sábado, 4 de febrero de 2012

LITURGIA, ATTUAZIONE DELL'OPERA DELLA REDENZIONE (SC 2)

La riforma liturgica voluta dal Vaticano II ha permesso di superare una visione rubricistica di Liturgia, intesa per lo più come un insieme di cerimonie da applicare con scrupolosa esattezza, per acquisire invece una visione che potremmo chiamare misterica e che consiste nell’intendere la Liturgia come azione divina che viene affidata con grande amore alla diletta Sposa di Cristo, la Chiesa, affinché questa possa offrire a tutti i suoi figli, nel corso del tempo, i misteri salvifici del nostro Redentore.
A questo punto del nostro Corso di introduzione alla Liturgia, dopo aver visto la parte storica, è giunto il momento di occuparci della sua natura rispondendo alla domanda: che cosa è la Liturgia?
Come doveroso, seguiremo le indicazione di Sacrosanctum Concilium che, proprio in apertura, dice: «La Liturgia infatti, mediante la quale, soprattutto nel divino sacrificio dell'Eucaristia, “si attua l'opera della nostra redenzione”…» (SC 2).
1.      1. Liturgia: attuazione dell’opera della redenzione.
L'opera della redenzione è l'attuazione del disegno di Dio, il quale "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tim 2,4).
Un tale progetto di salvezza è rivelato e attuato in diversità di modi e di tempi, secondo le indicazioni della Lettera agli Ebrei: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. (Eb 1,1-2).
Si parla di tempi e di modi diversi:
* diversità di tempi. La storia della salvezza si è sviluppata secondo un susseguirsi di tempi così articolati: il tempo della "profezia" nel quale Dio parla ai padri per mezzo dei profeti rivelando gradualmente il suo eterno mistero di amore; il tempo della "pienezza" o tempo di Cristo nel quale la salvezza da annuncio per gli uomini (Verbo), si fa realtà negli uomini (Carne): è il tempo del "Verbum-caro" (Gv 1,14) e della pienezza dei tempi ("kairoi": Gal 4,4; Rm 16,25-27; 1 Tm 3,16; At 1,7;); il tempo della "prosecuzione" nella Chiesa mediante la quale l'evento “storico” di Cristo diventa evento “sacramentale” per gli uomini di tutti i tempi.
* diversità di modi. E’ la fase della religione naturale e del suo ambito culturale; segue la fase della religione rivelata, prima ebraica, poi cristiana.
Una sintesi di questo procedimento di salvezza è descritto da Efesini 1,13: “In lui anche voi dopo aver ascoltato (akoùsantes) l'Evangelo della vostra salvezza, e aver in esso creduto (pistéusantes), avete ricevuto il sigillo (esphragìsthête) dello Spirito Santo”.
La liturgia diventa indispensabile cerniera tra il tempo di Cristo e il tempo della Chiesa; tra la storia della salvezza compiuta da Cristo per noi e la storia della salvezza attualizzata da Cristo in noi nell'azione santificante dello Spirito Santo. Una tale liturgia si presenta come:
·        · momento-sintesi: unisce annuncio e avvenimento; ciò che è avvenuto “una volta per sempre” (ephàpax: Rm 6,10; Eb 7,27; 9,12.26; 10,10.12.14), diventa “ogni volta” (osàkis: 1 Cor 11,26) presente-attuale-efficace qui-per-noi; ciò che è avvenuto “diacronicamente” (= lungo il tempo) nel tempo storico di Cristo, si attua “sincronicamente” (= stesso tempo) nell'azione sacramentale della Chiesa;
·        · momento ultimo: la Liturgia è la via ordinaria, fino alla parusìa, nella quale Dio incontra e salva l'uomo mediante l'economia sacramentale, congiuntamente composta di annuncio e sacramento[1][1].
·           · anamnesi: è il "memoriale" nella sua componente tridimensionale che, mentre rende attuali[2][2] oggi gli avvenimenti salvifici compiuti da Dio nel passato (1 Cor 11,24), ne anticipa al tempo stesso il loro compimento futuro nella parusìa.
·           · epiclesi: è "invocazione"[3][3] dello Spirito perché compia oggi nella Chiesa ciò che Cristo ha attuato una volta per sempre nel suo tempo storico secondo la volontà del Padre. "Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa" (SC 5). Ecco perché è possibile che nella Chiesa e mediante l'azione liturgico-sacramentale della Chiesa sia attuata “oggi”, “ogni volta”, l'opera della nostra redenzione (SC 2). In forza dell’azione santificante e attualizzante dello Spirito, la fede dei partecipanti è alimentata, le menti sono sollevate verso Dio per rendergli un culto spirituale, si riceve con più abbondanza la sua grazia (SC 33), ci è dato il pegno della gloria futura.[4][4]
·           · anticipazione: già si pregusta qui quanto dovrà compiersi nella celeste liturgia nel Regno (2 Cor 1,22; 5,5).
A differenza degli altri culti, dunque, il culto cristiano non è iniziativa umana a cui Dio presti la sua potenza, ma piano di salvezza del Padre, volontà di Cristo fondatore, obbedienza piena e gioiosa della Chiesa animata dallo Spirito alla volontà del Maestro. Nel mistero del culto, per la mediazione del gesto sacramentale, l'evento di Cristo e la storia dell'uomo si compenetrano e si compongono in unità: il sacrificio di Cristo si completa nel sacrificio dei suoi discepoli (cfr SC 48).
Pertanto, prima ancora di essere azione del popolo per il suo Dio, la Liturgia è essenzialmente azione di Dio per il suo popolo. La Liturgia, nella sua natura più profonda, è essenzialmente: azione trinitaria, azione cristologica, azione ecclesiale, azione antropologica.
2.      2. Azione trinitaria.
La Liturgia, in quanto attuazione dell’opera della redenzione, è un’azione divina che vede congiuntamente operanti le tre divine Persone della santa Trinità.
Il Padre vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (1 Tm 2,4); dopo aver parlato in più modi e a più riprese ai padri per mezzo dei profeti (Eb 1,1), nella pienezza dei tempi ha inviato il suo Figlio, il Verbo fatto carne, per annunziare e attuare il suo disegno di salvezza universale.
Il Figlio è il Verbo fatto carne (Gv 1,14) che, unto di Spirito Santo, viene ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti, medico dei corpi e dello spirito, Mediatore tra Dio e gli uomini. La sua umanità, nell’unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Nel Figlio avviene la nostra perfetta riconciliazione con il Padre e ci è data la pienezza del culto divino. In forza della sua pasqua di morte-risurrezione, il Figlio redime l’uomo, dà gloria al Padre, genera dalla croce il mirabile sacramento di tutta la Chiesa. Invia anche gli Apostoli ad annunziare il Vangelo e ad attuare, nei sacramenti, l’opera di salvezza che annunziavano.
