Tomás H. Jerez

domingo, 27 de noviembre de 2011

ADVIENTO

                                SUMARIO:
I.     Historia y significado del adviento.
II.  Estructura litúrgica del adviento en el misal de Pablo VI.
III.             Teología del adviento.
IV.             Espiritualidad del adviento.
V.  Pastoral del adviento.

I. Historia y significado del adviento
Son dudosos los verdaderos orígenes del adviento y escasos los conocimientos sobre el mismo. Habrá que distinguir entre elementos relativos a prácticas ascéticas y otros de carácter propiamente litúrgico; entre un adviento como preparación para la navidad y otro que celebra la venida gloriosa de Cristo (adviento escatológico). El adviento es un tiempo litúrgico típico de Occidente; Oriente cuenta sólo con una corta preparación de algunos días para la navidad.


LA VISION DE LA ESCALERA DE JACOB

TEXTO: Génesis 28:12-14 “Y soñó: y he aquí una escalera que estaba apoyada en tierra, y su extremo tocaba en el cielo; y he aquí ángeles de Dios que subían y descendían por ella. Y he aquí, Jehová estaba en lo alto de ella, el cual dijo: Yo soy Jehová, el Dios de Abraham tu padre, y el Dios de Isaac; la tierra en que estás acostado te la daré a ti y a tu descendencia. Será tu descendencia como el polvo de la tierra, y te extenderás al occidente, al oriente, al norte y al sur; y todas las familias de la tierra serán benditas en ti y en tu simiente.”
Propósito específico: Afirmar nuestra fe en el hecho de que la comunicación y toda bendicion espiritual entre Dios y los hombres, entre el cielo y la tierra es posible por medio de Jesucristo ¡La escalera de Jacob!.

CELEBRANDO COL CORO

     Or sono molti anni fa, nel 1877, in una piccola parrocchia lombarda venne costituita la «Società dei dilettanti di canto sacro», sotto l’immediata direzione del Parroco a cui i membri dovevano prestare obbedienza: nessuno poteva essere ricevuto nella Società senza la sua previa approvazione. Ecco uno stralcio del regolamento: «Tutti i membri della Società sono tenuti a intervenire ogni volta, così alla istruzione  come al canto in Chiesa o in processione, fuori del caso di malattia o di assenza dal paese per lavoro. Siccome troppo disdirebbe che un Cristiano, il quale ambisce di lodare Dio in Chiesa lo disonorasse poi fuori Chiesa, perciò i membri della società si obbligano in modo speciale a schivare il vizio della bestemmia (…), osservando le regole adottate dall’Associazione Cattolica contro la bestemmia». Udite poi quanto segue: «Ogni socio paga: a) All’atto di entrare nella Società L. 1; b) Per ogni giorno festivo di precetto, se adulto Centesimi 10, se fanciullo Cent. 5. Ogni socio che manca all’istruzione pagherà ogni volta Centesimi 15; mancando di intervenire al canto in Chiesa L. 1. I ragazzi pagheranno la metà. (…) È in potere del Parroco licenziare ed escludere dalla Società qualunque socio che con una condotta cattiva se ne rendesse indegno». Si suol dire: “Altri tempi!», ma è bene ritornarci per guardare con occhi giusti ad una realtà importante come il coro, piccolo o grande che sia, al servizio della partecipazione alle celebrazioni e della liturgia; di una liturgia “bella”, come? «Una liturgia bella non può essere definita - come sovente si pensa - “una bella funzione”, ma deve essere compresa come liturgia munita di quella bellezza che fa apparire la grazia di Dio. Una liturgia munita di bellezza non va a cercare aggiunte, decorazioni, ornamenti, pizzi da noi apposti, non si nutre di fasto, né abbisogna di ieraticità: (…) la bellezza della liturgia è quella di azioni, di gesti ‘umanissimi’, ‘reali’, strappati alla banalità, alla routine e resi eloquenti, carichi di significato; è la bellezza della materia chiamata, convocata a una trasfigurazione» (E. Bianchi). Quale il contributo del Coro a questa liturgia “bella”?

CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA

      «Nella nostra liturgia la parte di Cristo è così talmente reale, viva, presente e preponderante che, in fondo, non vi è nel mondo che un unico liturgo: Cristo, e un’unica liturgia: quella di Cristo (C. Vagaggini). È un’affermazione lapidaria che ci rimanda al rito liturgico attraverso il quale passa l’azione dell’“unico liturgo”. La domenica è il giorno che accoglie l’Eucaristia, il rito liturgico per eccellenza. Perciò, come già altri hanno fatto, anche noi osiamo proporre un decalogo per l’animazione della Messa della domenica. L’Eucaristia celebrata offre una varietà di elementi che hanno sempre bisogno di essere meglio compresi e di essere fatti comprendere, a partire da una saggia programmazione: annuncio, parola, musica, gesti e movimenti, sussidi e decorazioni come collegarli armonicamente e ‘realizzarli’ in autenticità liturgica? Possiamo evidenziare dieci attenzioni o atteggiamenti, da curare e da verificare con quel «rinnovato coraggio pastorale» di cui parlava Giovanni Paolo II.

LA MUSICA NELLA LITURGIA

          Se ‘ritornasse’ S. Agostino ed entrasse in una delle nostre chiese per partecipare alla Messa domenicale, quali canti - e come eseguiti - sentirebbe? Chissà se ne rimarrebbe commosso, così da ripetere le parole che leggiamo nelle sue Confessioni: «Mi ricordo le lagrime che versai ascoltando i canti della tua Chiesa al principio della mia conversione, e osservo che anche adesso sono commosso non dal canto ma dalle cose che si cantano, quando sono cantate con voce chiara e adattissima modulazione: riconosco di nuovo la grande utilità del canto ecclesiastico» ((X 33).

ALLA TAVOLA DELLA PAROLA

            Ne è passata dell’acqua sotto il ponte dal tempo in cui - perfino ai seminaristi -la Bibbia era vietata o si raccomandava perlomeno di guardarsene, per prudenza. Ora, ecco la “lectio divina”, i corsi biblici, gli incontri per i lettori, i laici insomma con la sacra Scrittura in mano. La ‘cassaforte’ è stata dissigillata, grazie al Concilio Vaticano II che ha aperto un tempo sorprendente, in cui la Bibbia è potuta diventare in larga misura ‘il libro della Chiesa’ : «Affinché la mensa della Parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia, di modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la parte più importante delle sante Scritture » (“Sacrosanctum Concilium”, n. 51). Cento e più sforzi sono stati fatti, mille sono ancora da compiere: ad esempio, per migliorare sia i commenti proposti dai libri che le proclamazioni fatte agli amboni; senza escludere la pazienza di vincere le ‘resistenze’ e le obiezioni a nuove traduzioni o letture e lezionari. Detto tra noi: è proprio vero che certe pagine bibliche - per la loro presunta ‘astrusità’ - sarebbe stato meglio non offrirle alla gente sulla tavola della Parola? Ma Dio è venuto a dirci delle cose ‘astruse’?


CELEBRAZIONE DELLA MESSA

Con una presentazione generica ma significativa, Plinio il Giovane (inizio II sec.) così definiva i primi cristiani: «Coloro che usano radunarsi in un giorno determinato». Come a quel “giorno determinato” vi si preparassero, non ci è dato di conoscerlo; quello però era il loro “Giorno”, il “Giorno dopo il sabato”, con il quale, celebrando il Signore risorto, hanno dato il via all’anno liturgico nel suo nucleo primordiale: la Domenica. Il cuore del “Giorno del Signore” era ed è la celebrazione dell’Eucaristia. Ci domandiamo, oggi, come dobbiamo arrivarci. Intenzionalmente il titolo di questa chiacchierata (non “prepariamo” bensì “prepariamoci”) vuole indicare una preparazione che va oltre le “cose” da fare: sono le “persone” che devono innanzi tutto predisporre se stesse, mentre predispongono tutto il necessario per una celebrazione degna del Dies Domini e, in esso, dell’Eucaristia. Preparare se stessi: è rendersi più pronti ad entrare in una nuova settimana, con il giorno di cui “non poter fare a meno” (come dissero i cristiani martiri di Abitene) e che apre un avvenire settimanale verso l’“ottavo giorno” intramontabile della Vita-del-mondo-che-verrà.

