Nell’Occidente rito indica una parte della liturgia (rito della messa o battesimo); o l'insieme degli usi liturgici seguiti dalle Chiese (rito romano, ambrosiano etc.) Quindi è quasi sinonimo di liturgia.
Nell’Oriente invece comprende raggruppamenti di Chiese caratterizzate non soltanto da forme e testi liturgici propri, ma dall'ordinamento ecclesiastico, disciplinare, e qualche volta anche di appartenenza etnica, culturale, linguistica, dottrinale e nazionale[1].
Fattori nella formazione dei diversi riti
Nel capitolo anteriore, al trattare dell'epoca della consolidazione dei secoli V-VII si notava l'importanza dello sviluppo delle varie famiglie o riti liturgici dell'oriente e dell'occidente, intorno alle grandi sedi patriarcali. Vi concorsero vari fattori per favorire questo sviluppo.
Fattori politici: sebbene non fosse il fattore principale, le famiglie liturgiche si affermarono nello stesso tempo in cui diverse forze centrifughe minarono l’unità dell’Impero romano con la creazione di molteplici centri di potere e lealtà politica e con la conseguente difficoltà nel mantenere aperte le vie di comunicazione e d’interscambio culturale fra le diverse Chiese locali.
Fattori ecclesiali: molto più importante era il prestigio dei centri metropolitani che si imposero in materia di disciplina e di liturgia in modo particolare le tre Chiese apostoliche di Roma, Antiochia e Alessandria. Le Chiese locali di una stessa zona geografica vedevano in queste sedi una fortezza per conservare la vera fede apostolica e così conformarono le loro pratiche a quelle delle grandi sedi, che inoltre goderono di una certa autorità e giurisdizione sulle Chiese del proprio territorio.
Fattori linguistici e culturali: pure questi sono stati di prima importanza nella formazione delle famiglie. All’inizio la lingua liturgica di quasi tutta la Chiesa era il greco Koiné. Al greco si aggiunse molto presto una traduzione della Scrittura, ma per molto tempo i testi delle preghiere furono fatti in greco. Il passaggio dal greco alla lingua locale ebbe luogo intorno alla metà del IV secolo e coincise con il consolidamento delle grandi famiglie liturgiche. I motivi del cambio furono diversi: religiosi e dottrinali, e così dopo il Concilio di Calcedonia i monofisiti che rifiutavano il Concilio cominciarono a celebrare il rito antiocheno in siriaco mentre quelli che rimanevano fedeli all’ortodossia (Melchiti) continuarono in greco; motivi politici, come nel caso della liturgia di Alessandria che cominciava a celebrasi in copto perché il greco fu identificato con l’oppressione dell’impero bizantino di Costantinopoli. A Roma i motivi erano prevalentemente pastorali.
In rapporto a questo, anche l'indole culturale dei paesi ha avuto un’influenza sullo sviluppo della diversità nelle forme del culto. I popoli dell'Oriente, per esempio, inclinati al fasto e speculazione, rivestirono la liturgia di cerimonie piene di simbolismo. Quelli dell'Occidente, specialmente a Roma, tendevano alla sobrietà nei riti e formule.
Dopo la divisione linguistica le altre differenze e i riti distinti, cominciarono ad accentuarsi. Le due grandi famiglie orientali, nonostante le differenze, hanno certi elementi comuni: la solennità e la lunghezza delle celebrazioni, il clima sacrale di adorazione, il mistero; il senso della santità e della trascendenza di Dio.
I principali elementi di distinzione
Sebbene i fattori principali per distinguere una famiglia dall’altra sono di natura geografica e linguistica ci sono altri elementi che può essere utile prendere in considerazione.
Il sistema anaforale: prima della riforma del Vaticano II il Rito Romano era distinto da quelli orientali nell’avere, a differenza di questi, una sola preghiera eucaristica, il Canone Romano. Benché oggi anche il Rito romano abbia diverse anafore resta la differenza che la preghiera romana ha un prefazio variabile perché si adatti alla festa, mentre nelle anafore orientali il prefazio è sempre invariabile.