Lo Spirito Santo, che ha generato nel seno della Vergine Maria il Verbo eterno del Padre, continua a generare nel seno della Chiesa il Corpo mistico di Cristo conferendogli la dignità filiale che permette di adorare Dio col nome di Padre (Gal 3,16; Rm 8,15), in Spirito e Verità (Gv 4,23-24). Lo Spirito convoca i figli del Padre in assemblea liturgica attorno al Figlio risorto e assicura il pegno della gloria futura (2 Cor 1,22; 5,5; Rm 8,23).
Tutta la Liturgia è dunque pervasa da questa presenza trinitaria che attiva nella Chiesa un duplice movimento storico-salvifico: discendente o santificante (dal Padre, per Cristo, nello Spitrito) e ascendente (nello Spirito, per Cristo, al Padre).[5][5]
3.      3. Azione cristologica.
Nell’agire liturgico il soggetto principale, il vero Liturgo, è Cristo che dà forza e significato sia all’agire del ministro celebrante (in quanto segno sacramentale del Cristo Capo e Pastore del suo popolo), sia all’agire dell’assemblea celebrante (in quanto corpo sacerdotale del Cristo risorto). Con la sua risurrezione-glorificazione, infatti, Cristo non solo non abbandona la sua Chiesa, ma continua ad esserle sempre presente-operante in una duplice forma: come Signore Risorto che nella liturgia celeste intercede incessantemente per noi presso il Padre (Eb 7,25; Rm 8,34); come Liturgo dell’assemblea celebrante dal momento che Egli continua ad essere presente nella persona del ministro (quando Pietro battezza è Cristo che battezza), nella proclamazione della Parola (è Lui che parla quando nella Chiesa si annunziano le Scritture), nell’assemblea celebrante (dal momento che il Cristo ha promesso di essere presente dove due o tre sono riuniti nel suo nome: Mt 18,20), nelle azioni sacramentali ed in modo del tutto speciale nelle specie eucaristiche.
4.      4. Azione ecclesiale.
Il Vaticano II ha definito la Liturgia come azione sacra per eccellenza in quanto è congiuntamente opera del Cristo Capo e del suo corpo sacerdotale che è la Chiesa.Perciò nessun’altra azi8one della Chiesa allo stesso titolo e allo stesso grado ne uguaglia l’efficacia (SC 7). Questa preghiera diventa la preghiera del Cristo totale: cioè la preghiera del Cristo Capo-Sposo che associa a sé la Chiesa suo Corpo-Sposa nell’azione di grazie al Padre nello Spirito.
Nella Liturgia, pertanto, ci è dato di partecipare all’esercizio del sacerdozio di Cristo. In questa azione così grande di glorificazione di Dio e di santificazione dell’uomo, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua Sposa amatissima, la quale nello Spirito prega il suo Signore e rende culto al Padre.
Dal momento che non esistono due Chiese, una celeste ed una terrena, ma un’unica Chiesa che tuttavia partecipa allo stesso tempo sia del desiderio saziato, sia della richiesta con gemiti (s. Agostino), anche l’attuale Liturgia terrena non è affatto separata da quella celeste. Noi già partecipiamo ad essa in qualche modo e ad essa siamo incamminati come pellegrini nell’attesa della venuta (= Parusia) del Signore nostro Gesù Cristo.
A motivo di questa sua importanza, la Liturgia è per la Chiesa momento culmine e fonte di ogni sua attività: è momento culmine perché ogni opera di evangelizzazione tende necessariamente all’Eucaristia quale punto di arrivo dell’annuncio evangelico; è momento fontale perché spinge a tradurre nella vita quanto si è ricevuto nella fede. La Liturgia, per essere vera e completa azione ecclesiale, deve prolungarsi nella carità-missione.
In quanto azione ecclesiale la Liturgia non è un accessorio nella vita della comunità battesimale; non permette trascuratezze o superficialità. Resta congiuntamente e inseparabilmente un’azione divina e umana, visibile ma dotata di dimensioni invisibili, impegnata nell'azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; e tutto questo, però, in modo tale che quanto in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, il presente alla città futura alla quale tendiamo (SC 2).
5.      5. Azione antropologica.
La Liturgia non è solo azione di Cristo e della Chiesa, ma è allo stesso tempo anche un’azione pienamente umana, nel senso che esige da noi che vi partecipiamo una adesione totale di mente e di corpo, una partecipazione attiva, piena, consapevole, fruttuosa (SC 11).
Nella Liturgia non c’è niente di magico o di casuale; richiede piuttosto rettitudine di coscienza, concordia tra mente e voce (S. Benedetto: mens concordet voci), cooperazione con la grazia ricevuta in dono, osservanza delle leggi liturgiche.
La Liturgia è un diritto-dovere di ogni cristiano: diritto nel senso che tale dignità di partecipazione scaturisce dalla natura sacerdotale di ogni battezzato, dovere nel senso che dobbiamo anche esercitare in maniera piena e attiva ciò che spetta di diritto.
Come ben la definì S. Pio X, la Liturgia è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possano attingere il genuino spirito cristiano. Necessita per questo di una adeguata formazione: in primo luogo dei pastori e di coloro che sono chiamati a dirigere le comunità. Non si può pretendere una attuazione della riforma liturgica se gli stessi pastori d’anime non siano penetrati, loro per primi, dello spirito e della forza della Liturgia.
Né di deve credere che da sola la Liturgia esaurisca tutta l’attività della Chiesa e la vita spirituale del cristiano: essa suppone e necessita anche della preghiera personale dal momento che dobbiamo pregare incessantemente (1 Ts 5,17) e portare nel nostro corpo i patimenti di Cristo divenendo noi stessi un’offerta gradita al Padre (Rm 12,1-2).
Da quanto detto fin qui, in quanto attuazione dell’opera della nostra redenzione, a partire quindi dalla sua natura trinitaria, cristologica, ecclesiale, antropologica, la Liturgia esige alcuni comportamenti che è bene mettere subito in chiaro:
·           · la Liturgia può essere regolata unicamente dall’autorità della Chiesa; «Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, aggiunga, tolga o muti alcunché di sua iniziativa, in materia liturgica» (SC 22 § 3);
·           · le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è «sacramento di unità», cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi.. Tali azioni appartengono all’intero corpo ecclesiale, lo manifestano e lo implicano (SC 26). Le celebrazioni devono avere pertanto un carattere comunitario con la presenza e la partecipazione attiva dei fedeli (SC 27).