«VERSO IL POPOLO»

Non sono sopite le discussioni (e qualche polemica) circa la celebrazione liturgica “rivolta a”: rivolta a Dio, con il sacerdote presidente che volta le spalle all’assemblea; o rivolta all’assemblea, con il sacerdote presidente che ‘la guarda’. Non entriamo nel merito. Accenniamo soltanto che non è questione soprattutto di  corpo e di ‘spalle’ ma innanzi tutto di mente e di ‘cuore’: al Signore ci si rivolge “in spirito e verità”, sia personalmente che comunitariamente, comunque ci si ponga con il corpo davanti a lui, l’Onnipotente e il Presente. Tuttavia, una certa ‘riscoperta’ del corpo che partecipa alla liturgia - e alla liturgia come azione di tutta l’assemblea - ha suggerito una priorità, universalmente diffusa, quanto a postura del presidente dell’assemblea: la celebrazione liturgica «versus populum» (v. Ordinamento generale del Messale romano, n. 299). Leggiamo il paragrafo: «L’altare sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo». In riferimento poi alla sede del presidente: «La sede del sacerdote celebrante deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l’assemblea e di guidare la preghiera. Perciò la collocazione più adatta è quella rivolta al popolo» (n. 310). Etimologicamente, “presiedere” significa “stare (seduti) davanti”.

PRESIEDERE L’ASSEMBLEA

          Sembra inutile dire che primo ‘esempio di preghiera’ nella liturgia è colui che la presiede: il celebrante. Dire ‘esenpio di preghiera’ è affermare pure ‘capacità di presidenza’. Ascoltiamo, innanzi tutto, due testimonianze. La prima è di Papa Benedetto XVI il quale, dialogando con i presbiteri romani, ha detto fra l’altro: «Celebrare l’Eucaristia vuol dire pregare. Celebriamo l’Eucaristia in modo giusto, se col nostro pensiero e col nostro essere entriamo nelle parole, che la Chiesa ci propone. In esse è presente la preghiera di tutte le generazioni, le quali ci prendono con sé sulla via verso il Signore. E come sacerdoti siamo nella celebrazione eucaristica coloro che, con la loro preghiera, fanno strada alla preghiera dei fedeli di oggi. Se noi siamo interiormente uniti alle parole della preghiera, se da esse ci lasciamo guidare e trasformare, allora anche i fedeli trovano l’accesso a quelle parole.

viernes, 25 de noviembre de 2011

LA LITURGIA: UN’ARTE “VIRTUOSA”


    «Non abbiamo ancora recepito sufficientemente che la Chiesa annuncia soprattutto quando celebra: la celebrazione è l’annuncio più completo perché realizza ciò che proclama» (P. Borselli). Parole chiare e severe che giungono in primo luogo a coloro che sono chiamati alla presidenza della liturgia. Celebrare “in spirito e verità” dipende innanzi tutto da chi ha il compito - mai facile e comunque sempre perfezionabile - di presiedere: vescovo, presbitero, diacono, religioso/a ed anche laico/a. «Vi chiedo scusa - disse ai fedeli al termine della Messa un vescovo che l’aveva celebrata e presieduta assai bene - per le scorrettezze liturgiche eventualmente da voi osservate. Anch’io, quando non celebro, osservo i sacerdoti celebranti e ne rilevo i difetti!». A proposito dell’osservare i preti celebranti, capita di sentire qualcuno: «Quel prete dice bene la Messa», «Mi colpisce il modo tranquillo ed espressivo col quale proclama il Vangelo», «Perché il nostro Don non canta durante la Messa?» (ma… se fosse ‘stonato’?!). Anni fa, a noi seminaristi veniva detto: «La casa del sacerdote ha le pareti di vetro: tutti ci guardano dentro». Metaforicamente, questo vale anche per il suo modo di celebrare e di presiedere le azioni liturgiche. Al di là di critiche o di osservazioni superficiali, c’è un buon senso della fede - e della liturgia - che accompagna con esigenza la partecipazione alla preghiera della Chiesa.

