lunes, 27 de diciembre de 2010

STORIA DEI SACRAMENTALI


Teologia dei Sacramentali

        La vita sacramentale della Chiesa non si esaurisce coi sette sacramenti. Essi sono essenziali, tuttavia, anche la Chiesa celebra il mistero di Cristo attraverso i sacramentali[1]. Storicamente la presenza dei sacramentali nella Chiesa consta dall'antichità. La tradizione ebrea conteneva già multiple forme di benedizione e lo stesso Cristo usava vari gesti con significato religioso come le benedizioni e gli esorcismi. Durante tutta la storia della Chiesa si vede la continua presenza di pratiche simili a questo tipo, dalle benedizioni per il cibo che si trova nella Tradizione Apostolica di San Ippolito, fino alla benedizione per aeroplani che si trova nell'attuale libro di benedizioni. La Sacrosanctum Concilium, 60-61, descrive la natura dei sacramentali:


         Segni sacri per mezzo dei quali ad imitazione dei Sacramenti, sono significati e per impetrazione della Chiesa ottenuti, effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l'effetto principale dei Sacramenti, e sono santificate le varie circostanze della vita.
         Così la liturgia dei Sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia divina che fluisce dal mistero pasquale della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo; mistero dal quale derivano la loro efficacia tutti i sacramenti e sacramentali..

Alla luce del Concilio si vede che i sacramentali sono in rapporto con la sacramentalità della stessa Chiesa, ma a differenza dei sette sacramenti questi sono molti e diversi tra loro ed è per questo  difficile una definizione precisa. Tuttavia potremmo prendere come sufficiente, in quanto prende gli elementi comuni, la definizione proposta dal Vagaggini:

I sacramentali consistono immediatamente e in primo luogo in una preghiera di impetrazione che la Chiesa indirizza a Dio, e solo in secondo luogo e mediatamente, cioè mediante questa preghiera di intercessione della Chiesa, in una santificazione, in quanto la Chiesa, per mezzo di questi riti, impetra da Dio la santificazione delle persone o delle cose[2].


Esiste un rapporto stretto fra sacramentali e sacramenti ma anche differenze profonde. I sacramentali sono istituiti dalla Chiesa e non da Cristo come i sacramenti. Perciò godono non di un’efficacia ex opere operato come i sacramenti ma  ex opere operantis ecclesiae; che significa che l'efficacia dei sacramentali è cioè in rapporto alla preghiera di intercessione della Chiesa, la quale ha effetti sul piano spirituale e, di riflesso, su quello materiale. In questa condizione ecclesiale di preghiera l'effetto spirituale che consegue al gesto liturgico è attualizzato dal Padre in forza della dignità morale di colui che pone il rito o di colui che lo accoglie.
Benché esistono diversi modi di classificare i sacramentali in linee generali si può distinguere due gruppi fondamentali: i sacramentali costitutivi, che possono essere di persone o di oggetti ed i sacramentali invocativi.

I Sacramentali Costitutivi
          La caratteristica fondamentale dei sacramentali costitutivi di persone ed oggetti è che realizzano un cambiamento esistenziale stabile e più o meno permanente, ed in qualche modo lo separano dalle attività ed usi comuni. 
 
Le consacrazioni e benedizioni costitutive di persone
          Tra i sacramentali costitutivi di persone si trovano la consacrazione delle vergini, la benedizione dell'abate o badessa, le professioni religiose e l'istituzione ai diversi ministeri. Alcuni di essi li abbiamo visti già trattando i ministeri. Qui menzioneremo solo uno in più a titolo di esempio.  
 
La Consacrazione delle vergini.
          La consacrazione delle vergini è un rito riservato al vescovo locale e deve realizzarsi nella cattedrale. È aperto alle vergini che vivono nel mondo o a suore di voti solenni. È la benedizione costitutiva più antica ed il suo rito è il meglio sviluppato dal punto di vista liturgico. Storicamente una delle prime attestazioni che abbiamo del rito è del tempo del Papa Liberio (352-366,) quando consacrò a Marcellina, la sorella di san Ambrogio, con un rito che si assomiglia al rito del Matrimonio con la velatio. 
          Il rituale attuale, promulgato in 1970, ha una chiara struttura: la chiamata, nel quale  chi si consacra si avvicina al presbiterio con una candela accesa. Segue l'omelia del vescovo. Dopo l'omelia si tiene l'interrogazione sul suo proposito di perseverare nella verginità al servizio di Dio e della sua Chiesa. Di seguito si prostra e si cantano le litanie dei santi, dopo le quali la vergine rinnova il suo voto di castità, o se è suora, rinnova la sua professione religiosa. Allora il vescovo intona la solenne preghiera di consacrazione che ha una forma simile ad altre preghiere dell'eucologia maggiore. Alla fine si tiene la consegna dei simboli della consacrazione, il velo e l’anello, simboli nuziali di consacrazione. Si consegna anche il libro della Liturgia delle ore come segno della partecipazione della vergine consacrata nella preghiera della Chiesa. 
 
