Il luogo nel quale si riunisce la comunità cristiana
per ascoltare la parola di Dio, per innalzare a Dio preghiere d'intercessione e
di lode e soprattutto per celebrare i santi misteri e anche per custodire il
santissimo sacramento dell'eucaristia, è immagine speciale della Chiesa, tempio
di Dio, edificato con pietre viventi.
Il tempio fatto di pietre è infatti segno e strumento
della nostra comunione con Cristo Signore, tempio vero e perfetto della
nuova alleanza, e della nostra appartenenza alla Chiesa, essa stessa tempio di
Dio, tempio edificato con pietre vive, nel quale viene adorato il Padre in
Spirito e verità (Gv 4,23).
La novità portata da Cristo con il superamento del
tempio materiale a favore di un tempio formato di pietre viventi, affonda le
sue radici in una lenta economia di salvezza che parte già dall'esperienza del
popolo dell'esodo nell'antica alleanza.
1. Dalla tenda al tempio
Israele, al tempo dei patriarchi, non aveva
templi; c'erano dei luoghi sacri, come Betel, dove si invocava il
nome di Jahvè (Gen 12,8).
L'esigenza di un luogo di culto si fece sentire
soprattutto durante i quaranta anni di peregrinazione nel deserto: il popolo
vuol sentire la presenza del Signore, vuol avere un segno concreto per potersi
incontrare con lui. Il Signore diede una risposta a questa richiesta e disse: «Essi
mi faranno un santuario ed io abiterà in mezzo a loro» (Es 25,8).
Questo «santuario» era in effetti una tenda, la
tipica tenda dei beduini del deserto, comune a tutto il popolo; ad ogni tappa
si doveva disfare e, arrotolate le pelli di cui era composta, si innalzava di
nuovo alla sosta seguente (Es 40, 36-38).
Era chiamata anche «tenda del convegno» dal
momento che il Signore aveva detto: «Io darò convegno appunto in quel luogo»
(Es 25,22; 29,43); «Abiterò in mezzo agli Israeliti e sarò il
loro Dio. Sapranno che io sono il Signore, il loro Dio, che li ho fatti uscire
dal paese d'Egitto, per abitare in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio»
(Es 29,45).
Ed è presso questa tenda che «si recava chiunque
volesse consultare il Signore» (Es 33, 3).
Colui che «i cieli e i cieli dei cieli non possono
contenere» (1 Re 8,27) non vuol essere un dio lontano, ma un Dio
vicino, tanto che Israele con orgoglio può dire: «Non vi è altra nazione che
abbia la divinità cosi vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi
ogni volta che lo invochiamo» (Dt 4,7).
Giunti nella terra promessa, gli Israeliti fissarono
la tenda del Signore prima a Gilgal, poi a Sichem e a Silo. Mai però vollero
costruire un tempio di pietra, proprio perché non apparisse che il Dio
dell'alleanza si mescolava con le divinità di Canaan.
Liberata l'arca dalle mani dei Filistei (2 Sam 6), Davide
stabilì il santuario a Gerusalemme facendo così di questa città il centro
politico e religioso di tutte le tribù.
Dopo che si era costruito un palazzo, pensò di
edificare un tempio anche a Jahvè. Per bocca del profeta Natan, il Signore si
oppose a questo progetto: non Davide costruirà a Jahvè una casa (= un tempio),
ma Jahvè costruirà a Davide un «casato» (= una dinastia) (2Sam 7,1-17).
Questa reazione ha una duplice giustificazione:
a.
a. per il popolo dell'alleanza il santuario ideale rimane la tenda del
deserto, che ricorda idealmente la liberazione e la presenza di Dio in mezzo al
suo popolo (la tenda del convegno);
b.
b. il culto autentico del dio «unico» non si adatta ad essere una copia
servile dei culti pagani, i cui templi sono come un luogo di pressione sulla
divinità ed un centro di pratiche magiche e immorali.
Tuttavia, il successore di Davide, Salomone, riuscì a
costruire un tempio a Jahvè: era l'anno 940 a.C. In effetti non erano scomparsi
tutti i timori precedenti se Salomone si interroga: «Ma è proprio
vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non
possono contenerti, tanto meno questa casa che ti ho costruita» (1 Re 8,27).
Ma per permettere al suo popolo di incontrarlo in modo
sicuro, Dio accetta questa dimora di cui dice: «Là è il mio nome»
(1Re 8,29).
