«Nella nostra liturgia la parte di Cristo è così
talmente reale, viva, presente e preponderante che, in fondo, non vi è nel
mondo che un unico liturgo: Cristo, e un’unica liturgia: quella di Cristo (C.
Vagaggini). È un’affermazione lapidaria che ci rimanda al rito liturgico
attraverso il quale passa l’azione dell’“unico liturgo”. La domenica è il
giorno che accoglie l’Eucaristia, il rito
liturgico per eccellenza. Perciò, come già altri hanno fatto, anche noi
osiamo proporre un decalogo per
l’animazione della Messa della domenica. L’Eucaristia celebrata offre una
varietà di elementi che hanno sempre bisogno di essere meglio compresi e di
essere fatti comprendere, a partire da una saggia programmazione: annuncio,
parola, musica, gesti e movimenti, sussidi e decorazioni come collegarli
armonicamente e ‘realizzarli’ in autenticità liturgica? Possiamo evidenziare
dieci attenzioni o atteggiamenti, da curare e da verificare con quel «rinnovato
coraggio pastorale» di cui parlava Giovanni Paolo II.
Educare alla
celebrazione (all’“arte del celebrare”) interpella sia chi presiede l’assemblea
sia coloro che la compongono. Per tutti permangono ogni volta quasi l’
‘avventura’ e certamente il dono della partecipazione al mistero di Dio nel suo
massimo donarsi all’uomo: un traguardo da raggiungere o a cui avvicinarsi il
più possibile. Ed è in questa ottica, pertanto, che si possono individuare
alcuni percorsi che facilitino il grande incontro, attraverso la pluralità dei
linguaggi presenti nella celebrazione cristiana.
1 Accogliere
con benevolenza
Nel
celebrare, l’esperienza della Trinità può essere introdotta positivamente anche
da gesti di accoglienza. Entrare in una casa e non sentirsi accolti è quasi
avvertire un rifiuto, comunque una freddezza imbarazzante. E l’accoglienza
nella casa del Signore? La gestualità dell’accoglienza - da collocare
nell’ottica dei linguaggi liturgici che costituiscono un antidoto alla
dispersione e al ‘grigio quotidiano’ - non si limita a un’eventuale stretta di
mano alla porta della chiesa, alla distribuzione dei sussidi, e neppure al
breve rito iniziale; essa deve tradursi in uno stile ‘accogliente’ da mantenere
durante tutta la celebrazione (parole, gesti, sguardo), che faccia sentire ciascun partecipante a proprio agio e come a
casa propria: non è di poca importanza un clima giusto che manifesti la
‘famiglia’ di Dio, unita con lui nel servizio e nella gioia.
2 Comunicare con i simboli
Viviamo immersi nei simboli; comunichiamo con un
linguaggio simbolico anche quando meno ce ne accorgiamo (lo stesso comunissimo
saluto «Ciao!», come ogni simbolo, può avere una pluralità di significati).
Nella liturgia, che si esprime con un insieme di linguaggi, il ‘simbolico’ è
ciò che unisce (syn-ballo) il
quotidiano con il soprannaturale e viceversa; questo per realizzare la
comunione Dio-uomo e uomo-Dio costantemente annunciata e coltivata. In
particolare l’operatore pastorale deve rispondere alla domanda: qual è il
percorso da compiere e le cose migliori da fare per una riappropriazione e per
una comprensione più piena del linguaggio simbolico? Dai simboli del quotidiano
a quelli della liturgia, tornando poi al quotidiano (o viceversa, partendo
dalla liturgia): è un cerchio pedagogico che fa leggere in profondità il vivere
di ogni giorno, in un’ottica storico-salvifica. Per concretezza: una
processione con l’evangeliario, l’accensione di un lume, una elevazione delle
mani o delle offerte, l’uso dell’incenso, un segnale acustico o musicale con
quale dignità e ‘intensità’ avvengono, sono seguiti e percepiti? E perché non valorizzare
maggiormente anche le luci, i colori, i profumi? La liturgia può essere - ed è
bene che sia - accompagnata da questi ‘segni’ che richiamano la Presenza, un
momento rituale, un tempo liturgico.
3 Arredare con gusto
Il cristiano anzitutto ha bisogno di trovarsi bene
nell’edificio liturgico, per sperimentare la sacralità di esperienze
spirituali, al di fuori del trambusto giornaliero. In tal senso è doveroso
porre l’interrogativo: si può dire che in ogni comunità ecclesiale l’arredo
sacro è gestito in modo da contribuire all’efficacia e all’unitarietà del
linguaggio iconografico? Statue, dipinti, fiori, tappeti, tovaglie, vasi,
candelieri, scritte, abiti liturgici, ecc. hanno un ruolo rilevante nell’insieme
del vissuto religioso. Quando sono difettosi, si nota che il discorso
iconografico nella sua valenza è approssimativo, viene interrotto o non fa che
recare disturbo; e questo non facilita certo la partecipazione liturgica.
