Tomás H. Jerez

martes, 25 de enero de 2011

LITURGIA È LA FONTE PRIMARIA NELLA QUALE CI VIENE COMUNICATA LA VITA DI DIO

1. È ormai giunta l’ora di porre fine a questa seconda fase del Concilio Ecumenico Vaticano II.

2. Già da lungo tempo, vigilantissimi Pastori, mancate dalle vostre proprie sedi, dove l’adempimento del sacro ministero esige la vostra presenza, la vostra consulenza, la vostra alacrità; già pesante, onerosa e prolungata è divenuta la fatica che avete sostenuto durante il tempo di questo Concilio, sia per le cerimonie religiose, sia per gli studi, sia per le adunanze; già siamo entrati nei sacri giorni dell’Avvento, con i quali i nostri animi si preparano a celebrare degnamente il ricordo del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, che ritorna ogni anno sempre solenne, sempre meraviglioso, sempre piissimo; né in questo atteso periodo dell’anno alcuno di noi può dedicarsi ad altri pensieri, anche se eccelsi e santi, se non alla celebrazione di quell’ineffabile mistero per cui il Verbo di Dio si è fatto carne; né alcuno di noi può officiare questi sacri riti in altra sede, per quanto nobile e venerabile, se non in quella che la provvidenza di Dio ha affidato a ciascuno di noi, o una data Chiesa, o una data comunità, o un dato incarico sacerdotale o Pastorale.

3. Bisogna dunque che interrompiamo un’altra volta la serie di queste importantissime adunanze sinodali; bisogna che ci diamo e ci scambiamo saluti fraterni e pacifici; bisogna che di nuovo sperimentiamo il venire e il passare degli eventi che il tempo produce e assorbe, bisogna che ci separiamo, dopo che abbiamo goduto di giorni e di avvenimenti, conversando quasi come fratelli di argomenti sublimi.

4. Non vogliamo però che ciò avvenga prima che rendiamo grazie a Dio per i benefici che ci ha concessi in questo spazio di tempo e in questa occasione. Né possiamo tralasciare di manifestare la Nostra riconoscenza a coloro che sono intervenuti a questa tappa del Concilio Vaticano ed hanno concorso in qualunque modo al suo felice esito. Vogliamo esprimere un Nostro particolare sentimento di gratitudine ai Padri del Concilio Ecumenico, al Consiglio di Presidenza, alla Commissione "per il coordinamento dei lavori del Concilio", ai Moderatori; e in modo speciale alla cosiddetta Segreteria Generale, alle varie Commissioni così chiamate, ai Periti, a coloro che per far conoscere questo nostro lavoro si sono prestati o comunicando le notizie a mezzo stampa o diffondendone le immagini con la televisione; a quelli che hanno preparato e adattato la Basilica Vaticana alle esigenze del Concilio; e ancora a coloro che hanno contribuito a dare ospitalità e a coadiuvare nei vari servizi i Padri Conciliari. È gradito infine rivolgere un distinto ringraziamento a quei Padri che o hanno permesso con i loro contributi la conveniente organizzazione di questo evento, o sono venuti in aiuto ai Fratelli nell’Episcopato indigenti, o sono venuti incontro alle ingenti necessità della Chiesa, o hanno soccorso le persone colpite dalle recenti calamità.

5. Prima di concludere questi nostri lavori non sarebbe fuori luogo riassumerli brevemente e puntualizzare quale fu la loro trafila, quali sono stati i risultati. Questo però sarebbe troppo lungo, e al tempo stesso non permetterebbe di esporre tutto in dettaglio; in verità molti elementi di questo Concilio rientrano nell’ambito della grazia, in quella sfera interiore alla quale non è sempre facile l’accesso. Si aggiunga che molti frutti dei lavori non sono ancora giunti a maturazione, ma, non diversamente dei semi affidati ai solchi, aspettano un loro vero e salutare sviluppo sia dal tempo avvenire sia dall’aiuto divino.