SPIRITUALITÀ LITURGICA

Prof. Paolo Giglioni





[1][1]) "Ciò che era visibile nel nostro Salvatore è passato nei sacramenti" (s. Leone Magno: Ep. 74,2).


[2][2]) Non è esatto parlare di "rinnovamento" della Pasqua, quasi che essa fosse diventata vecchia; è preferibile dire "attuazione" nel senso che tutto quanto è avvenuto una volta nel tempo storico di Cristo, si attua ancora e pienamente nel'"oggi" del tempo della chiesa.
[3][3]) epìclesi, dal greco epì-kaléô, significa in-vocare, chiamare sopra o chiamare accanto (da qui anche il termine paràklêtos dato allo Spirito Santo: Gv 14,16.17; 15,26; 16,13). Dice s. Giovanni Damasceno "Tu chiedi come il pane e il vino divengono il corpo e il sangue di Cristo? Ti rispondo: lo Spirito fa irruzione e compie ciò che sorpassa ogni parola e ogni pensiero...Ti basti capire che è per mezzo dello Spirito, allo stesso modo che dalla Vergine e dallo stesso Spirito ha assunto la carne" (De fide ortodoxa, IV, 13).
[4][4] Tutto questo è sinteticamente espresso da S. Tommaso nell’Orazione da lui composta per la festa del Corpo e Sangue di Cristo: recolitur memoria, mens impletur gratia, pignus gloriae futurae nobis datur.
[5][5] Ritorneremo in seguito su queste tematiche, con ulteriori approfondimenti.

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