Quando invece si entra in un edificio in cui tutto risponde a una distribuzione
ordinata e a un percepibile bellezza, ci si sente subito avvinti da un clima di
religiosità e di preghiera, grazie pure alla dimensione simbolica. Anche questa
“armonia” fa parte di una quotidiana pedagogia delle comunità cristiane.
4 Animare con competenza
Il ruolo dell’animazione non si improvvisa. Esso
richiede in chi lo gestisce un’anima (competenza) per dare anima (vitalità)
alle azioni sacre, la cui routine rischia di livellare anche i momenti più rilevanti.
È questo il motivo per cui nella liturgia si richiede la figura dell’animatore,
in genere e musicale in specie, affinché le celebrazioni del mistero siano il
più possibile vissute dai fedeli. Ma l’animazione non si può affidare a
chiunque (come quando si invita all’ambone per la lettura una persona qualsiasi
presente in assemblea). Un’animazione improvvisata e scorretta abbassa il tono
e il clima della celebrazione. Al contrario, un’animazione ben gestita nei
contenuti, nel comportamento, nel tono della voce ed anche nello sguardo
favorisce l’esperienza spirituale mediata dai riti liturgici. L’obiettivo è
sempre costituito dal primato della vita interiore e della santità: quando tale
obiettivo venisse abitualmente compromesso da una animazione carente (o da una
inanimazione), non c’è da meravigliarsi che perfino gli stessi progetti
pastorali vadano incontro al fallimento e lascino in cuore un senso di
frustrazione. Tanta è la forza dell’animazione liturgica? Gli animatori liturgici
possono (addirittura) aprire o chiudere i cuori degli uomini e le porte di Dio?
5 Ascoltare con disponibilità
Certamente sono stati fatti passi in avanti
nell’ascolto assiduo e nella lettura meditata della Sacra Scrittura, da quando
il Concilio Vaticano II ha sottolineato il ruolo preminente della parola di Dio
nella Chiesa; per la Parola è cresciuto l’onore che essa merita nella preghiera
pubblica. Questa constatazione sollecita ad una sempre maggiore consapevolezza
dell’importanza di una partecipazione piena alla liturgia della parola
nell’Eucaristia domenicale. È qui infatti che si attua la prima e autentica
“lectio divina” con la Parola che interpella, orienta e plasma la nostra
esistenza; qui il fedele si affida alla preghiera dei salmi, fra cui grande
importanza ha il salmo responsoriale (che merita una ‘celebrazione’
musicalmente più evidenziata). La comunione nel popolo di Dio va continuamente
alimentata col nutrimento alla mensa della Parola e del Pane. Un cenno vada
all’ascolto delle orazioni, dei prefazi, delle preghiere eucaristiche: essendo
queste ‘parole’ affidate al celebrante che presiede e che prega a nome
dell’assemblea, i fedeli le dovrebbero ascoltare senza leggerle sui foglietti o
sui loro messalini; ma chi le ‘proclama’ occorre che proferisca i testi con la
migliore espressività vocale possibile (con «una proclamazione dignitosa, a
voce alta e chiara» - dicono le Premesse del Messale), così da favorire
l’ascolto e ‘invogliare’ all’ascolto i membri dell’assemblea.
6 Cantare con gioia
Nella liturgia il canto (e la musica in genere) è parte eminente della
celebrazione perché è «segno della gioia del cuore» - dicono ancore le Premesse
del Messale. Se è abbastanza pacifico dichiararlo, non è normale il rilevarlo
in tutte le celebrazioni! Cantare la fede implica sottolineare i momenti
rituali con un linguaggio musicale adeguato, e fare in modo che ciò che si
canta, e come si canta, sia a servizio della celebrazione e non della musica; e
neppure a servizio di un ‘piacere’ nel cantare e nel fare musica che risponde
unicamente ai gusti degli animatori e degli esecutori. L’emotività musicale,
non trascurabile, deve assoggettarsi alla realtà celebrativa in atto: la gioia
deve nascere dall’accoglienza e dall’adesione al mistero celebrato. In ogni
caso, la musica dia sempre la precedenza al testo: è questo che di frequente
non ha rapporto con la Parola di Dio, con il rito o con il tempo liturgico. La
giusta integrazione fra musica e liturgia è possibile nella misura in cui
esecutori e compositori hanno familiarità con la Scrittura e con i riti
liturgici. Vale la pena, poi, ricordare che l’esperienza di oltre un millennio
di ‘musica sacra’ (si pensi al canto gregoriano e ambrosiano) è quanto mai
emblematica nel testimoniare che questa integrazione è raggiungibile ed è pure
capace di elaborare cultura nella storia.