I LAICI PER LA LITURGIA


            Dedichiamo qualche parola ai ministeri liturgici laicali. Della loro importanza si è parlato (e si deve parlare ancora di più) sia per la crescente mancanza di clero che, innanzi tutto, per la natura ‘sacerdotale’ propria dei laici in ragione del sacerdozio comune o battesimale. In causa sono chiamati i gruppi liturgici parrocchiali, le commissioni liturgiche decanali e tutti gli animatori della parola e della musica nella liturgia, che devono ricevere e si devono dare una costante premura formativa. Come di un fuoco che tende ad affievolirsi o a spegnersi se non persistentemente alimentato, così avviene dell’animazione e della stessa vita liturgica nelle assemblee e nelle comunità cristiane, se “cede” la formazione degli animatori a tutti i livelli e in tutti i ruoli: lettori, commentatori, cantori, direttori di coro, strumentisti, addetti all’accoglienza e al servizio, ministri straordinari della comunione eucaristica. 

IL «NON VERBALE» NELLA LITURGIA


            Quello che i Vescovi hanno detto alla Chiesa italiana, raccomandando una liturgia «seria, semplice e bella», è riassumibile in due parole: la solennità della semplicità. Proseguendo nelle nostre chiacchierate sul celebrare, vogliamo dare uno sguardo a ciò che fa da sfondo - per così dire - e da sostegno alle parole e ai gesti, che delle celebrazioni liturgiche costituiscono il fondamento: il “verbale” non può fare ameno del “non verbale”, in una solenne semplicità o, se si preferisce, in una solennità semplice. Tanto ci sarebbe da dire sul luogo, sull’arredo ed anche sull’abito nella liturgia: ben altro e ben meglio c’è da esporre su questi ‘segni’ e su questi temi; qui ci limitiamo al «qualcosa» su un insieme di elementi che, ordinati e coordinati con arte (anche questo fa parte dell’arte del celebrare) siano in grado di ‘dire’ e di ‘veicolare’ il Mistero celebrato.

RITO AMBROSIANO

La centralità dell'opera di Sant'Ambrogio per la Chiesa di Milano
Tra i tesori lasciati in eredità dai Padri, anche il rito liturgico chiamato per l’appunto “ambrosiano”: una particolare modalità con la quale la Chiesa di Milano celebra e rivive il mistero di salvezza. Molte particolarità risalgono proprio ad Ambrogio e ancor oggi, dopo milleseicento anni, si sono fedelmente conservate.
Papa Gregorio Magno in una lettera al clero di Milano del settembre dell’anno 600, confermando l’elezione del nuovo Vescovo appena avvenuta, lo definiva significativamente non tanto come successore, bensì come vicario di sant’Ambrogio. Veniva così in un certo senso rimarcata, proprio dall’autorità del pontefice romano, quella connessione strettissima tra la Chiesa di Milano e il suo patrono, quasi che fosse sempre lui, Ambrogio, a reggere il governo pastorale del suo popolo attraverso dei Vescovi che gli sarebbero succeduti lungo i secoli.

LE VESTI LITURGICHE SECONDO RATZINGER

Qualche tempo fa ha provocato una certa divertita perplessità in ambito giornalistico il fatto che la rivista statunitense "Esquire", nel suo annuale riconoscimento ai personaggi che incarnano l'epitome dell'eleganza, abbia indicato Benedetto XVI come l'uomo che meglio sceglie i suoi accessori di abbigliamento. Questa scelta, di una frivolezza molto caratteristica di un'epoca che tende a banalizzare ciò che non comprende, è avvenuta in un momento in cui Benedetto XVI aveva suscitato un'attenzione mediatica senza precedenti nel riprendere alcuni indumenti di radicata tradizione papale come il camauro, un copricapo invernale di velluto rosso bordato di ermellino, o il "saturno", un cappello a tesa larga che era già stato largamente utilizzato da alcuni suoi predecessori, come Giovanni XXIII.



jueves, 24 de noviembre de 2011

CELEBRAR CON « ARTE »


          Dicono i competenti che il termine “arte” ha origine dalla radice indoeuropea r’tam, che significa “mettere in ordine”. Secondo questa derivazione esula, come prima istanza, dal concetto di “arte” l’idea del ‘bello artistico’ nel nostro comune intendere culturale: il ‘bello’ dell’‘opera d’arte’ dei grandi pittori, scultori o architetti, ecc.


miércoles, 23 de noviembre de 2011

CELEBRARE È PREGARE?

