Nell’epoca contemporanea, l’arte[1] e la letteratura
artistica hanno sovente trascurato di affrontare, rispettivamente nella pratica
e nella teoria dell’arte, le ricchissime possibilità dell’arte sacra,
trascurandone o sminuendone la portata;
l’arte sacra, destinata a servire il “sacro culto” e il “sacro rito” nei
“sacri luoghi” (e in questo —come vedremo— specificatamente distinta dalla più
generica arte religiosa di cui costituisce la “vetta”), pur essendo “ancorata”
a realtà persistenti, viene confinata
nel passato, come mero fenomeno “storico”.
Nella contemporaneità, dunque, sembra essersi interrotta la millenaria
collaborazione tra la casa di Pietro[2] e gli artisti;
proprio dalla parte di Pietro è provenuto, però, il richiamo a una rinnovata
“alleanza”. Alla chiusura del Concilio
Vaticano II, i Padri si rivolgono anche agli artisti: “Ora a voi tutti,
artisti, [...] Oggi, come ieri, la Chiesa ha bisogno di voi e si volge verso di
voi. Essa vi dice con la nostra voce: lasciate che non si rompa un’alleanza tra
le più feconde! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo!”[3].
Questo appello, seguito da altri, numerosi,
pronunciati da Paolo VI e da Giovanni Paolo II, sembra non aver avuto una
risposta adeguata da parte degli artisti, sicuramente non una risposta corale.
La Chiesa, luogo privilegiato della esaltazione del bello come manifestazione
di Dio, non viene più considerata principale destinatario delle opere
d’arte. Se concretamente molti artisti e
architetti partecipano ai concorsi indetti dalla Chiesa, o di fatto lavorano
per la Chiesa, non per questo mi sembra si possa dire che rispondano, tutti, a
quell’appello. Ovvero ciò che manca, è proprio un’arte peculiarmente sacra, che
cerchi cioè di “servire” la Chiesa, di rispondere con lo spirito allo Spirito.
Manca una ricerca, pratica e teorica, totalmente rivolta al culto e al rito, i
quali vengono, più spesso, lasciati alla tecnologia ergonomica del design.
L’arte sacra rimane una zona confusa, in cui spesso
vengono radunate caoticamente opere che in qualche modo esprimono una certa
ansia metafisica, magari negandone proprio l’originario principio fondante.
Eppure gli artisti continuano a essere chiamati a
servire la Chiesa, nella Chiesa. Tale servizio, a mio avviso, comincia proprio
con il chiarimento di cosa sia l’arte sacra, con una sua necessaria distinzione
dalla più generica arte religiosa, e con la rivendicazione di una sua attuale
vitalità.
Mio intento è porre qualche cenno proprio in ordine
a questo chiarimento, il quale può essere condotto a partire, innanzitutto,
dalla lettura delle indicazioni contenute nei documenti conciliari. La
Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia (Sacrosanctum Concilium[4]) contiene infatti precise indicazioni relative all’arte sacra,
indicazioni che Paolo VI in un discorso
agli artisti del 1964 ha voluto definire “patto di riconciliazione e di
rinascita dell’arte religiosa, in seno alla Chiesa cattolica”[5].
Per una riflessione sull’arte finalizzata a una
migliore identificazione del ruolo dell’artista nella Chiesa, credo possa
essere produttivo rivolgersi al pensiero di San Tommaso d’Aquino, che consente,
con grande chiarezza, di precisare il rapporto dell’artifex umano nei confronti dell’Artifex divino, rapporto che passa “necessariamente” attraverso la
visione della realtà creata.
Credo anche possa risultare utile riflettere su
“quale” forma artistica possa meglio rispondere alle necessità di una arte sacra cattolica; considerata
infatti la libertà di stili artistici accettata dalla Chiesa[6], bisogna comunque
considerare “come” l’arte possa servire al meglio “con la dovuta reverenza e il
dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti”[7]. È possibile
argomentare una maggiore capacità di
rispondenza a tale necessità da parte dell’arte realistica figurativa. Essa,
infatti, riesce a servire adeguatamente il culto cattolico, perché si fonda
sulla realtà creata e redenta, e,
proprio confrontandosi con la realtà, riesce a evitare gli opposti
scogli de “l’eccessivo realismo da una parte e l’esagerato simbolismo
dall’altra”[8], che sono
eguali tradimenti della realtà creata.
di Rodolfo Papa
[1] Con “arte” intendo riferirmi alle «arti belle»,
salvo diverse ed esplicite specificazioni, introdotte, per non appesantire il
testo, solo dove fosse necessario alla comprensione; intendo dunque fare
riferimento a ciò che oggi viene genericamente inteso con la parola arte: ovvero pittura, scultura, musica,
.... (anche se il mio interesse teorico è particolarmente rivolto alla sola
pittura).
[2] “Noi siamo lieti e onorati
che ci si offra una felice occasione per assicurarvi che l’antica e
tradizionale simpatia umanistica, di cui gli artisti hanno goduto in questa
casa di Pietro, dove l’Ineffabile ha domicilio, non è spenta, anzi rianimata da
nostalgico amore e rinascente amicizia” Paolo
VI, Il Papa inaugura una mostra su
S. Paolo (8 ottobre 1977), in Insegnamenti
di Paolo VI, Città del Vaticano 1977, XV, pp. 920-21.
[3] Così nel messaggio dei
Padri Conciliari rivolto agli artisti, l’8 dicembre 1965, a chiusura del
Concilio Ecumenico Vaticano II. Gli artisti sono, significativamente, inclusi
nei sette destinatari dei Messaggi della Chiesa al Mondo, accanto ai
governanti, agli intellettuali, alle donne, ai lavoratori, ai poveri e agli
ammalati, ai giovani.
[5] Paolo VI, significativamente,
aggiungeva: “Ripeto, il nostro atto è firmato. Spetta a voi, la controfirma” Paolo VI, Incontro con gli artisti (7 maggio 1964), in Insegnamenti di Paolo VI, Città del Vaticano 1964, pag. 316.
[6] “La Chiesa non ha mai avuto
come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l’indole e le
condizioni dei popoli e le esigenze dei vari Riti, ha ammesso le forme
artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro
artistico da conservarsi con ogni cura” SC,
123.
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