Con amore commovente («Quanto amabili son le tue
tende, o Signore delle schiere»: Sal 84,2) tutto il popolo andrà,
tre volte l'anno (Pasqua, Pentecoste, Tabernacoli) alla «casa del Signore»,
«per contemplare il volto di Dio» (Sal 42,3).
Non mancheranno gli abusi in questo che doveva essere
il luogo ideale dell'incontro tra Dio e il suo popolo. Per mezzo dei profeti il
Signore provvederà a purificare il concetto di tempio, anticipando così quello
che dovrà essere il tempio nuovo dei tempi messianici.
2. La contestazione dei profeti
Il formalismo dei riti sempre più vuoti di significato
e l'attaccamento superstizioso al tempio suscitò ben presto la reazione
purificatrice dei profeti.
Geremia, ad esempio, riferisce che il popolo era
solito gridare: «Tempio del Signore, Tempio del Signore, Tempio del Signore
è questo!» (Ger 7,4), come se Dio fosse in obbligo a difenderlo a
qualunque costo, anche se il popolo che lo frequenta non pratica la legge.
Alla superficialità del culto ed alla superstizione
(Is 37, 16-20) si aggiunsero anche pratiche idolatriche (Ez 8,7-18).
La conseguenza di questa deviazione fu l'abbandono da
parte di Jahvè di questa dimora da lui scelta, la sua distruzione, la punizione
del popolo mediante l'esilio (Ez 9-10; Ger 7, 12-15).
Nell'anno 587 le profezie si avverano: le truppe di
Nabucodonosor, re di Babilonia, distruggono Gerusalemme dopo due anni di
assedio ed il tempio è saccheggiato e bruciato.
Deportato a Babilonia, senza più tempio e senza
sacrifici, il popolo comprende nella dolorosa purificazione che il Signore
desidera un culto ben più elevato: «Sui fiumi di Babilonia sedevamo
piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre
cetre» (Sal 137,1-2). Non sono i sacrifici esteriori o gli olocausti
del tempio che Dio gradisce, quanto piuttosto «uno spirito contrito è
sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal
51/50, 18-19).
Ritornati dall'esilio (538 a.C.), gli Ebrei ripresero
a costruire un nuovo tempio sotto Zorobabele (515 a.C.). L'esperienza
purificatrice dell'esilio, tuttavia; aveva lasciato la sua traccia: nei
villaggi sorsero le sinagoghe quale luogo di culto dove si svolgeva unicamente
«il sacrificio della lode»; ed anche la comunità monastica di Qumran contesterà
il tempio ed il sacerdozio di Gerusalemme affermando che la comunità stessa è
il tempio spirituale in cui Dio riceve un'adorazione degna di lui.
E' ormai maturo il tempo in cui «i veri
adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità» (Gv 4,23).
3. Dal tempio di pietra al tempio spirituale
Gesù impostò il suo rapporto col tempio sull'esempio
già avviato dai profeti: da una parte ne è rispettoso, tanto che regolarmente
vi si reca per le feste di pellegrinaggio per intrattenersi con il Padre suo
(Lc 2,41-50). Per lui il tempio è la casa di Dio, una casa di preghiera, la
casa del Padre (Mt 21,12-17); non esita a cacciare i mercanti per
purificarlo, ribadendo che esso deve essere «una casa di preghiera» (Mt
21,13). D'altro canto condannò apertamente il formalismo che regnava in
certe pratiche esteriori del culto farisaico (Mt 5,23 s).
Annunciò pertanto che anche quello splendido edificio,
come già i precedenti, sarebbe stato distrutto e non vi sarebbe rimasta pietra
su pietra (Mt 23, 38 s; 24,2). Il popolo però non sarebbe rimasto senza
tempio: Dio stesso in tre giorni ne avrebbe fatto risorgere un altro (Gv 2,
19), perché è giunto il momento in cui i veri adoratori adoreranno il Padre né
sul monte dei Samaritani (il monte Garizim), né sul monte dei Giudei (il monte
di Sion o di Gerusalemme), ma lo adoreranno dovunque dal momento che Dio
desidera essere adorato «in Spirito e verità» (Gv 4,21-24).