6. Tuttavia, perché non sembri che ce ne andiamo da questa sacra sede del Concilio Ecumenico immemori dei divini benefici che sono scaturiti da questo avvenimento, è con estremo piacere che constatiamo anzitutto che il Concilio ha felicemente raggiunto, almeno in parte, qualcuno degli scopi ai quali mirava. Infatti, se la Chiesa si era proposta di arrivare ad una coscienza ed una nozione più piena di se stessa, ora di fatto tra i Pastori e i Maestri è stato avviato un’imponente riflessione sul mistero dal quale la Chiesa ha tratto la sua origine e la sua conformazione. Quest’indagine però non è stata ancora condotta a termine; ma la difficoltà di concludere l’esame già dimostra a sufficienza la profondità e l’ampiezza di tale dottrina, e stimola noi tutti a riunire insieme i tentativi e le forze per comprenderla ed adeguatamente esprimerla. Simili tentativi hanno sicuramente questo di vantaggioso, che indirizzano necessariamente le menti nostre, e dei nostri fedeli che avessero seguito con attenzione le nostre sessioni, a Cristo, dal quale tutto proviene ed al quale tutto vogliamo riportare: "riconciliare in lui tutte le cose" (Col 1,20 Vlg); fanno anche sì che non solo si accresca la nostra gioia per la nostra appartenenza al Corpo mistico di Cristo, ma anche che sia ravvivata la nostra mutua carità, dalla quale tutta la vita della Chiesa è permeata e governata. Rallegriamoci, Venerabili Fratelli! Quando mai come ora la Chiesa ha acquisito una così piena coscienza di se stessa, ha amato Cristo con amore così intenso, ha cercato di imitare Cristo con volontà così gioiosa, così concorde, così dinamica, e si è infine fatta così sollecita della missione a lei affidata? Rallegriamoci, Venerabili Fratelli! Abbiamo infatti imparato a conoscerci ed a dialogare tra di noi. Noi che prima eravamo convenuti qui quasi come estranei l’uno all’altro, ora siamo legati da vincoli di amicizia. Non abbiamo forse sperimentato quanto siano veritiere quelle bellissime parole di San Paolo, con le quali viene appunto descritta la Chiesa: "Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù" (Ef 2,19-20)? Non è forse legittimo intravvedere già ora il futuro progresso delle leggi canoniche dalle quali è retta la Chiesa? Questo progresso pensiamo che non possa vertere su altro che sul riconoscere al massimo ai singoli membri della Chiesa ed alle singole cariche la dignità di responsabile e sull’attribuire una più ampia facoltà di agire; e poi nel rafforzare sempre più la sacra potestà per la quale la compagine dell’intera comunità cattolica rimane stabile nei diversi gradi della gerarchia; e questo come per una spinta ricevuta dall’interno: cioè per l’incremento dell’amore, della concordia e del reciproco rispetto. Bisogna dunque considerare questo Concilio un avvenimento certamente grande e un dono inestimabile fatto da Dio alla sua Chiesa, dal momento che i nostri animi si infiammano così veementemente a questi pensieri, a questi propositi.

7. Se poi volgiamo la Nostra mente ai lavori del Concilio, ecco che si presenta un nuovo motivo di gioia, perché nell’espletarli voi avete avuto un ruolo così continuo, così assiduo, così attivo. Questa Basilica Vaticana, nella quale è confluita l’affollata e veneranda moltitudine di tutti noi, ha offerto ancora una volta uno spettacolo eccezionale, il quale spettacolo ha ricolmato i nostri animi di ammirazione, di pietà e di gioia soprannaturale. Siamo stati anche molto contenti di aver notato qui presenti gli onorevoli Osservatori, i quali, accogliendo così gentilmente il Nostro invito, hanno seguito i lavori del Concilio. Ci sono stati causa di paterno conforto anche gli Uditori, che silenziosamente ma con animo rispettosissimo hanno preso parte alle vostre adunanze; questi figli a Noi carissimi sono i rappresentanti di quell’innumerevole moltitudine di cattolici nello stato laico che collaborano con le autorità gerarchiche della Chiesa nell’estendere il Regno di Dio. In quest’aula e in quest’ora solenne ogni elemento significa qualcosa di arcano; ogni cosa quasi parla, insomma ogni cosa innalza gli animi degli astanti a contemplare le realtà celestiali ed ad alimentare una speranza superiore.

8. Né da minore compiacenza siamo pervasi se consideriamo il metodo e l’itinerario che il Concilio ha seguito fino a questo giorno.

9. Dobbiamo anche qui rilevare un duplice modo di procedere, considerando che l’attività del Concilio è stata assai laboriosa e del tutto libera nell’esporre i diversi pareri. A Noi pare che questo duplice merito sia veramente da valutare al massimo, perché è stata la nota caratteristica di questo Concilio Ecumenico, e sarà un duraturo modulo di esempio per i posteri. Su questa via procede la Chiesa ai giorni nostri, nei quali si trova in un impegno globale e ad un punto cruciale della sua azione; azione che è estremamente energica e si sviluppa spontaneamente.

