“La
creazione prosegue incessantemente attraverso l’uomo. Ma l’uomo non crea:
scopre.
Coloro che ricreano le leggi della Natura per basare su esse le loro nuove
opere
sono collaboratori del Creatore. Chi copia non collabora. Perciò, l’originalità
consiste
nel ritorno alle origini” (A. GAUDÍ)
Antoni
Plàcid Guillem Gaudí i Cornet nacque il 25 giugno 1852, nel Baix Camp (comarca
della provincia di Tarragona), a Riudoms, come dicono alcuni, precisamente a
“Mas de la Calderera” (la casa di campagna della sua famiglia dove da bambino
passava l’estate) o, come dicono altri, a Reus, dove sicuramente fu battezzato;
quinto ed ultimo figlio di Francesc Gaudí i Serra, calderaio di Riudoms, e di
Antònia Cornet i Bertran, nativa di Reus e anche lei proveniente da una
famiglia di calderai, era nipote e pronipote di artigiani. Fin dall’infanzia –
tormentata da frequenti malattie reumatiche che ne accrebbero la sensibilità –
amava trascorrere il tempo osservando il padre che batteva il ferro e torceva
il rame. Ebbe, quindi, una tale familiarità con i metalli, per cui non
meraviglia che l’esuberanza delle sue invenzioni ornamentali si riveli prima di
tutto nei cancelli e nelle grate. In questi anni, e durante la prima giovinezza,
sviluppò anche una straordinaria capacità di osservazione della natura, nella
quale ritrovava geometrie, forme e colori che in seguito trasferirà nelle sue
opere. Gaudí amava profondamente la natura e voleva sempre riprodurla nel suo
lavoro. (“Vedete quest'albero vicino al mio laboratorio? È lui il mio maestro”,
dirà più tardi a chi gli chiedeva che cosa ispirasse le sue incredibili
architetture). Ma gli piaceva anche trasformarla, complicarla e persino rifarla,
considerando la ripetizione una forma di intelligenza. Diceva: “Tutti
sbagliano, ma sbaglia meno chi ripete sistematicamente”. E citava come esempio
un grande poeta catalano della seconda metà dell’800, il sacerdote Jacint Verdaguer
i Santaló: “Ha delle poesie magnifiche. Riscritte sei-sette volte”.
Nel 1869, all’età di sedici anni, si
trasferì, per frequentare l’ultimo anno di liceo, in una Barcellona vivace per
i fermenti culturali e per il nascente spirito di autonomia catalana derivati
dalla Renaixença (Rinascita – movimento letterario sorto nella prima
metà del secolo XIX che propugnava il recupero della lingua e della cultura
catalana). Nell’ottobre 1873 entrò nella Scuola Superiore di Architettura del
capoluogo catalano. Sono questi, anni di studio appassionato, passati a leggere
i testi di Ruskin, ma anche ad acquisire una grande preparazione tecnica, quasi
enciclopedica. Per servire l'arte, affermava, bisogna conoscere il più
possibile. Studiò quindi approfonditamente le leggi strutturali e costruttive
gotiche, leggendo il Dizionario ragionato dell'architettura di
Viollet-le-Duc, ma anche decorazione medievale, carpenteria (Carpintería de
lo blanco di López de Arenas, del 1616), la scienza meccanica, i nuovi
materiali da costruzione, il cemento armato. Il 15 marzo del 1878 ottenne il
titolo di architetto che gli permise di iniziare un’attività professionale
d’immediato successo. Cominciò così a frequentare i circoli socialisti operai
ma anche l’opulenta e potente borghesia barcellonese. La sua svolta
professionale avvenne con l’incontro dell’industriale Eusebi Güell i
Bacigalupi, uomo di smisurate ricchezze – nominato poi conte nel 1910 – che
diventò suo grande amico e munifico mecenate per tutta la vita.
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