I discepoli dovettero aspettare la risurrezione di
Gesù per capire di quale nuovo tempio egli stesse parlando (Gv 2,21): era il
santuario del suo corpo che, non mani d'uomo (Mc 14,58), ma Dio stesso avrebbe
edificato. D'ora in poi la vera dimora di Dio tra gli uomini non sarebbe più
stata in quel luogo recondito del tempio chiamato «santo dei santi», ma in Gesù
stesso, il Verbo di Dio fatto carne, la tenda di Dio piantata in mezzo a noi
dove è possibile vedere la «gloria» del Padre (Gv 1,14).
Dopo la risurrezione di Gesù, per qualche tempo, i
discepoli continuarono a frequentare il tempio di Gerusalemme (At 2,46). Nell'anno
70 d.C., però, la profezia di Gesù si avverò in tutta la sua drammaticità: dopo
quattro anni di assedio i Romani distrussero il tempio dandolo alle fiamme.
Nell’anno 130 l’imperatore Adriano completò la distruzione del tempio di
Gerusalemme costruendovi sopra un tempio dedicato a Giove; veramente non vi
rimase pietra su pietra. A tutt'oggi sulla spianata del tempio non vi è alcuna
traccia del maestoso edificio giudaico: vi sono piuttosto due moschee costruite
dai musulmani.
La distruzione-purificazione del tempio aiutò la
nascente comunità cristiana a comprendere che ormai, sulla pietra angolare che
è Cristo, sorge la Chiesa, il tempio della nuova alleanza, il tempio costruito
con pietre viventi (1 Cor 3,10-17; 1 Pt 2,4-5). dove giudei e
pagani, senza distinzione, hanno accesso per adorare il Padre in uno stesso
Spirito (Ef 2,14-19).
Superedificati su Cristo, la pietra vivente rigettata
dagli uomini ma scelta da Dio, anche i fedeli come pietre viventi formano con
lui uno stesso edificio spirituale. per un sacerdozio santo, al fine di offrire
sacrifici spirituali graditi a Dio (Rm 12,1).
Al seguito di Cristo, dunque, anche la Chiesa è tempio
di Dio, tempio edificato con pietre vive, nel quale viene adorato il Padre in
Spirito e verità (Gv 4,23).
Non solo nel suo insieme, ma anche in ciascuno dei
suoi membri la Chiesa si edifica essendo anch'essi tempio di Dio e dimora dello
Spirito santo (1 Cor 6,19; Rm 8, 11) e membra del corpo di Cristo (1 Cor
6, 15; 12, 27 s).
4. Dalla «domus ecclesiae» alla basilica
Consapevoli che Dio non si lega ad un luogo o ad un
tempio per incontrarsi col suo popolo, i cristiani delle prime generazioni si
riunivano con la certezza che «dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io
sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).
Le riunioni della comunità (= ekklesla) non si
svolgono in luoghi speciali, ma nelle «case» dei cristiani, in quelle
più ampie e adatte ad accogliere la comunità dei credenti (At 2,46; 20.20).
Queste case dove la comunità si riuniva per l'ascolto
della parola e per spezzare il pane dell'eucaristia (At 2,42-43) erano
chiamate «domus ekklesiae», cioè «casa dove si riunisce la Chiesa».
Per «Chiesa» si intende dunque non il luogo, ma le
persone che si riuniscono in un certo luogo. Sono le persone battezzate e
credenti che formano la Chiesa.
Con l'editto di Milano (a. 313) Costantino pone fine
al tempo delle persecuzioni e dà alla Chiesa libertà di culto e libertà di
riunirsi anche pubblicamente in assemblea liturgica. Più tardi, con Teodoslo I
il Grande (a. 380) la religione cattolica diventa la religione di tutto
l'impero. Molti templi pagani sono distrutti, altri sono adibiti al culto
cristiano. E' in questo clima culturale che l'assemblea liturgica lascia plan
piano la «casa» come luogo di riunione e si trasferisce in luoghi più ampi e
più solenni che presero il nome di basiliche.
In seguito questi luoghi dell'assemblea cristiana
furono chiamati «chiese»: si chiamò chiesa il luogo dove si riuniva la Ekklesia.
Dalle persone, il nome di «Chiesa» passò al luogo di riunione, là dove «fin
dall'antichità.. la comunità cristiana si riunisce per ascoltare 1a parola di
Dio, pregare insieme, frequentare i sacramenti e celebrare l'eucaristia» (Rito
della dedicazione, n. 1).