10. Se poi sono state numerose, varie e persino anche contrastanti le opinioni che sono state udite nel Concilio, ciò non toglie nulla al nostro compiacimento; questo anzi dimostra con evidenza che gli argomenti delle sessioni sono stati profondi e di eccezionale importanza e che, come abbiamo detto prima, sono stati trattati con la dovuta libertà.

11. Del resto, questa discussione appassionata e complessa non è stata affatto senza un frutto copioso: infatti quel tema che è stato prima di tutto affrontato, e che in un certo senso nella Chiesa è preminente, tanto per sua natura che per dignità - vogliamo dire la sacra Liturgia - è arrivato a felice conclusione, e viene oggi da Noi con solenne rito promulgato. Per questo motivo il Nostro animo esulta di sincera gioia. In questo fatto ravvisiamo infatti che è stato rispettato il giusto ordine dei valori e dei doveri: in questo modo abbiamo riconosciuto che il posto d’onore va riservato a Dio; che noi come primo dovere siamo tenuti ad innalzare preghiere a Dio; che la sacra Liturgia è la fonte primaria di quel divino scambio nel quale ci viene comunicata la vita di Dio, è la prima scuola del nostro animo, è il primo dono che da noi dev’essere fatto al popolo cristiano, unito a noi nella fede e nell’assiduità alla preghiera; infine, il primo invito all’umanità a sciogliere la sua lingua muta in preghiere sante e sincere ed a sentire quell’ineffabile forza rigeneratrice dell’animo che è insita nel cantare con noi le lodi di Dio e nella speranza degli uomini, per Gesù Cristo e nello Spirito Santo.

12. Non possiamo qui passare sotto silenzio quanto sia in onore il culto divino presso i cristiani della Chiesa orientale, e con quale accurata diligenza sia osservato; per quei fedeli la sacra Liturgia è sempre stata una scuola di verità ed una fiamma di carità cristiana.

13. Sarà dunque utile far tesoro di questo risultato del nostro Concilio, come di quello che deve animare e in un certo senso caratterizzare la vita della Chiesa; la Chiesa infatti è soprattutto società religiosa, è comunità orante, è popolo rigoglioso di onestà di coscienza e di amore alla religione, cose che sono alimentate dalla fede e dalla grazia soprannaturale. Se ora abbiamo semplificato qualche forma del culto perché sia meglio compresa dai fedeli e sia più consona alla mentalità contemporanea, non è certo Nostra intenzione dare meno importanza al pregare, né posporlo agli altri impegni del sacro ministero e dell’azione pastorale, né sottrarre qualcosa alla sua forza espressiva e all’eleganza dell’arte antica; bensì ricuperare la sacra Liturgia primitiva, affinché sia più aderente alle caratteristiche proprie della sua natura, sia più vicina alle sue fonti di verità e di grazia, e si traduca più facilmente in spirituale tesoro del popolo.

14. Perché ciò avvenga felicemente, non vogliamo che nessuno vada contro le regole delle preghiere pubbliche della Chiesa, introducendo modifiche private o riti personali; non vogliamo che nessuno si arroghi il potere di applicare a suo arbitrio la Costituzione sulla Sacra Liturgia che oggi promulghiamo, prima che in merito siano divulgate norme opportune e fisse e siano legittimamente approvati i mutamenti che avranno predisposto le Commissioni da istituire appositamente dopo il Concilio. Questa nobile preghiera della Chiesa risuoni con voce concorde in tutto il mondo: nessuno la turbi, nessuno la violi.

15. Un altro frutto, e di non poco peso, del nostro Concilio è il Decreto sui cosiddetti strumenti di comunicazione sociale, che apertamente attesta che la Chiesa gode della capacità di collegare la vita esteriore a quella interiore, l’azione alla contemplazione, l’apostolato alla preghiera. Anche in questo settore il nostro Concilio farà sì che siano correttamente usufruite e potenziate molte impostazioni e forme di attività che, tanto come strumenti che come documenti, già servono nel mondo intero sia all’esplicazione del ministero pastorale che ad ogni industriosità dei cattolici.

16. Sono poi da annoverare tra i frutti del Concilio anche parecchie facoltà che, assecondando il fine pastorale del Concilio stesso, abbiamo voluto attribuire alla competenza dei Vescovi, soprattutto a quelli che godono di giurisdizione ordinaria.

17. Ma questo non è ancora tutto. Il Concilio è stato indefessamente all’opera e, come ben sapete, ha incominciato a discutere di molte questioni, le cui soluzioni si deve dire che sono già tutte contenute in schemi elaborati che, dopo il dibattito sul relativo argomento, a suo tempo saranno definitivamente proposti e legalmente promulgati.

