non volevano lasciarsi coartare da una formalità puramente pastorale, mentre si sforzavano di affermare la dignità intrinseca della musica quale misura di un proprio valore pastorale e liturgico. Si aveva pertanto l’impressione che il conflitto per la massima parte riguardasse unicamente l’ambito dell’uso della musica. Nel frattempo, tuttavia, la spaccatura si fa più profonda.
La seconda ondata della riforma liturgica spinge il problema sino a raggiungere i suoi fondamenti. Si tratta ora della natura dell’azione liturgica in quanto tale, delle sue basi  antropologiche e teologiche. Il conflitto che investe la musica sacra è sintomatico e scopre un proble­ma più profondo, e cioè: che cosa sia la liturgia.

LITURGIA TRA ANTICO E NUOVO

Ricchezze da salvare
Cardinal Ratzinger, vogliamo parlare un poco di liturgia, di riforma liturgica? E’ un problema tra i più dibattuti e spinosi, è uno dei cavalli di battaglia della anacronistica reazione anti-conciliare, dell’integrismo patetico alla Lefebvre, il vescovo in rivolta proprio a causa di certi aggiornamenti liturgici in cui crede di sentire odore di zolfo, di eresia...
Mi ferma subito per precisare: « Davanti a certi modi concreti di riforma liturgica e, soprattutto, davanti alle posizioni di certi liturgisti, l’area del disagio è più ampia di quella dell’integrismo anticonciliare. Detto in altre parole: non tutti coloro che esprimono un tale disagio devono per questo essere necessariamente degli integristi ».
Vuol forse dire che il sospetto, magari la protesta per certo liturgismo post-conciliare sarebbero legittimi anche in un cattolico lontano dal tradizionalismo estremo? In un cattolico, cioè, non malato di nostalgia ma disposto ad accettare interamente il Vaticano II?

LITURGIA COME GIOCO

Certe nature gravi e serie, tutte rivolte alla ricerca e alla contemplazione della verità, che in ogni cosa vedono il compito morale e dovunque cercano il fine, incontrano facilmente nella liturgia una difficoltà singolare.  La liturgia appare loro facilmente come qualcosa senza scopo, un cumulo superfluo di cose, una realtà inutilmente complicata, artificiosa.  Costoro si scandalizzano che la liturgia fissi con tanta minuziosità ciò che si deve compiere prima e ciò che deve avvenire dopo, se a destra o a sinistra, ad alta voce o piano.  A che scopo tutto ciò?  L'essenziale nella Santa Messa, l’offerta e la consumazione del cibo divino, può essere compiuto così semplicemente: perché tale grande spiegamento di un rituale levitico? Le necessarie consacrazioni potrebbero essere fatte così semplicemente con poche parole, i sacramenti essere amministrati senza complicazioni rituali: a che pro' tutte quelle preghiere e cerimonie?  La liturgia può avere per costoro un carattere di gioco e di teatralità.

DOCTRINA SOBRE EL SANTÍSIMO SACRIFICIO DE LA MISA


Doctrina... acerca del santísimo sacrificio de la Misa

El sacrosanto, ecuménico y universal Concilio de Trento, legítimamente reunido en el Espíritu Santo, presidiendo en él los mismos legados de la Sede Apostólica, a fin de que la antigua, absoluta y de todo punto perfecta fe y doctrina acerca del grande misterio de la Eucaristía, se mantenga en la santa Iglesia Católica y, rechazados los errores y herejías, se conserve en su pureza ; enseñado por la ilustración del Espíritu Santo, enseña, declara y manda que sea predicado a los pueblos acerca de aquélla, en cuanto es verdadero y singular sacrificio, lo que sigue

Cap. 1. [De la institución del sacrosanto sacrificio de la Misa]