Fu tuttavia evidente che: «In quanto costruzione
visibile, la chiesa-edificio è segno della Chiesa pellegrina sulla terra, e
immagine della Chiesa già beata nel cielo. E' giusto quindi che, secondo
l'antichissima consuetudine della Chiesa, tale edificio destinato in modo
esclusivo e permanente a riunire i fedeli e a celebrare i santi misteri, venga
con rito solenne dedicato a Dio (n. 2).
Il passaggio dalla «casa» alla chiesa fu dunque una
esigenza necessaria per la comunità che cresceva sempre più. Anche avendo un tempio,
però, mai la chiesa intese ritornare al concetto veterotestamentario o
tantomeno al concetto pagano del tempio.
Con il rito della «dedicazione» la Chiesa
intese esprimere il proprio pensiero circa il valore ed il significato della
chiesa-edificio: la dedicazione è un rito mediante il quale si vuol
elevare il luogo di riunione dei cristiani ad essere «segno strumento» dell'unione
con Cristo e tra di loro; si vuol fare della «chiesa di pietra» una non
indegna immagine della «Chiesa vivente» fatta di persone. Allo stesso
tempo, dedicare una chiesa-edificio a Dio significa che la Chiesa-assemblea
riconosce con questo rito l'assoluta signoria di Dio su di essa, secondo la
formula paolina: «Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1
Cor 3,22-23). Una signoria che in definitiva è esaltazione dell'uomo
nello spirito della notissima espressione di S. Ireneo: «Gloria dell'uomo è
Dio, ma recettacolo dell'agire dl Dio, della sua sapienza e grazia,
è l’uomo: gloria di Dio è l'uomo vivente».
Fin dall'antichità il rito della dedicazione di una
chiesa fu dunque concepito come una estensione al tempio di pietra delle
dignità che in senso primo e vero spettano unicamente al tempio vivente che
sono i battezzati.
Pertanto: come mediante i sacramenti della iniziazione
cristiana Battesimo-Confermazione-Eucaristia) i singoli fedeli diventano templi
di Dio nello Spirito, così si vuol trasferire anche al segno-chiesa gesti
analoghi a quelli sacramentali perché ci ricordino ciò che dobbiamo essere. La
dedicazione è come uno specchio: guardando quel segno-chiesa dobbiamo scorgervi
l'impegno preso di formare la Chiesa-corpo di Cristo, nell'unità e compagine
delle membra («tutti siamo stati battezzati nell'unico Spirito per formare
l'unico corpo; tutti ugualmente abbiamo bevuto dell'unico Spirito»: 1 Cor
12, 13).
E' vero che una comunità ecclesiale può esistere e
vivere anche senza una costruzione muraria: Cristo è la ragione
della sua esistenza e lo Spirito la sorgente della sua vita (Tertulliano: Cristo
è il tempio universale di Dio dove si dà culto a Dio).
Ma la Chiesa pellegrina sulla terra, essendo legata al
tempo e allo spazio sente la necessità di innalzare anche edifici di pietra che
siano proiezione visibile del suo invisibile essere edificio di Dio (1
Cor 3,9), abituale luogo di incontro delle sue sante membra.
Il Rito della dedicazione diviene
pertanto l'occasione propizia per una Chiesa locale per prendere coscienza di
essere essa stessa il vero tempio di Dio, per rinnovare l'impegno
di edificarsi come Chiesa promuovendo la crescita dei suoi
membri, le pietre vive, e perché, vedendo il suo edificio ergersi in mezzo agli
edifici della città temporale, si interroghi sul significato della sua presenza
nel mondo e sul valore del suo servizio agli uomini.
Così, mentre il rito raggiunge gli oggetti
dell'edificio, in realtà sono le persone ad essere edificate in ciò che
devono essere per vocazione: si dà gloria a Dio per la costruzione del nuovo
edificio, ma da esso dobbiamo trarre impulso per crescere fino a formare il
tempio spirituale; si aspergono le pareti della chiesa, e noi siamo aspersi in
segno di penitenza e in memoria del nostro battesimo col quale siamo diventati
tempio dello Spirito Santo.
La nuova casa di preghiera diventa così il
segno nel quale si adombra tutto il mistero della Chiesa, santificata da Cristo
per essere sposa, vergine, madre, vigna prescelta, tenda di Dio tra gli uomini,
tempio di pietre vive, città posta sul monte.
5. Rito della dedicazione di una chiesa.
Nella tradizione liturgica più antica la celebrazione
eucaristica costituiva per se stessa la dedicazione di una chiesa e
dell'altare. Successivamente si è andato formando un rito speciale ricco di
simbolismi ispirati alla teologia del tempio.