Ordine generale del servizio: questo è il sistema col quale un rito organizza i diversi elementi che compongono le sue celebrazioni per esempio, nella celebrazione della messa, il momento della preparazione delle offerte, le letture, i canti e le preghiere, il bacio della pace, la comunione etc.
Schemi tradizionali: Ogni liturgia generalmente possiede nel suo patrimonio certe formule, cerimonie e modi di pregare che sono propri. Per esempio nella liturgia romana la formula più comune del saluto è “Il Signore sia con voi” mentre nell’Ispanica è “Il Signore sia sempre con voi” e fra i bizantini “La pace sia con tutti voi”.
I diversi cicli: il sistema per organizzare le letture, il calendario e la distribuzione dei salmi per l’ufficio.
Il carattere letterario delle formule: le liturgie orientali hanno un certo gusto per le preghiere di contenuto speculativo, teologico ed esuberante, unito ad un cerimoniale imponente, mentre la liturgia romana è più sobria, semplice e poco sentimentale.
Adesso vedremo le diverse famiglie.
Famiglia Antiochena o Siriaca
Comprende due raggruppamenti:
1. Siro-Orientale:
Rappresenta la forma liturgica più arcaica dato che Antiochia fu il punto di incontro degli ebreo-cristiani e dei pagano-cristiani. I cristiani di origine ebrea parlavano aramaico e questo fattore naturalmente favoriva l’espansione verso l’Oriente. Le liturgie antiocheno-orientali conservano molti elementi che forse vengono del tempo degli apostoli. Conservano molti elementi semiti che risentono dell'influsso della comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme e anche elementi monastici provenienti dalla scuola monastica di Edessa. Nella liturgia usano la lingua arameo-siriaca che ricorda quella parlata da Cristo stesso.
È una liturgia poco esteriore, meditativa, sobria e discreta. Contiene grande ricchezza di inni per esempio i 150 inni di Bardesane e quelli di S. Efrem.
Nella messa hanno 4 letture e le anafore in uso sono quella detta degli Apostoli Adai e Mari e, dal VII sec. quella detta di Teodoro di Mopsuestia, Nestorio ed altri capi monfisiti dei quali si conoscono fino a 70 anafore diverse. L’anno liturgico si divide in nove tempi basati su un sistema rudimentale di settimane di settimane. Hanno poche commemorazioni dei santi, le cui feste sono sempre celebrate di venerdì.
I riti che compongono questa famiglia sono:
Rito Nestoriano e Caldeo Cattolici.
È certo che l’evangelizzazione della Mesopotamia e della Persia (Iraq e Iran) furono portate avanti da Antiochia, ma la diversità della lingua e delle lealtà politiche li portarono ad evitare i contatti con le Chiese che formavano parte dell’Impero bizantino e ad appoggiare Nestorio. Questo isolamento li portò a conservare alcune forme arcaiche, mentre allo stesso tempo svilupparono altre forme proprie. I Caldei sono discendenti dei nestoriani che passarono alla comunione con la Chiesa cattolica in varie tappe fra gli anni 1445-1778. Hanno accettato qualche elemento latino come il battesimo per aspersione e la formula per la riconciliazione.
Rito Siro-Malbaresi, (Chiesa di San Tommaso).
Vivono soprattutto nello stato di Kerala in India. Non si può semplicemente negare la loro tradizione di essere stati evangelizzati dall’apostolo San Tommaso, né che la loro tradizione liturgica attuale è stata portata originariamente da missionari siro-orientali dipendenti dalla Chiesa di Selucia in Persia. Comunque, nella liturgia, usano oggi la loro lingua e non l’arameo.
Quando arrivarono i Portoghesi all'inizio del XVI sec trovarono questi cristiani che considerarono come cattolici e li sottomisero all'arcivescovo di Goa. Nel 1599 il sinodo di Diamper, sotto l’arcivescovo Menezes introdusse certi elementi del rituale latino, come il Credo ma tradotto in siriaco, e conservò la struttura della messa e l’anafora di Addai e Mari. Nel 1934 Pio XI decise di ristabilire l'antico rito e dal 1960 si celebra nella lingua locale.