Como quiera que en el primer Testamento, según testimonio del 938 Apóstol Pablo, a causa de la impotencia del sacerdocio levítico no se daba la consumación, fué necesario, por disponerlo así Dios, Padre de las misericordias, que surgiera otro sacerdote según el orden de Melquisedec [Gen. 14, 18; Ps. 109, 4; Hebr. 7, 11], nuestro Señor Jesucristo, que pudiera consumar y, llevar a perfección a todos los que habían de ser santificados [Hebr. 10, 14]. Así, pues, el Dios y Señor nuestro, aunque había de ofrecerse una sola vez a sí mismo a Dios Padre en el altar de la cruz, con la interposición de la muerte, a fin de realizar para ellos [v. l.: allí] la eterna redención ; como, sin embargo, no había de extinguirse su sacerdocio por la muerte [Hebr. 7, 24 y 27], en la última Cena, la noche que era entregado, para dejar a su esposa amada, la Iglesia, un sacrificio visible, como exige la naturaleza de los hombres [Can. 1], por el que se representara aquel suyo sangriento que había una sola vez de consumarse en la cruz, y su memoria permaneciera hasta el fin de los siglos [1 Cor. 11, 23 ss], y su eficacia saludable se aplicara para la remisión de los pecados que diariamente cometemos, declarándose a sí mismo constituido para siempre sacerdote según el orden de Melquisedec [Ps. 109, 4], ofreció a Dios Padre su cuerpo y su sangre bajo las especies de pan y de vino y bajo los símbolos de esas mismas cosas, los entregó, para que los tomaran, a sus Apóstoles, a quienes entonces constituía sacerdotes del Nuevo Testamento, y a ellos y a sus sucesores en el sacerdocio, les mandó con estas palabras : Haced esto en memoria mía, etc. [Le. 22, 19; 1 Cor. 11, 24] que los ofrecieran. Así lo entendió y enseñó siempre la Iglesia [Can. 2]. Porque celebrada la antigua Pascua, que la muchedumbre de los hijos de Israel inmolaba en memoria de la salida de Egipto [Ex. 12, 1 ss], instituyó una Pascua nueva, que era Él mismo, que había de ser inmolado por la Iglesia por ministerio de los sacerdotes bajo signos visibles, en memoria de su tránsito de este mundo al Padre, cuando nos redimió por el derramamiento de su sangre, y nos arrancó del poder de las tinieblas y nos trasladó a su reino [Col. 1, 13].

LA RAPPRESENTAZIONE DELLA NATIVITÀ NELL’ARTE

I “Vangeli dell’Infanzia” di Luca e di Matteo, che descrivono le vicende della Nascita di Gesù, costituiscono il nucleo delle rappresentazioni della Natività. Gli episodi principali sono la nascita povera di Gesù “in una mangiatoia perché non c'era per essi posto nell'albergo” (Luca 2,7); l’adorazione dei pastori, che rappresentano la parte più emarginata del popolo d’Israele e la visita dei Magi venuti da oriente seguendo la stella, simbolo dei pagani che manifestano la loro fede in Gesù Bambino.

EUCARESTIA E ARCHITETTURA

Eugene Ionesco, in un’intervista del 1975, afferma: “La chiesa non vuole perdere la sua clientela, anzi vuol guadagnarne di nuova. Ciò produce una specie di mondanizzazione’ davvero deplorevole ‑ e subito aggiunge - … ho sentito un parroco dire, in chiesa: ‘rallegriamoci, stringiamoci la mano... Gesù vi augura cordialmente una bella giornata, il buon giorno’!”. E, ancora: “Presto allestiremo un bar per la comunione del pane e del vino, offriremo tramezzini e spumante...”.Ionesco conclude: “Non c'è rimasto nulla, nulla di stabile, tutto è in movimento. Invece di tutto questo, noi abbiamo bisogno d'una roccia salda”.

LA BELLEZZA E LA FEDE. DALL’ADORAZIONE E CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO EUCARISTICO SCATURISCE L’AMORE PER LA BELLEZZA NELL’ARTE E NEL CULTO

Nella recente enciclica Ecclesia de Eucharistia del papa Giovanni Paolo II di venerata memoria, alla parte teologica, in cui è spiegato il fondamento teologico del Sacramento, fa seguito una parte liturgico-artistica in un capitolo intitolato «Decoro della celebrazione liturgica» (nn. 47-52), in cui si danno indicazioni molto interessanti per chi fa arte e ritiene che essa non sia secondaria per il culto eucaristico.
Un’affermazione molto interessante è che Cristo stesso ha voluto il decoro: per questo si ricordano la preparazione della sala per l’ultima Cena (cf Mc 14, 15; Lc 22, 12) e l’Unzione di Betania (cf Mt 26, 8 e paralleli), che anticipa l’istituzione dell’Eucarestia. In quest’ultimo episodio, di fronte all’obiezione scandalizzata di Giuda, «Si potrebbe con quei soldi aiutare tanti poveri», Gesù stesso dice che è necessario il decoro. Altrove il Papa cita il passo classico di san Giovanni Crisostomo, in cui si dice che il decoro non è lusso, e deve sempre essere rapportato ad una povertà essenziale: certamente non è giusto avere calici preziosi e innalzare colonne d’oro, mentre Cristo muore nel povero sulla strada. Tuttavia la Chiesa è sempre stata sia amante del decoro sia operosa nella carità. Certamente ci deve essere un equilibrio nel decoro, che non è lusso e ostentazione. La Chiesa, si legge nell’enciclica «non ha temuto di sprecare», di spendere soldi per la bellezza e il decoro. Esso infatti ha come scopo lo «stupore adorante di fronte al dono incommensurabile». Il decoro ha il fine di suscitare ammirazione per il mistero contenuto nell’Eucaristia.