Benedizioni o consacrazioni costitutive di cose.
          Le consacrazioni e benedizioni di questo tipo costituiscono all'oggetto o cosa come qualcosa di sacro e lo riservino in modo stabile all’uso del culto o per la devozione dei fedeli.  
          Le consacrazioni costitutive delle cose sono principalmente la consacrazione della chiesa e dell'altare. Tra le benedizioni costitutive delle cose si trovano le benedizioni dell'acqua battesimale, dei diversi oli sacri, dei vasi sacri, di campane, dell'acqua benedetta, e degli altri oggetti di culto: le candele, i rami e le ceneri che si usano nei giorni indicati; e le corone, scapolari ed altri oggetti di devozione.  
          Dal punto di vista rituale, la consacrazione costitutiva di cose si distingue della benedizione costitutiva per l'uso del sacro crisma per ungere la cosa consacrata o dedicata. Il crisma si usa solamente nelle consacrazioni o dedicazioni ed appartiene alla sua essenza. Questa unzione implica che l'effetto della consacrazione supera l'effetto della benedizione in quanto è un segno più espressivo dell'impetrazione della Chiesa e si manifesta con maggiore autorità. 
 
I sacramentali invocativi:
          Le benedizioni invocativi non cambiano la natura delle persone od oggetti che li ricevono bensì chiedono che la benedizione e protezione di Dio discenda sulla persona o cosa benedetta, senza ritirarla dell'uso profano. Il libro del benedizionale contiene un gran numero di benedizioni per quasi tutti gli oggetti e circostanze; il cibo, case, automobili, etc. Queste benedizioni servono per rinforzare la fede della Chiesa nella bontà della creazione materiale.  

Gli esorcismi:
Gli esorcismi sono intimazioni fatte a Satana con l'autorità che la Chiesa ha ricevuto di Cristo per tale fine, e sono la manifestazione liturgica che il dominio che il Demonio ha esercitato sulle persone e le cose dalla caduta dell'uomo ha finito. Frequentemente il rituale romano anteriore al concilio faceva precedere l'esorcismo la benedizione di un oggetto, ma il rituale attuale l'ha conservato solo nei riti pre-battesimali.  
          Gli esorcismi o espulsioni del demonio propriamente dette, sia da una persona posseduta, sia da un luogo infestato dal demonio sono riti ed atti eccezionali riservati a sacerdoti specialmente autorizzati per tale funzione. In 1999 la Congregazione per il Culto Divino promulgò un nuovo rituale per gli esorcismi. 
La Morte del Cristiano:

Il Viatico e la Raccomandazione dell'anima:
          San Giustino ci mostra già che la comunione si portava ai malati, ma un rito di viatico che si distingue della comunione dei malati non si trova fino al secolo XII. Il viatico è il più importante degli atti col quale il cristiano si prepara per la morte e per quel motivo le diverse preghiere del Commendatio Animae furono aggiunti con l'oggetto fondamentale di chiedere che gli angeli ed i santi guidassero il moribondo al paradiso. Dal secolo XVI i Papi introdussero l'uso di concedere l'indulgenza plenaria in articolo mortis, e Benedetto XIV estese questo uso a tutti i cristiani e l'incorporò nel Rituale. Deve essere accompagnato per un invito alla contrizione, all'offerta dei dolori ed alla fiducia nei meriti di Cristo.
 