2. Siro-Occidentale:
Deriva dalla tradizione sviluppatasi ad Antiochia dalla tradizione pagano-cristiana di lingua greca, che come abbiamo visto si conservò fino al concilio di Calcedonia, quando le Chiese che non accettarono il Concilio traducevano la liturgia nella lingua locale. Altre Chiese mantengono fede all'ortodossia e la loro liturgia, nella forma greco-bizantina, diventa quella della maggior parte delle Chiese dell'oriente.
Formano parte di questa famiglia:
Riti Jacobita-Malabar e Siro-Malancar.
Nel 1653 un gruppo di sacerdoti della Chiesa Siro-Malabar si sottrassero all’influsso portoghese e formarono la Chiesa Giacobita Malabar adottando la liturgia Giacobita. Nell’anno 1925 e 1930 una parte di loro tornò alla comunione cattolica con il nome di Siro-Malancarese.
Rito siro-antiocheno o Giacobita (Monofisiti e cattolici).
Conservato nella sua forma antica dalle comunità monofisite che rifiutarono di accettare Calcedonia, fu poi assunto anche dai gruppi uniti a Roma. Utilizzano il siriaco come lingua liturgica.
Conservano ancora la tradizione di utilizzare molteplice libri liturgici, talvolta fino a 8 libri distinti in una sola celebrazione. Nella liturgia della parola ci sono 6 letture bibliche 3 dall’AT, una dagli Atti o un’Epistola cattolica, un’Epistola Paolina e il Vangelo. Una delle caratteristiche di questo rito è la gran varietà di testi, preghiere e inni, per esempio le anafore siriache conosciute sono più di 70 tutte diverse anche per il racconto dell'istituzione, sebbene quella più tipica è quella detta di S. Giacomo. I messali attualmente in uso contengono da sette a diciotto anafore con struttura simile, (Sanctus, anamnesi della storia della salvezza, racconto dell'istituzione, epiclesi e grande intercessione). Enfatizzano molto nelle loro preghiere il ruolo dello Spirito Santo e hanno un’abbondanza di elementi gestuali e poetici e di riti d’incenso. L'anno liturgico si divide in 9 periodi.
Rito Maronita:
È un ramo autonomo del rito antiocheno che si è formato attorno al monastero di S. Marone in Siria ma che si trova oggi soprattutto in Libano, a Cipro e nella regione di Aleppo. Dal 1215 i maroniti sono in comunione con Roma, entrata in contatto con loro al tempo delle crociate. Conservano molti elementi primitivi, ma hanno anche subito molti influssi latini. Dopo il 1942 si nota un ritorno dei maroniti alla loro tradizione liturgica e c’è una riforma liturgica in atto. Così, per esempio, hanno reintrodotto l’uso dell’anafora di San Pietro, abbandonata nel XVII secolo, come una delle dodici anafore in uso fra loro. La lingua liturgica è l'arabo, anche se qualche parte rimane in siriaco.
Rito Armeno.
Il rito Armeno è un rito composito. Il cristianesimo è arrivato in Armenia dalla Cappadocia, per opera di San Gregorio l’illuminatore (+250) e fu religione di stato prima che nell’impero Romano (301). La liturgia ha degli elementi arcaici, ma dopo la creazione di un alfabeto nazionale da parte di San Mesrop, fu organizzata fra il 415 e il 450 secondo gli usi di Gerusalemme anche se più tardi hanno prevalso vari influssi bizantini, e anche molti elementi latini. Comunque conserva tratti molto originali e peculiari. Per esempio il calendario è molto mobile e complicato. L'unico principio di inamovibilità è la domenica, sempre riservata alle feste del Signore e di Maria, inoltre i mercoledì e i venerdì sono sempre giorni di digiuno ed escludono qualsiasi festa. Enfatizzano molto la musica e lo splendore della liturgia.
Rito Bizantino; (ortodossi, e cattolici).
Il prestigio di Antiochia passò alla città capitale dell’Impero Bizantino dove si sviluppò una liturgia fondamentalmente antiochena ma composta dalla confluenza di elementi antiocheni, cappadoci, gerosolimitani, ed elementi sviluppatisi nella città imperiale di Bisanzio-Costantinopoli. Sia per il prestigio dell’impero Bizantino sia per lo slancio missionario che aveva nei primi secoli è oggi la più diffusa in oriente. Ha dato origine a vari riti particolari che utilizzano il rito Bizantino greco ma tradotto nella propria lingua. Fra queste Chiese bizantine particolari, si trovano il bizantino slavo, arabo (o melkita), albanese, georgiano, ucraino, rumeno, russo e oggi c’è una diaspora bizantina in tutto il mondo.