          
             Iniziamo con una domanda provocatoria, il cui senso può emergere dalle prime battute. Va detto, anzitutto, che nemica del “celebrare con arte” è certamente la improvvisazione: per intenderci, l’arrivare in sacrestia e chiedersi (preti, ministranti e animatori): «Che cosa c’è da fare?».




LA MISA TRADICIONAL





Un PPS de Una Voce Sevilla con una breve explicación sobre la Santa Misa celebrada según la forma extraordinaria del Rito Romano

lunes, 21 de noviembre de 2011

CEREMONIAS DE LA MISA REZADA


SEGUN EL RITO ROMANO en su FORMA EXTRAORDINARIA
POR UN SACERDOTE DE LA FRATERNIDAD SACERDOTAL SAN PEDRO (FSSP)

CUM PERMISSU SUPERIORUM

Datum ex aedibus Fraternitatis Sacerdotalis Sancti Petri

Friburgi Helvetiae, die 19 mensis Septembris, A.D. 2007
Dr. Patrick du FAY de CHOISINET
Vicarius generalis

MODO DE SERVIR LA MISA TRIDENTINA


MODO DE SERVIR (AYUDAR) LA MISA REZADA
En la sacristía:
1 - Tradicionalmente el servicio del altar forma parte de las atribuciones proprias del clero, es decir de aquellos de entre los fieles que se han consagrado de manera pública al servicio del culto divino. Sin embargo desde hace siglos existe la praxis de confiar también a laicos el ejercicio de  ciertas funciones ligadas al servicio del altar, entre ellas el servicio de la Misa rezada.
         

MISA TRIDENTINA - PARTICULARIDADES DE LA MISA REQUIEM


PARTICULARIDADES DE LA MISA DE REQUIEM
La misa rezada de difuntos llamada también de Requiem a causa de las palabras con que empieza su introito comporta una serie de reglas especiales, a saber :
·                  Al principio de la misa se omite el salmo Judica me, es decir : después de decir la antífona Introíbo ad altare Dei y la respuesta del ministro, el celebrante prosigue diciendo inmediatamente Adjutorium nostrum in nómine Domini y el resto (Confíteor, etc.) como de ordinario.

MISA TRIDENTINA - DESPUÉS DE LA COMUNIÓN


K) DESPUÉS DE LA COMUNIÓN

51 - El celebrante junta en seguida las manos ante el pecho y se llega al ángulo de la Epístola (entretanto el ministro ya habrá trasladado allí el atril con el misal). Puesto de cara al libro y con las manos juntas ante el pecho lee en voz alta la antífona llamada Communio.

MISA TRIDENTINA - PADRENUESTRO Y COMUNIÓN


J)  PADRENUESTRO Y COMUNIÓN

42 - Puesto de nuevo en pie y teniendo las manos extendidas y apoyadas sobre los corporales dice el celebrante (en voz alta) Per omnia saecula saeculorum.
Una vez que el ministro (o los fieles) hayan respondido Amén el celebrante, juntando las manos ante el pecho e inclinando la cabeza, dice (en voz alta) Oremus.

MISA TRIDENTINA - CANON DE LA MISA DESPUÉS DE LA CONSAGRACIÓN


I) CANON DE LA MISA DESPUÉS DE LA CONSAGRACIÓN

39 - El celebrante, erguido y con las manos extendidas ante el pecho, prosigue diciendo (siempre en voz baja) Unde et memores etc. Al llegar a las palabras de tuis donis ac datis junta las manos ante el pecho y poniendo la izquierda sobre el altar, pero dentro del corporal, traza cinco cruces con la mano derecha: tres sobre la Hostia y el cáliz juntamente, a las palabras Hostiam+puram, Hostiam+sanctam, Hostiam+inmaculatam, una sobre la Hostia sola cuando dice Panem+sanctum vitae eternae y otra sobre el cáliz solamente diciendo et Calicem+salutis perpetuae.