La liturgia rinnovata (1977) sottolinea in modo più
chiaro il significato della Chiesa-edificio, come segno visibile dell'unico
vero tempio che è il corpo personale di Cristo e il suo corpo mistico, cioè la
Chiesa sposa e madre, la quale celebra in un determinato luogo il culto in
Spirito e verità.
La celebrazione della dedicazione si svolge in quattro
momenti:
a.
a. Ingresso in Chiesa
Generalmente spetta al vescovo, a cui è affidata la
cura di una Chiesa particolare, dedicare a Dio una nuova chiesa eretta nella
sua diocesi. Processionalmente, con tutto il popolo, egli si reca alla nuova
chiesa e ne prende possesso. Benedice l'acqua e asperge con essa il popolo, che
è tempio spirituale, quindi le pareti della chiesa e l'altare.
Questo rito preliminare dell'aspersione non ha
più, come in passato, lo scopo preminente di purificazione dalla potenza del
maligno, ma quello di suscitare nell'assemblea un moto di conversione e un
ricordo efficace del battesimo, quasi riproponendo i primi passi della
iniziazione cristiana: quest'acqua sia segno del lavacro battesimale che ci
fa in Cristo nuova creatura e tempio vivo del tuo Spirito (Rito della
dedicazione, n. 72).
b.
b. Liturgia della parola
La Chiesa nasce dalla parola e si nutre di
essa, cresce attorno alla parola e per mezzo di essa si sviluppa. La
comunità prende così coscienza che è impensabile separare la e mensa della
Parola dalla mensa del Pane: nell'una e nell'altra è dato in cibo
l’unico e inseparabile Corpo di Cristo Signore.
In questa circostanza particolare la liturgia della
parola ha come effetto diretto la dedicazione dell'ambone, il
luogo-segno della parola di Dio. Il vescovo riceve il Lezionario e mostrandolo
al popolo dice: Risuoni sempre in questo luogo la parola di Dio; riveli e
proclami il mistero di Cristo e operi nella Chiesa la nostra salvezza (n.
75).
Gli onori resi al libro, sono onori resi a Cristo,
sapienza incarnata, maestro che tutt'ora parla quando si proclama la buona
novella (SC 7; IGMR 9). Si dovrà così ricordare che ognuno di noi viene
rigenerato «non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di
Dio viva ed eterna» (1 Pt 1,23).
c.
c. Preghiera di dedicazione e unzione della chiesa e
dell'altare
Si cantano le litanie dei Santi a significare che la
loro voce si unisce benefica e fruttuosa alla nostra voce. Segue la deposizione
delle reliquie ad indicare che al sacrificio del capo si ricollega e trae
origine il sacrificio delle membra. Già S. Ambrogio spiegava che: «Nel luogo
in cui Cristo è vittima, vi siano anche le vittime trionfali. Sopra l'altare
lui, che è morto per tutti; questi, ridenti dalla sua passione, sotto
l'altare». Il nuovo rituale richiede che le reliquie siano sistemate non
sull'altare, né incluse nella mensa, ma deposte sotto la mensa stessa come
lascia intuire il discorso di S. Ambrogio.
Segue la Preghiera dl dedicazione: è il segno
più idoneo per manifestare la volontà di dedicare il nuovo edificio «per
sempre ed esclusivamente» al culto di Dio e ad altre celebrazioni ecclesiali,
oltre che a chiedere la sua benedizione.
Si procede quindi all'unzione, incensazione, copertura
e illuminazione dell'altare.
d.
d. Celebrazione dell'Eucaristia
Il rito più importante e l'unico indispensabile
per la dedicazione di una chiesa è la celebrazione dell'eucaristia, infatti:
* con la
celebrazione del sacrificio eucaristico si raggiunge e si manifesta chiaramente
nei segni il fine principale per cui è stata edificata la chiesa ed è stato
costruito l'altare;
* inoltre
l'eucaristia, che santifica il cuore di coloro che la ricevono, consacra in
qualche modo l'altare e il luogo della celebrazione, secondo le affermazioni
dei padri: «Degno di ammirazione è questo altare, perché, anche se di
sua natura è semplice pietra, diventa santo dal momento che ha accolto e
sostenuto il corpo di Cristo» (s. Giovanni Crisostomo).