18. Restano da esaminare e da sottoporre nuovamente a discussione altri problemi, che speriamo poter condurre a felice esito nella prossima terza Sessione, cioè quella che avrà luogo nell’autunno dell’anno venturo. Non però che ci dispiaccia tenere gli animi occupati nel riflettere a lungo su cose tanto gravi. Confidiamo che in questo intervallo di tempo le Commissioni, alle quali incombe il compito e nel cui aiuto attuale riponiamo grande speranza, tenendo presenti le opinioni manifestate dai Padri del Concilio specialmente nelle Congregazioni generali, possano preparare per le future riunioni del Concilio formule studiate a fondo, espresse in termini precisi, opportunamente condensate ed abbreviate, cosicché le discussioni, che vogliamo siano sempre libere, procedano più facili e più spedite.

19. Di questo genere è, per fare un esempio, la questione della divina Rivelazione, che il Concilio esaurirà in modo tale che da una parte difenda il sacro complesso delle verità ricevute da Dio contro gli errori, gli abusi, i dubbi dai quali viene compromesso il loro valore soggettivo, dall’altra indirizzi rettamente gli studi sulla Bibbia, sulle opere dei Padri e sulla scienza teologica, che gli eruditi cattolici promuoveranno attivamente, prudentemente e fiduciosamente, aderendo fedelmente al magistero della Chiesa ed usando qualunque adeguato sussidio moderno.

20. Di tal genere similmente è anche la grande e complessa questione dell’Episcopato, che, sia per la logica disposizione degli aspetti da trattare, sia per l’importanza dell’argomento in sé, occupa il primo posto in questo Concilio Ecumenico Vaticano II, che non possiamo ignorare essere come la naturale continuazione e il compimento del Concilio Ecumenico Vaticano I. Questo nostro Concilio, non contrastando ma confermando le prerogative derivate da Cristo e riconosciute al Sommo Pontefice, e munite di ogni autorità necessaria al governo della Chiesa universale, cercherà di porre in luce la natura e la funzione dell’Episcopato volute da Dio, secondo la dottrina di Nostro Signore Gesù Cristo e l’autentica tradizione ecclesiastica, e di stabilire quali siano i suoi poteri e il loro esercizio quanto ai Vescovi considerati sia singolarmente che nell’insieme; in maniera che sia degnamente illustrato l’altissimo ministero episcopale nella Chiesa di Dio, non come se si trattasse di una istituzione autonoma, indipendente dal Sommo Pontificato di Pietro, e tanto meno ad esso contrapposto, ma rivolto, concordemente con esso e sotto di esso, al bene comune ed al fine supremo della Chiesa. Avverrà così che dall’incremento delle forze la composizione gerarchica della Chiesa sarà rinvigorita, non indebolita; la collaborazione interiore sarà aumentata, non sminuita; l’efficacia apostolica sarà accresciuta, non affievolita; la mutua carità sarà fervente, non ristagnante. Siamo perciò fiduciosi che il Concilio - così si spera - pienamente chiarisca e porti a compimento una cosa di tanto grande importanza.

21. Speriamo infine che il Concilio fornirà la migliore soluzione possibile alla questione dello schema sulla Beata Vergine Maria, in modo cioè che con unanime consenso e somma devozione sia riconosciuta la posizione di gran lunga preminente che è propria della Madre di Dio nella Santa Chiesa, della quale si parla principalmente in questo Concilio; vogliamo dire il posto dopo Cristo, altissimo eppure straordinariamente vicino a noi, cosicché possiamo insignirla del titolo di "Madre della Chiesa"; e questo avvenga ad onore di lei ed a nostro conforto.