Nei riti indulge una certa ampollosità al fasto, al simbolismo, e alla solennità, alla moltiplicazione delle preghiere e dei riti. È anche il rito più legato all'arte sacra che ha una funzione liturgica
Nella liturgia si usano normalmente l'anafora di S. Giovanni Crisostomo e 10 volte l'anno quella di S. Basilio e, dato che i lunedì, i martedì e i giovedì della quaresima non si celebra l’eucaristia, fanno la liturgia di S. Gregorio detta dei presantificati, una specie di vespro solenne con distribuzione della comunione. L'anno liturgico ha 2 cicli, uno fisso e l’altra mobile.
Famiglia Alessandrina (Liturgia di San Marco)
Secondo una lunga tradizione San Marco è il fondatore della Chiesa di Alessandria in Egitto. Ma questo prestigioso patriarcato non accettò Calcedonia e divenne monofisita. Ha conservato l'antico rito sviluppatosi ad Alessandria che ha un rapporto indiscutibile con la liturgia di Roma, ma con influssi antiocheni molto forti. Anche questa è una liturgia sobria lunga e meditativa, marcata da impronte monastiche e con molto risalto alla Sacra Scrittura. Comprende:
Rito Copto (monfisiti e cattolici).
Il nome copto viene dalla pronuncia araba distorta di aigyptios, Egitto. Originariamente usarono la lingua greca, ma dopo Calcedonia, e per cercare l’indipendenza dall’impero bizantino, il gruppo maggioritario cominciò a tradurre la liturgia nella lingua del tempo: il copto. Dopo, dal medioevo in poi, usarono anche la lingua araba. Ma il gruppo più legato all’impero, i melchiti, mantennero ancora la liturgia di Alessandria in greco.
La celebrazione liturgica è lunga e sobria e fanno uso di 21 libri liturgici diversi. Fra le caratteristiche più notevoli di questo rito ci sono: l’uso di 4 letture e di tre anafore con le grandi intercessioni nel prefazio e con il canto dell’“amen” da parte del popolo, intercalato fra le formule della consacrazione, e il Padre Nostro dopo la comunione come atto di ringraziamento. L'altare, che ha la forma dell’Arca dell’alleanza e il santuario, sono separati dal popolo da una parete e la confezione delle specie eucaristiche si fa la sera prima della celebrazione. Sono molto attirati dalle processioni e dalle devozioni alla croce e alla madonna (32 feste di Maria).
L'anno liturgico è molto particolare calcolato dal 29 agosto 284, inizio del regno di Diocleziano (l’ era dei Martiri). L’anno è diviso in 13 mesi, 12 di 30 giorni e uno al fine di 5 o 6. Si distinguono 3 stagioni liturgiche in relazione alla vita agricola e alle inondazioni del Nilo. La settimana inizia il sabato sera ed è divisa in due gruppi: Adam (Domenica a Martedì), e Watos (Mercoledì-sabato). I digiuni sono molti importanti e seguiti con fedeltà. Ci sono sette periodi di digiuno otre a tutti i venerdì per un totale di più o meno 160 giorni l’anno. I Copti sono il gruppo più numeroso di cristiani in un paese islamico essendo almeno 6 milioni.
Rito Etiopico, (monofisiti o cattolici).
Non si conoscono le origini, alcuni associano la fondazione dell’Etiopia con la conversione dell’eunuco da parte del diacono Filippo raccontato negli Atti degli Apostoli (8,26-40). Potrebbe pure essere vero ma sembra che la struttura fondamentale della liturgia attuale è arrivata nel sec. IV da parte di missionari copti, sebbene ci sono anche usi provenienti da Gerusalemme, da Bisanzio e perfino dall’Armenia. La lingua liturgica è il gheez di origine sud-arabica. L'organizzazione della struttura moderna della liturgia è situata tra i XIV-XVI secoli quando vi si introdussero numerosi usi ispirati al giudaismo e all’AT, come la processione con l'arca dell'alleanza per sette volte intorno alla chiesa e la circoncisione prima del battesimo. I motivi di questi cambiamenti furono anche di stampo politico perché serviva al Negus o all’Imperatore coltivare il mito della dinastia reale in quanto discendenza di Salomone e della Regina del Sud, chiamandosi per l’appunto “Casa di Israele”.