LA CUSTODIA DELL’EUCARESTIA IL TABERNACOLO E LA SUA STORIA

Ab assuetis non fit passio, recita un antico detto: “non si fa caso alle cose abituali”; ed è, per noi, abitudine consolidata vedere il tabernacolo collocato al centro dell’altare. Non sempre ha avuto questa collocazione e anche oggi, dopo il Concilio Vaticano II, si ritorna, talvolta, a vedere il tabernacolo collocato in una cappella fuori dall’aula principale della chiesa o, comunque, fuori dall’altare maggiore.
Mi sembra utile tornare a ritroso nella storia liturgica percorrendo le tappe di una evoluzione sempre correlata alla storia dell’altare.
L’unicità dell’altare nelle chiese è attestata fino dal VI secolo, in seguito gli altari aumentano di numero ma rimane l’assoluto rispetto per la mensa dominica che esclude quanto è estraneo alla celebrazione del Santo Sacrificio. Verso la fine del secolo IX si inizia a collocare sulla mensa dell’altare, in modo permanente, un nuovo elemento molto significativo: le reliquie dei Santi. Si aggiungono ben presto altri elementi, tanto che agli inizi del X secolo un importante documento, di origine gallicana, conosciuto sotto il nome di Admonitio Synodalis, divenuto legge generale per tutte le Chiese d’occidente, prescrive che sull’altare “si devono tenere soltanto le urne dei Santi (capsae), l’Evangeliario e la pisside con il Corpo del Signore per gli ammalati; ogni altra cosa va riposta in un luogo conveniente”.

LE CATACOMBE CRISTIANE COME LUOGO DI EVANGELIZZAZIONE


Nei secoli della tarda antichità, si assiste ad una grande rivoluzione nella tipologia delle necropoli, nella loro dislocazione, nelle caratteristiche, nella disposizione. Se, infatti, le civiltà pagane del passato remoto prediligevano le tombe isolate, utili ad eroizzare il defunto o ad autorappresentare la famiglia, con l’avvento del Cristianesimo si concepì uno spazio comune funerario, condiviso, tanto che Cesario di Arles definirà questi nuovi e caratteristici “luoghi della morte” come “coemeteria christianorum” (Epist. 35).

MONASTERI, ABBAZIE, CATTEDRALI E SANTUARI LUNGO LE ANTICHE VIE DEI PELLEGRINI: IL RUOLO DELL'ARTE PER LA FEDE

“Quanto sono amabili le tue dimore!”: luoghi di culto e arte nella Bibbia
Quando nell’Antico Testamento Dio si rivela, in quel luogo sorge un monumento che lo ricordi (come si sa, monumentum deriva da monére, “ricordare”).
Così, dopo la visione in sogno della scala che giungeva fino al cielo, Giacobbe eresse al Signore un altare, dal quale sorse il santuario di Betel. (cfr Gen 28, 10-22 e 35, 6).
Durante l’esodo, quando la “Dimora” e il popolo al suo seguito stavano ancora pellegrinando, attraverso il deserto, verso la Terra Promessa, Mosé chiamò i migliori artisti “nel cuore dei quali il Signore aveva messo saggezza” per la costruzione del santuario e la confezione degli arredi liturgici e dei paramenti sacerdotali (cfr Es 36, 1-3).

SINFONIA DELLO SPAZIO LITURGICO


“Vieni e vedi” dice Gesù nell’Evangelo (Gv 1, 46). E qui si apre uno spazio infinito all’arte e a tutti i campi della cultura. L’artista è colui che da visibilità agli invisibili misteri della fede. Gesù è la Parola che dice, ma è anche colui che manifesta questo invito: “Vieni e vedi”. Si tratta di un invito alla contemplazione, all’ascolto e alla visione. Noi abbiamo bisogno di sentire, ma anche di ammirare e di amare.
Oggi, come ieri, aumenta l’attesa di una partecipazione al depositum fidei custodito da millenni. Mi sembra che oggi, più di ieri, i fedeli abbiano bisogno di un messaggio fedele, capace di trasmettere lo splendore della fede.

PRINCIPI ISPIRATORI PER LA COSTRUZIONE DI CHIESE E DI SPAZI PER LA CELEBRAZIONE E L’ADORAZIONE DELL’EUCARISTIA


Introduzione
Il progetto di una chiesa edificio è complesso e articolato. Esso si fonda sulla concezione del culto divino che tale spazio accoglie e manifesta. Corrispondendo alla logica dell’incarnazione, per cui le realtà spirituali trovano espressione in quelle sensibili, il luogo sacro è il rivestimento corporale dell’azione liturgica; esso è «simbolo iconico» della Chiesa che si ritiene «corpo mistico» di Cristo. Ne discende che l’impostazione di una chiesa edificio muove dalla concezione ecclesiale dello spazio di culto. Questa è soggetta al divenire tanto rituale quanto culturale. Il primo è dovuto alla diversa riflessione della Chiesa a livello teologico, ecclesiologico, liturgico, spirituale, tenendo presente comunque la perennità delle linee di fondo; il secondo alla diversa compagine psicologica, sociale, culturale. Tenendo presente i due fronti si attiva l’impegno di una corretta inculturazione della fede nell’azione rituale. Tale impegno è primario per la committenza e va assunto dai progettisti.