          Le funzioni funebri. 
          Le funzioni funebri degli antichi cristiani erano caratterizzate per una selezione tra le pratiche del mondo pagano. Alcune di esse, come i lamenti rituali, furono respinti, mentre altre furono accettate e trasformati, dotandoli di senso cristiano. Altri riti erano di origine cristiana, come la recitazione dei salmi davanti alla tomba. Lo spirito dei funerali cristiani era profondamente diverso di quello dei pagani, soprattutto perché i cristiani non attribuivano alle funzioni funebri un'importanza assoluta alla sopravvivenza del defunto e perché il cristiano ha la certezza della resurrezione. 
          Gli antichi avevano l'abitudine di celebrare banchetti funebri nel posto di sepoltura in certi giorni dopo la morte, il 3º o il 30º, e negli anniversari. All'inizio i cristiani seguivano questa abitudine ma senza il senso di un'offerta di alimenti al defunto. Dopo poco tempo, magari dal secolo II, sostituirono i banchetti con una celebrazione dell'Eucaristia per il defunto. Più tardi alla fine dell'IV secolo si trova l'uso di celebrare anche l'Eucaristia in occasione dei funerali, benché non arrivi ad essere  una pratica comune fino ad alcuni secoli più tardi.  
          Abbiamo evidenza che la liturgia Romana dei funerali sale al secolo VII. I documenti dimostrano che il modello basi delle esequie romane era abbastanza semplice ma riempito di senso pasquale. Il corpo era preparato, (lavato e messo nel feretro), in casa e dopo un breve rito di addio della casa, accompagnato dal salmo 96, era portato in processione alla chiesa per la liturgia funebre che generalmente consisteva in un ufficio di salmi, per esempio i salmi 4 e 41. Dopo si portava al cimitero a volte con alcuni canti e salmi, per esempio i salmi 14 e 50. Nel momento della sepoltura si intonava il canto pasquale del salmo 117 con l'antifona “Apritemi le porte della giustizia”. 
          Nei secoli seguenti, soprattutto per influsso gallicano e delle pratiche funebri dei monasteri, si aggiungono a questo schema basilare diversi altri riti, molto più elaborati. Soprattutto diventa comune la pratica di celebrare la messa, e non solo un ufficio, in occasione delle esequie. Si aggiungono altri riti come le incensazioni del corpo e l'aspersione con acqua santa. I testi usati in queste celebrazioni dimostrano un atteggiamento meno pasquale e più negativo davanti alla morte del rito romano antico. Passa allora di una visione sobria e pacifica della transizione dell'uomo ad una visione dolorosa e drammatica del giudizio davanti al tribunale di Dio e della necessità di implorare la misericordia di Dio. Così, nei funerali si omette la Gloria, l'alleluia, altre benedizioni e risposte gioiose, e si introduce il canto della sequenza Dies Irae, e l'assoluzione conclusiva della messa, vista come una purificazione del defunto. Questo senso dell'assoluzione si manifesta con elementi come la preghiera: “Non intres in iudicium...”, “Non tentare un processo contro il tuo servo, Signore perché nessun uomo può giustificarsi davanti a te, se tu non gli perdoni i suoi peccati...”, ed il responsorio “Liberami  Signore della morte eterna, in questo giorno tremendo...” 
          Molti di questi elementi furono incorporati nel Rituale Romano di 1614 benché contemporaneamente si facesse un sforzo per semplificare il rito e restituire alcuni degli elementi pasquali. Questo Rituale sta centrato totalmente nella preghiera per i defunto e non prevede nessuna preghiera per la famiglia del defunto né per altri vivi. Iniziava con la processione della casa del defunto alla chiesa preceduta per l'aspersione del corpo con acqua santa ed il canto dei salmi 129, “Dal profondo a te grido, Signore....”, e del Miserere. Arrivando alla chiesa si canta il Requiem aeternam e si tiene il ufficio e Messa funebre. La messa è l'atto centrale del rito delle esequie ed include il canto del Dies Irae, col suo ricordo del giudizio, e l'assoluzione finale. Tuttavia, include anche il canto delle antifone gioiose “In paradisum” e “Chorus angelorum”, mentre vanno in processione al cimitero. Arrivando al posto della sepoltura il sacerdote benedice la tomba, si prega il Benedictus con l'antifona “io sono la resurrezione e la vita”, seguito per il Kyrie ed il Padrenostro, durante il quale il sacerdote incensa ed aspersa di nuovo il feretro che dopo è collocata nella tomba con altre preghiere che concludono con quello “Riposi in pace”. Mentre si fa ritorno alla chiesa si prega di nuovo il salmo 129 "Dal profonda a te grido, Signore”, con l'antifona “Se prendi in considerazione le colpe Signore, chi potrà resistere”? 