Hanno 4 letture e si conoscono 20 anafore, anche se ne si usano solo 14, due delle quali sono dirette a Maria, gli unici casi in tutta la liturgia. Per celebrare l’eucaristia sono assolutamente necessari 3 sacerdoti e due diaconi, e per questo motivo il numero di chierici è molto alto. Il calendario è vicino a quello copto ma con 19 tempi liturgici.
Riti liturgici occidentali
La terza grande famiglia liturgica è la famiglia occidentale latina che include la liturgia romana, oggi la più estesa in tutto il mondo. Sembra che le altre Chiese latine furono originalmente evangelizzate da Roma; il declino dell’impero favoriva lo sviluppo di elementi particolari che con il tempo furono nuovamente sostituiti o almeno fortemente influenzati dal rito romano, ciò non toglie che abbia ricevuto influssi dalle altre chiese. I riti latini, come in Oriente lasciarono il greco in favore della lingua locale, il latino, durante l’IV secolo. Ma a differenza degli Orientali il motivo del cambio era prevalentemente pastorale e non dottrinale o politico. Anche se in Oriente il passo consisteva nella semplice traduzione dei testi greci, in Occidente, e specialmente a Roma, si creò una liturgia così tipicamente latina da non lasciare quasi traccia della liturgia anteriore. Dal VI secolo si svilupparono liturgie proprie anche in molte regioni dell'Occidente, nell’Africa settentrionale, a Benevento, ad Aquileia, a Ravenna e altrove ma, su loro, abbiamo scarse notizie. Più precisamente conosciamo le seguenti liturgie:
Liturgia Gallicana.
Le Chiese di Spagna e della Gallia, oltre a tradizioni romane, avevano un patrimonio di tradizioni, costumi liturgici e caratteristici particolari provenienti dall’Oriente, da altre parti d’Italia e dall’Africa Latina e che, senza formare una liturgia distinta, differenziava dalla liturgia romana e fu conservata fedelmente. Il fenomeno storico che portò alla creazione di un rito distino, consistette inizialmente in un tentativo di realizzare nei propri ambienti, e con i propri mezzi, qualcosa di simile a ciò che era successo a Roma nel V. secolo. Dall’evidenza del sacramentario Leoniano sappiamo che a Roma sono stati creati una grande quantità di testi variabili da usare nella liturgia, ma che quasi tutti sono stati eliminati nella semplificazione fatta da San Gregorio Magno. Così anche le Chiese di Spagna e Gallia hanno cominciato a comporre molti testi e variazioni nuove, conservando però struttura e stile tradizionali del proprio patrimonio.
I testi più antichi della liturgia gallicana sono intorno all’anno 450 sebbene ci sono notizie anteriori nella lettera che il Papa Innocenzo I scrisse a Decenzio vescovo di Gubbio nel 416. Dato che il rito gallicano non poteva ostentare il prestigio di provenire da una Chiesa di fondazione apostolica, fin dall’inizio ha avuto molte difficoltà nello stabilirsi come liturgia uniforme nel suo territorio e ha dovuto resistere alle continue infiltrazioni di elementi esterni, specialmente da quelli che provenivano dalla Chiesa di Roma, essendo il rito romano, molto più semplice. Inoltre fu minacciato dalla nascita a causa delle invasioni degli Ostrogoti prima(508) e poi dei Franchi (537) che impedendone la comunicazione, ne ostacolassero lo sviluppo come liturgia definita. Questo stato di cose può essere visto in uno dei manoscritti che ancora si conserva, il messale di Bobbio (inizi VIII secolo) che è già una miscela di elementi romani e gallicani. Questi testi rivelano che il rito gallicano era già in declino, quando Carlo Magno lo ha abolito definitivamente nel suo impero.
