Partiamo dall’esordio del capitolo VII di SC, dedicato interamente all’arte sacra e alla sacra suppellettile.
“Fra le più nobili attività dell’ingegno umano sono, con pieno diritto,
annoverate le arti liberali, soprattutto l’arte religiosa e il suo vertice,
l’arte sacra”[1].
Un primo nodo teorico da affrontare è dunque
costituito dalla collocazione dell’arte sacra nella cultura delle arti
liberali: il Concilio Vaticano II, infatti, sembra rispondere affermativamente
alla aspirazione di riconoscimento culturale che per secoli ha animato gli
artisti. In particolare nel corso del Rinascimento gli artisti rivendicano la
collocazione delle arti figurative entro le arti liberali, comprendendo che ciò
dipende dal loro saper esibire un carattere conoscitivo profondo,
razionale. Leonardo, per esempio,
rivendica tale carattere per la pittura, la quale può vantare, rispetto alla
scultura, una maggiore distanza dalla materia e un maggiore impiego del
“discorso”[2].