          In 1969 si pubblicò un nuovo Rituale delle esequie cristiane. Nel nuovo Rituale si è cercato di arricchire il contenuto dottrinale dei riti per dare una visione più completa della dottrina cristiana sulla morte, specialmente sulla sua indole pasquale, (cf. SC 81). Perciò, nel nuovo rito, alcuni elementi come la sequenza Dies Irae sono stati omessi e l'assoluzione conclusiva è stata sostituita per un congedo. Un altro elemento nuovo è l'inclusione di preghiere per i parenti del defunto ed altri vivi e non esclusivamente per il defunto. Come in tutti i riti rinnovati si sono ampliati notevolmente le letture bibliche ed i formulari in modo che più facilmente potesse adattarsi alle circostanze della morte del defunto, (anziano, giovane, dopo una lunga malattia, ecc.). Si offre inoltre un rito speciale per le esequie dei bambini. Allo stesso tempo il rituale offre ampie possibilità alle Conferenze Episcopali di adattare i riti d’accordo con le tradizioni e le necessità della situazione locale. 
          Il rituale presenta tre modelli di esequie. Il primo, e più ampio, prevede tre possibili momenti: una veglia di preghiera nella casa del defunto, la Messa o liturgia funebre nella chiesa con l'ultima raccomandazione e congedo, e davanti alla tomba colla benedizione della tomba e la sepoltura. Il secondo modello prevede due momenti: una liturgia della parola e l'ultima raccomandazione in una cappella; poi segue la benedizione della tomba. Il terzo modello ha luogo nella casa del defunto: è specialmente adatto per posti dove esistono lunghe distanze tra la casa del defunto e la chiesa o dove il clima non permette di ritardare le sepolture. Consiste in una liturgia per la collocazione del corpo nel feretro ed una Messa o una liturgia della parola con l'ultima raccomandazione. Benché ancora é vigente la preferenza della Chiesa per la sepoltura dei cadaveri, tuttavia, in alcuni paesi dove per diversi motivi è frequente la pratica della cremazione, la Santa Sede ha dato permesso per sviluppare un rito funebre con la presenza dalle ceneri. Per portare a termine questo rito è necessario che il defunto non abbia chiesto la cremazione come un atto di disprezzo della dottrina cristiana della resurrezione dei morti.  
          I tre riti contengono gli stessi elementi. Un saluto ai parenti ed amici del defunto, come segno di consolazione e speranza. Una liturgia della parola, preferibilmente dentro la messa, con omelia e preghiera dei fedeli il tema centrale della quale è il mistero pasquale e la speranza della resurrezione. L'ultima raccomandazione che è il congedo col quale la comunità cristiana dà l'ultimo saluto ed onora uno dei suoi membri prima della sepoltura e con la speranza di tornare a vedere il defunto, chiedendo che gli angeli ed i santi l'accolgano nel paradiso.
            Durante il rito nella chiesa diversi simboli enfatizzano la dottrina cristiana della morte: la presenza del cero pasquale accanto al feretro ricorda la resurrezione e la vittoria di Cristo sul peccato e la morte. L'aspersione con l'acqua benedetta e l’incensazione durante il rito dell'ultima raccomandazione da una parte ricorda il Battesimo che per la prima volta simbolizza che il cristiano è morto al peccato e risuscitato alla vita con Cristo, e il rito dell'incensazione del corpo rende l'ultimo onore al corpo che pure è stato santificato grazie all’Incarnazione del Verbo Divino. Possono usarsi altri simboli cristiani sul feretro come la croce ed il libro sacro che indicano che il cristiano ha seguito la parola in unione con Cristo crocifisso. Come colori liturgici può usarsi il viola o il bianco e, benché non sia oramai molto comune, l'uso del colore nero si permette ancora. L'elezione dei colori dovrebbe esprimere la speranza cristiana ma senza essere offensivi al senso naturale del dolore umano.

[1] Bibliografia di base per il tema: <<<5 >>> J. Abad Ibañez - M. Garrido Bonaño, Iniciación a la liturgia de la Iglesia>>>, pp. 607-660; <<<290 >>> A. Chupungco (ed.), Scientia liturgica. Manuale di liturgia, IV>>>, pp. 317-418; <<<231 >>> J. Llopis, Exequias, en D. Borobio, La Celebración en la Iglesia 3, Sígueme, Salamanca 1992, pp. 745-760>>>; <<<20 >>> A.G. Martimort (ed.), La Iglesia en Oración>>>, pp. 779-886; <<<260 >>> M. Righetti, Storia liturgica IV>>>, pp. 473-554; <<<33 >>> C. Vagaggini, El sentido teológico de la liturgia>>>, pp. 89-101 <<<29 >>> Vv. Aa., Anàmnesis 7, I sacramentali e le benedizioni, Marietti, Casale Monferrato 19922>>>.
[2] C. Vagaggini, Il senso teologico della liturgia, 98


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