Caratteristiche: quanto ai testi il rito gallicano era un rito con grande abbondanza di formule variabili e di uno stile prolisso e florido, con molte apologie sacerdotali ed altre preghiere private del sacerdote. In quanto ai riti e ai gesti c’è una marcata tendenza alla solennità e alla pomposità, ed un’accentuazione all’aspetto drammatico dei riti e delle cerimonie.
La peculiarità principale del rito gallicano è che a differenza del rito romano e ambrosiano, non ha una preghiera eucaristica fissa. La liturgia gallicana aveva un sistema di comporre la preghiera eucaristica con testi variabili, inclusi quelli che precedevano e seguivano il racconto dell’istituzione, in modo da avere testi diversi per quasi ogni giorno dell’anno liturgico. Sotto questo profilo era simile all’attuale rito Ispanico ma in uno stato meno sviluppato.
Altro aspetto tipico del rito gallicano è quello di dirigere un’ammonizione o prefatio, all’assemblea, prima di compiere certi riti o preghiere come la colletta, le formule di benedizione o di ordinazione. Questa ammonizione anticipa e spiega i temi della preghiera, ed il metodo diventa così popolare da diventare una parte variabile di ogni messa. Questo sistema di combinare didascalie, ammonizioni e preghiere nella composizione del rituale pontificale del vescovo, fu ampiamente utilizzato nel lavoro realizzato da Benedetto di Aniane per conto di Carlo Magno e ancora oggi esiste nella liturgia romana in diversi riti quali, ad esempio, le ordinazioni.
Nella messa erano solitamente lette tre letture, qualche volta intercalandole con il canto dei tre giovani nel forno. Dopo il vangelo il diacono recitava una preghiera litanica con risposte del popolo. Dopo l’offertorio, preparati prima della messa e portati all’altare dal diacono, si leggevano i dittici o intercessioni per i vivi e i morti e, dopo la preghiera conclusiva dei dittici, si dava il segno della pace. A continuazione c’erano le preghiere della consacrazione e della comunione.
Liturgia Ispanica-visigotica o mozarabica.
Come abbiamo visto, lo sviluppo di questa liturgia nella penisola iberica è contemporanea (e con caratteristiche simili) alla liturgia gallicana verso la fine del VI secolo. A partire dalla conversione al cattolicesimo del Re Visigoto Recaredo nell’anno 589 ha avuto una forte espansione arrivando alla sua massima estensione nel VII secolo, quando si celebrava in tutta la penisola e in parte dei Pirenei francesi. La sua sopravvivenza ed il suo sviluppo furono in parte possibile, grazie al dominio arabo della Spagna dopo gli anni 711-712 che troncarono la possibilità della loro comunicazione con Roma e con le altre Chiese. Il nome mozarabe sembra che derivi dalla parola araba mohaides che significa tributario e fu utilizzato a Toledo soltanto nell’ultima fase dell’occupazione araba di questa parte della Spagna.
Nella misura in cui gli Spagnoli riconquistavano il territorio, subentrò il rito romano. Il Papa Gregorio VII (1073-1085) chiese e ottenne dal Re di Spagna la soppressione del rito ispanico in quanto diverse preghiere del rito erano state citate per difendere posizioni eretiche; dopo la riconquista di Toledo (1085) il Re Alfonso VI chiese al Papa di ristabilire il rito in sei parrocchie della città come premio alla fedeltà e alla resistenza dei cristiani di Toledo. Dopo quattro secoli la liturgia era caduta in uno stato di decadenza così grande che l’arcivescovo di Toledo, il Cardinale Francisco Ximenes de Cisneros, decise di ripristinarla nell’anno 1495 facendo costruire la magnifica cappella del Corpus Christi nella Cattedrale di Toledo dove si celebra ogni giorno la messa e l’ufficio completo. Negli ultimi tempi, nuovi studi storici hanno permesso un restauro più esatto del rito e nel 1991, per la prima volta nella storia, il Papa Giovanni Paolo II celebrava la messa in rito ispanico a San Pietro utilizzando il nuovo messale. Recentemente è stato concessa anche la possibilità di celebrare occasionalmente la messa in rito mozarabe in tutta la Spagna.