MISA TRIDENTINA - CANON DE LA MISA HASTA LA CONSAGRACIÓN


H) CANON DE LA MISA HASTA LA CONSAGRACIÓN

34 -     Concluido el Sanctus el sacerdote pone la mano derecha sobre el altar (directamente, sin juntarla antes con la izquierda delante del pecho), y con la izquierda busca en el Misal la página del Canon. A continuación (sin decir nada) eleva ambas manos hasta la altura de los hombros al mismo tiempo que levanta sus ojos al cielo, volviendo a bajarlos al instante mientras vuelve a juntar las manos ante el pecho e inclinándose profundamente apoya sus manos unidas sobre el borde del altar[1] [33]. Estando ya profundamente inclinado (y no antes) comienza a decir en voz baja Te ígitur etc. prosiguiendo siempre en voz baja durante todo el Canon.


MISA TRIDENTINA - OFERTORIO


G) OFERTORIO

25 -     Mientras que el ministro (o los fieles) responden et cum spiritu tuo el sacerdote se vuelve por su izquierda hacia el altar (pero sin moverse del centro, quedando de nuevo de cara a la cruz).

Extiende y junta las manos e inclina la cabeza a la cruz diciendo al mismo tiempo Oremus. A continuación, con las manos juntas ante el pecho, lee (en voz alta) la antífona  al Ofertorio que corresponda a la misa del día[1] 26.

MISA TRIDENTINA - EPÍSTOLA Y EVANGELIO


F) EPÍSTOLA Y EVANGELIO

23 -     A continuación el sacerdote lee la Epístola, el Gradual y el Aleluya (o el Tracto)20 teniendo las manos sobre el Misal o sobre el atril, como prefiera, pero siempre de tal modo que las manos toquen de alguna manera el libro.
Después, juntas las manos ante el pecho, pasa al medio del altar donde, levantando los ojos a la cruz y bajándolos luego dice, en secreto: Munda cor meum etc. y Iube Domine, etc.[1][2] 21 con el cuerpo profundamente inclinado pero sin apoyar las manos en el altar.

MISA TRIDENTINA - ORACION COLECTA


E) ORACIÓN “COLECTA”
22 -     Una vez respondido et cum spiritu tuo, el sacerdote se vuelve por su izquierda y se desplaza directamente (con las manos juntas ante el pecho) hasta donde está el Misal (es decir, al extremo del lado de la Epístola) y se coloca de cara a él. Haciendo, entonces, con la cabeza inclinación mediocre hacia la cruz del altar, extendiendo y juntando las manos al mismo tiempo, dice en voz alta Oremus[1] 18 y prosigue luego la lectura de la oración, con los dedos unidos y las manos extendidas, aunque separadas de manera que ni su altura ni su separación exceda la de los hombros y estén las palmas frente a frente.

MISA TRIDENTINA - INTROITO


D)       INTROITO

21 -     En seguida se alza y pasa al lado de la Epístola, con las manos juntas ante el pecho. Se coloca ante el misal y lee (en voz alta) el Introito de la misa del día. Al comenzar el Introito el sacerdote se santigua, continuándolo con las manos juntas ante el pecho. Hace inclinación de cabeza hacia la cruz al Gloria Patri, y repite el Introito sin volver a santiguarse.


MISA TRIDENTINA - LLEGADA DEL SACERDOTE AL ALTAR


C) LLEGADA DEL SACERDOTE AL ALTAR
17 -     Revestido ya el sacerdote de los ornamentos sagrados, toma el bonete con la derecha y se cubre. Luego toma el cáliz (por el nudo) con la mano izquierda, pone la derecha extendida sobre la bolsa de los corporales (cuya apertura ha de mirar hacia el celebrante), y llevándolo a la altura del pecho hace reverencia[1] a la cruz o imagen que presida la sacristía (sin descubrirse), y con paso grave y aspecto modesto se dirige al altar, precedido por el ministro.

