Se si prende in considerazione la
prima metà del secolo XX,
la situazione che si presenta è di incomprensione e di polemica aperta. Da una
parte la Chiesa si colloca in una posizione di chiusura rispetto alle novità e
di difesa delle forme tradizionali, si sente tradita e non più compresa dalle
arti e dagli artisti più innovativi. Dall'altra, le arti e gli artisti
rivendicano una assoluta libertà, accentuano l'autonomia da qualsiasi mondo di valori,
teorizzano la provocazione, il rifiuto della tradizione, il distacco volontario
nei confronti del grande pubblico
La necessità di rinnovare
radicalmente linguaggi e impostazione è espressione propria delle avanguardie
storiche, in sintonia con le fratture filosofiche caratteristiche dei primi tre
decenni del nostro secolo. Esse, a questo scopo, hanno ritenuto indispensabile
prendere le distanze dalle forme di espressione artistica, dalle istituzioni formative,
dai riferimenti e dalle fonti di ispirazione tradizionali
In questo contesto molti artisti
hanno visto nella Chiesa la principale avversaria della modernità, in quanto la
massima tra le istituzioni arroccata nella conservazione dei valori della
tradizione. E’ bene ricordare, tuttavia, che, nonostante il clima fortemente polemico,
anche in Italia, da ambo le parti non sono mai mancate persone, gruppi e istituzioni
che, sia pure in posizione isolata e fortemente minoritaria, hanno tenacemente continuato
a credere alla possibilità del dialogo e della comprensione reciproca, senza rinunciare
né al legame con la tradizione né alle sfide dei tempi nuovi.
In sintesi, nella prima metà del
secolo, in Italia, il dialogo tra la Chiesa e gli artisti, che per secoli è
stato fiorente, è stato fortemente messo in crisi, fino a giungere alle soglie
della rottura. Là dove il dialogo è stato mantenuto, ha comunque incontrato molte
difficoltà.
Sussidio dell'Ufficio nazionale per i beni
culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana
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