Liturgia Celtica.
Sviluppatasi in Irlanda, passa dall’Irlanda alla Scozia, all’Inghilterra e alla Bretagna e in qualche monastero fondato da monaci irlandesi, sopratutto San Colombano, come Luxeuil in Francia, Ratisbona in Germania, San Gallo in Svizzera e Bobbio in Italia . Forse l’espressione liturgia celtica non è idonea in quanto non si tratta di una liturgia sviluppatasi autonomamente, ma di un insieme di diversi usi e costumi particolari e di qualche contributo di inni. I manoscritti più antichi come l’antifonario di Bangor (scritto in Irlanda fra il 680 e il 691), il Messale di Stowe e altri testi de secolo VIII, sono fondamentalmente gallicani ma mostrano anche l’influsso di Roma e di Milano. Sembra che gli irlandesi prendano diversi elementi dalle liturgie esistenti aggiungendo, con frequenza, testi nuove di composizione propria, di qualità mediocre, forse perché non essendo loro cultura quella latina, non si trovavano a loro agio con una lingua così diversa dalla propria. In genere le composizioni irlandesi esprimono una spiritualità più personalista e devozionalista dei testi originalmente romani ma qualche elemento di queste è passato al rito romano tramite la riforma di Carlo Magno.
Come nel rito gallicano, gli usi celtici cedettero al rito Romano, durando però in Irlanda fino all’episcopato di San Malachia vescovo di Armagh (+1148).
Liturgia Ambrosiana.
La liturgia Ambrosiana è l’unica rimasta fra le liturgie dell'Italia settentrionale ed è conservata sempre viva, nella Chiesa di Milano. Nel suo nucleo primitivo sembra che ci siano elementi provenienti sia dall’Oriente sia da Roma, ma non sembra che abbia ricevuto quasi niente dai riti gallicani o ispanici. Si chiama Ambrosiana non perché ebbe origine da S. Ambrogio, ma perché ebbe in lui il coordinatore degli usi esistenti, il rappresentante più di spicco e anche il creatore di molti inni e testi. Sant’Ambrogio organizzò la liturgia di Milano con una struttura simile a quella romana dell’epoca ma con elementi propri. Dopo il suo episcopato ricevette influssi bizantini a causa della presenza nella città di monaci, soldati ed altri personaggi orientali durante i secoli VI e VII. I manoscritti più antichi che abbiamo sono dei secoli VIII e IX, quando avevano già subito nuovi influssi romani.
La struttura della liturgia è fondamentalmente romana ma con maggior varietà di testi e preghiere proprie. Inoltre ci sono diversità nella strutturazione della messa come il bacio della pace prima dell’offertorio. Ha pure particolarità nella strutturazione dell'anno liturgico e nello stile del canto che sono testimonianze della sua storia particolare. Uno di questi elementi è la forte corrente anti-ariana, che si trova nei testi e nei riti della liturgia ambrosiana. Dalla sua nascita nei secoli IV-V, nel suo sviluppo nei secoli VI-VII e nel suo stabilirsi nei secoli VIII-IX, ha dovuto lottare contro l’arianesimo. Prima contro l’arianesimo originale, dopo contro l’arianesimo degli invasori barbari e finalmente contro il semi-arianesimo. Per questo è una liturgia che dimostra un forte cristocentrismo e una costante accentuazione dell’umanità divina di Gesù.
[1] Bibliografíia basica per il tema: N N. Bux, La Liturgia degli Orientali, Centro ecumenico S. Nicola, Bari 1996 ; A. Chupungco (ed.), Scientia Liturgica. Manuale di liturgia, I , 26-47; I. Dalmais, Las familias litúrgicas orientales, in A.G. Martimort, La Iglesia en Oración, pp. 56-72 ; G. Dix, The Shape of the Liturgy ; D. Gelsi, Liturgias orientales, in NDL., pp. 1510-1537 ; J J. Pinell, Liturgias locales antiguas, in NDL., pp. 1203-1211 ; M. Righetti, Storia liturgica I , pp. 101-185; Taft, R.F., Storia sintetica del Rito Bizantino, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999; Vv. Aa., Anàmnesis 2 , pp 55-128.
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