Ovviamente i testi per questa messa sono quelli propri
previsti nel Messale Romano (ed. 1975) tra le messe rituali Nel giorno della
dedicazione di una Chiesa. Di intensa bellezza per forma e contenuto
è il «prefazio».
La celebrazione della dedicazione della chiesa si conclude
con la «solenne reposizione del Santissimo Sacramento» nella apposita
cappella destinata alla sua custodia.
Il segno del tempio ricapitola ed esprime in certo
senso i vari momenti e modi della presenza di Dio in mezzo agli uomini. Dal
tempio cosmico dell'Eden alla terra promessa, dalla tenda nel deserto al tempio
di Gerusalemme, dall'umanità di Cristo alla compagine ecclesiale e ad ognuno
dei suoi membri.
La liturgia rinnovata converge tutta nello specificare
il significato della chiesa-edificio quale segno visibile dell'unico vero
tempio che è il corpo personale di Cristo e il suo corpo mistico, cioè la
Chiesa sposa e madre.
Funzione primaria del tempio è quella di essere segno
e strumento visibile del popolo di Dio radunato per celebrare l’Eucaristia e i
sacramenti; altra funzione complementare e integrante è quella di luogo dove
risuonano i ritmi delle ore e delle stagioni, la lode e la parola di Dio.
Il tempio è anche il luogo che accoglie la molteplice
presenza del Signore: nella Chiesa radunata nel suo nome, nella sua parola,
nella preghiera di lode, nel sacerdozio ministeriale, nei sacramenti, nel
sacrificio, che si prolunga nella presenza reale per il conforto degli infermi
e per l'incontro adorante, comunitario e personale, con il Signore (cf SC 7).
In quanto luogo di evangelizzazione, oltre che di
culto, il tempio dovrà mettere in risalto il luogo dove la parola è proclamata
e spiegata: l'ambone con il Lezionario.
Il rito della dedicazione o la memoria annuale che si
fa di questo avvenimento siano occasione per ricordare a tutti i fedeli che il
decoro e la funzionalità di questa casa comune. deve stare a cuore a tutti i
credenti che in essa rinascono alla vita divina e in essa saranno benedetti per
l'ultimo esodo pasquale verso la patria. E' casa di tutti e come tale deve
essere curata e custodita con amore anche nel suo aspetto esteriore, che è
segno della nostra purezza interiore.
Per ulteriore arricchimento spirituale, riportiamo due
testi, tra i più significativi del rito della dedicazione di una chiesa:
·
· Preghiera di dedicazione:
O Dio, che reggi e santifichi la
tua Chiesa, accogli il nostro canto in questo giorno di festa; oggi con solenne
rito il popolo fedele dedica a te per sempre questa casa di preghiera; qui
invocherà il tuo nome, si nutrirà della tua parola, vivrà dei tuoi
sacramenti.
Questo luogo è segno del mistero
della Chiesa santificata dal sangue di Cristo, da lui prescelta come sposa,
vergine per l'integrità della fede, madre sempre feconda nella potenza dello
Spirito.
Chiesa santa, vigna eletta del
Signore, che ricopre dei suoi tralci il mondo intero e avvinta al legno della
croce innalza i suoi virgulti fino al cielo.
Chiesa beata, dimora di Dio tra
gli uomini, tempio santo costruito con pietre vive sul fondamento degli apostoli,
in Cristo Gesù, fulcro di unità e pietra angolare.
Chiesa sublime, città alta sul
monte, chiara a tutti per il suo fulgore dove splende, lampada perenne,
l'Agnello, e si innalza festoso il coro dei beati...
·
· Prefazio della dedicazione:
L'universo è tempio della tua
santità, e la creazione glorifica il tuo nome, ma tu non rifiuti che noi ti
dedichiamo una dimora costruita dalle mani dell'uomo per la celebrazione dei
santi misteri: segno del tuo santo tempio, immagine della celeste Gerusalemme.
Tempio vero da te consacrato è
l'umanità del tuo Figlio, nato dalla Vergine Madre, nel quale abita la pienezza
della vita divina.
Città santa è la tua Chiesa
fondata sugli apostoli e unita in Cristo pietra angolare. Essa cresce e si
edifica con pietre vive e scelte cementate nella carità con la forza del tuo
Spirito fino al giorno in cui, o Padre, sarai tutto in tutti e splenderà in
eterno la luce del tuo Cristo.
SPIRITUALITÀ
LITURGICA
Prof.
Paolo Giglioni
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