7 Presiedere con dignità
Osiamo dire che il grado di
partecipazione dell’assemblea dipende in larga misura dal ministero della
presidenza. Si tratta di una competenza sempre da ravvivare: il ruolo di
presiedere la celebrazione liturgica - come quello di animarla con parole e
canti - non si improvvisa, né si perfezione con il solo studio della teologia,
della liturgia o della spiritualità, essendo anche una vera “arte antropologica”.
C’è
chi ha affermato (non senza qualche ragione) che per essere dei buoni
presidenti di assemblea bisogna essere degli ottimi registi. Sarebbe utile dunque
una certa conoscenza delle leggi della comunicazione. Ma già molto, in
partenza, è l’attenzione umana-religiosa e la giusta considerazione date ai
fedeli, di cui il presidente deve sentirsi membro oltre che guida. Svolgere il
compito della presidenza implica discrezione e modestia: la propria persona,
davanti e in mezzo ai partecipanti, non è chiamata a dare spettacolo ma a
essere strumento dell’esperienza di Dio anche attraverso l’aspetto, il gesto,
il tono di voce, la compostezza, l’abbigliamento. Preziose, quindi, sono le
parole che leggiamo nelle Premesse del Messale: «Quando il sacerdote celebra
l’Eucaristia, deve servire Dio e il popolo con dignità e umiltà; e nel modo di
comportarsi e di pronunciare le parole divine deve far sentire ai fedeli la
presenza viva di Cristo». Anche su questo c’è da continuare a interrogarsi
sulla ricezione delle norme e dello spirito del Concilio Vaticano II.
8 Pregare
con fede
Lo
scopo di ogni impegno educativo attraverso l’animazione liturgica è quello di
fare in modo che i fedeli riescano a realizzare il loro ‘dialogo’ con Dio. A
questo tende ogni forma di preghiera e in particolare la celebrazione
dell’Eucaristia. Raggiunto l’obiettivo della migliore partecipazione possibile
sia interiore che esteriore è raggiunto il fine principale. Gli animatori non possono
allora disattendere degli interrogativi da porsi ogni volta che si mettono a
servizio dell’assemblea o che elaborano delle proposte: questa monizione, questo
suggerimento, questo canto, questo interludio strumentale, ecc. aiuta questa
gente a pregare in questa celebrazione? Se al centro dell’attenzione di ogni
responsabile è ben presente il fatto che l’assemblea liturgica è radunata
(“ecclesia”: convocazione) primariamente per una forte esperienza di fede, le
singole scelte - anche nei piccoli particolari - dovranno essere illuminate e
illuminanti. Alla base occorrerà sempre un minimo (tendenzialmente alto) di
progettazione. A partire dalla logicità e dalla varietà dell’anno liturgico, coinvolgendo la
programmazione catechistica e caritativa, bisognerà rispondere praticamente
alle domande: in questo nuovo anno liturgico quale proposta di itinerario di
fede avrà davanti a sé la nostra comunità parrocchiale? Con quali iniziative
liturgiche potremo accompagnare questo itinerario?
9 Predicare con semplicità
L’incontro
domenicale con il Signore Gesù, crocifisso e risorto, deve essere profondo e
desiderato: esso potrà riecheggiare durante l’intera settimana, a condizione
che anche lo spazio dell’omelia sia gestito nel modo più conveniente,
all’insegna dell’ardore che caratterizzava la predicazione apostolica dopo la
Pentecoste. Capacità e metodo nel proporre i contenuti omiletici rientrano in
quelle competenze che non sono comunicate automaticamente dall’imposizione
delle mani nell’ordinazione presbiterale. Capacità e metodo (organizzazione
delle idee da comunicare), contenuti (sintesi del messaggio delle letture e
riferimenti alla celebrazione), forma (stile colloquiale dignitoso), tempo
(«Superati gli 8 minuti - ha detto qualcuno - il resto è del maligno»!),
verifica (sapersi riascoltare e rivedere per migliorare le modalità
comunicative): sono riferimenti utili da tener presenti nell’esplicitazione del
servizio alla Parola, alla celebrazione e all’assemblea.
10 Celebrare un Dramma
D.M.
Turoldo ha scritto: «Mio male è sapermi impotente a dire il tuo dramma, mio
Dio». Ogni domenica e in ogni Eucaristia ci è offerto il Dramma di Dio: è ben
altro che un “pezzo teatrale”. Il Padre dona il suo Figlio mediante lo Spirito
nel dolore e nella gioia, nella morte e nella risurrezione. «Chi non
“comprende” il dolore e la gioia di Dio non sa nulla della sua rivelazione, non
sa nulla dei lunghi cammini col popolo stanco, delle lotte con i personaggi
antichi, della passione sulla croce e della luce che è nella vita» (G.
Bonaccorso). Bisogna che le menti si aprano e i cuori sussultino nel Dramma - o
nel Mistero - perché la domenica non resti senza Cuore. È uno dei più grandi
impegni, una sfida, per tutte le assemblee liturgiche e le comunità cristiane.
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