MISA TRIDENTINA - PREPARACION Y VESTICIÓN DE LOS ORANAMENTOS

B) PREPARACION Y VESTICIÓN DE LOS ORNAMENTOS

Ante todo no olvide el sacerdote que el Ritus servandus del Missale Romanum en su forma extraordinaria comienza exhortando al celebrante a prepararse espiritualmente antes de acceder al altar tanto con la oración personal como con la recitación del oficio divino, así como con la recepción del sacramento de penitencia si ello fuere necesario.
12 -     Llegando a la sacristía para celebrar, lo primero que debe hacer el sacerdote es asegurarse que las páginas del Misal ha sido bien señaladas para la Misa que vaya a celebrar. Hecho lo cual puede llevarlo él mismo o dejar que un sacristán lo lleve al altar.

CEREMONIA DE LA MISA REZADA - OBJETOS NECESARIOS


I.  CEREMONIAS DE LA MISA REZADA

SEGUN EL RITO ROMANO en su FORMA EXTRAORDINARIA

A)  OBJETOS NECESARIOS

Para celebrar una Misa rezada según el rito romano extraordinario es necesario primero preparar una serie de objetos en el altar, en la credencia y en la sacristía:

BREVE STORIA DELLA MESSA ROMANA

Breve storia della Messa Romana, di Michael Davies, diffusa nel 1997 dalla Latin Mass Societyof England and Wales e ripresa dal saggio dello stesso autore per Tan Books e basato su The Mass: A Study of the Roman Liturgy di Adrian Fortescue.


Si possono scaricare tutti i capitoli

martes, 15 de noviembre de 2011

POSTURAS Y GESTOS


1. Introducción
1. ¿Por qué razón son necesarios los gestos y actitudes corporales en la oración litúrgica? Por la naturaleza del hombre: por lo que es individualmente, y por lo que es colectivamente.
El hombre es alma y cuerpo, y si bien hay una supremacía del alma sobre el cuerpo -por el ser el alma espiritual-, no puede prescindir del cuerpo. Ambos elementos constituyen el ser humano, y hacen a la perfección del mismo. Por eso resucitaremos, es decir, volveremos a tomar nuestros cuerpos, sea para gozar eternamente en el Cielo, sea para sufrir eternamente en el Infierno. El alma no se santifica sino a través y en un cuerpo; recibe los efectos espirituales de los sacramentos a través de la materia (la que constituye el sacramento; la que conforma el cuerpo).

jueves, 10 de noviembre de 2011

MISA TRIDENTINA



S.E. Dario Card. Castrillóns Hoyos
Presidente Emerito Pontificia Commissione "Ecclesia Dei"

FORMA EXTRAORDINARIA DEL RITO ROMANO


I testi latini proposti concordano con l’Edizione Tipica del Messale promulgato dal Beato Papa Giovanni XXIII nel 1962. Sia il Ritus servandus che le Rubriche dell’Ordinario della Messa, seppur fedeli all’originale, sono state tradotte liberamente con aggiunte esplicative a cura di traduttori ed esperti di liturgia.
Affinché la Santa Messa Tridentina, liberalizzata dal Motu Proprio "SUMMORUM PONTIFICUM” di Sua Santità Benedetto XVI, sia celebrata senza errori, illeciti e mancanze, si ricorda che è suggerito l’uso del Messale Romano in cartaceo, stampato con il permesso di un Presule Ordinario che controllata la fedeltà all’EDITIO TYPICA, ne autorizza la stampa per uso liturgico.

martes, 1 de noviembre de 2011

IL CROCIFISSO AL CENTRO DELL’ALTARE

Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 218, pone la domanda: «Che cos’è la liturgia?»; e risponde:
«La liturgia è la celebrazione del Mistero di Cristo e in particolare del suo Mistero pasquale. In essa, mediante l’esercizio dell’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, con segni si manifesta e si realizza la santificazione degli uomini e viene esercitato dal Corpo mistico di Cristo, cioè dal Capo e dalle membra, il culto pubblico dovuto a Dio».

LAS PARTES DE LA MISA

La misa consta de dos partes necesariamente unidas y correlativas que se influyen mutuamente, como estructuras de un todo. Así se complementan la liturgia de la palabra y la liturgia eucarística, dentro de la unidad se entrada en la consagración.
Hay una sola presencia de Cristo en su iglesia, en una doble manifestación: Cristo está moralmente presente en la asamblea orante, cuando se lee y se anuncia la Sagrada Escritura. Cristo está personalmente presente cuando se realiza el sacramento del Eucaristía.