22. Oltre a queste questioni, che il Concilio ha brevemente toccato, al Concilio ne restano ancora molte altre da trattare, sulle quali però è già stato ampiamente discusso. Noi cureremo di farle ancora esaminare più accuratamente, perché alla prossima sessione del Concilio si possano presentare schemi più brevi, come sopra abbiamo detto, e proposti in modo che il Concilio possa esprimere il suo parere senza troppe difficoltà, e poi trasmetterli per l’interpretazione e la conversione in forma di regolamenti alle Commissioni da istituire dopo il Concilio; tra le quali Commissioni, dovrà senz’altro affrontare la mole più pesante di lavori quella che avrà l’incarico di redigere i nuovi Codici sia della Chiesa Latina che della Chiesa Orientale. Allora, cioè nell’accingersi a questi lavori del Concilio, i Vescovi presteranno la loro preziosissima collaborazione, in forme nuove, quali richiederanno tanto l’occorrenza quanto la struttura della compagine ecclesiastica. Sarà dunque conveniente e a Noi graditissimo scegliere tra i Vescovi di tutto il mondo e tra gli Ordini religiosi i Fratelli più competenti ed esperti, così come è stato fatto per le Commissioni preparatorie del Concilio, perché Ci aiutino con il consiglio e con l’opera, insieme a Padri idonei del Sacro Collegio, a tradurre in normative opportune e particolareggiate i decreti generali del Concilio. Così, sempre ferma restando la potestà del Romano Pontefice definita dal Concilio Ecumenico Vaticano I, la prudenza e l’esperienza Ci suggeriranno, auspice Dio provvidentissimo, come possa essere reso più efficace il pio e faticoso lavoro dei Vescovi per promuovere il bene di tutta la Chiesa.

23. Perciò, mentre concludiamo questa sessione del Concilio Ecumenico, rileviamo volontieri che essa, tutto sommato, ha avuto un valore positivo. Essa ha compiuto un grande lavoro; ha esaurito alcuni dei temi prestabiliti; ha bene avviato la trattazione degli altri argomenti proposti; ha attestato che le diverse opinioni possono essere liberamente espresse; ha dimostrato che la concordia degli animi sulle questioni della massima importanza di cui si discute è desiderabile e possibile; ha rivelato che tutti aderiscono fermamente e apertamente alle verità dogmatiche che appartengono al tesoro della dottrina cattolica; ha alimentato in noi tutti la carità, che in noi non deve mai essere disgiunta dallo studio e dalla professione della verità; ha avuto sempre presenti le finalità del Concilio riguardanti i compiti dei sacri Pastori; non ha mai tralasciato di adottare metodi ed espressioni che ci conciliassero gli animi dei fratelli separati; finalmente, in tutti i suoi lavori, ha supplicato con preghiere Dio, fonte e principio di ogni buona speranza.

24. Ma al contempo, raggiunto il termine di questa sessione, vediamo più concretamente quello che ancora resta da fare, ed insieme sentiamo più intensamente nei nostri animi che non possiamo non fare in modo di rendere la Chiesa più idonea a portare agli uomini contemporanei il messaggio della verità e della salvezza.

25. Né la nostra sollecitudine si è distolta dalle condizioni dei tempi presenti, né si è affievolita la nostra fiamma di carità con cui abbracciamo il genere umano. E ciascuno alimenterà con cura nel suo animo questa più ardente sequela della carità quando tornerà alla sua sede e alle sue mansioni consuete.

26. Prima ancora che questa grandiosa assemblea affronti i problemi dell’apostolato sacro, noi tutti già sappiamo, si può dire, come essi vanno risolti; infatti sia l’insegnamento della Chiesa, notevole per ricchezza e per chiarezza, sia gli esempi dei Fratelli migliori ci hanno già indicato la strada da seguire. Rientrati nella vostra patria, non potreste già ora dare saggi di una più attiva virtù pastorale, rivolgendo parole esortative e consolatorie ai vostri fedeli e a tutti coloro che la vostra sacra missione può raggiungere? Non potremmo fin d’ora, quasi per preparare degnamente la prossima sessione del Concilio, coltivare con maggiore applicazione la nostra vita spirituale e prestare orecchi più attenti alla voce di Dio? Non potreste portare al vostro clero un messaggio di carità più accesa? Indirizzare ai laici un saluto ed esortazioni piene di fiducia? Incitare la gioventù a mete più alte? Offrire alle persone colte qualche bagliore di verità? Dare agli operai e ai lavoratori una testimonianza di speranza e di amore? Spiegare ai poveri ed agli indigenti che soprattutto ad essi si riferisce la prima beatitudine Evangelica?

27. Siamo persuasi che questa pratica più diligente del ministero sacro ci può rendere capaci a fare in modo che, a Dio piacendo, questo grande Concilio si converta in frutti salutari di vita cristiana.

28. Piace adesso aggiungere qualcosa per comunicarvi un proposito che già da tempo abbiamo in animo ed abbiamo deciso di manifestare oggi, in questa distintissima e autorevolissima assemblea.

29. Siamo così convinti che per ottenere un buon esito del Concilio si devono elevare pie suppliche, moltiplicare le opere, che, dopo matura riflessione e molte preghiere rivolte a Dio, abbiamo deliberato di recarCi come pellegrino in quella terra, patria del Signore Nostro Gesù Cristo.

30. È perciò nostro intendimento nel prossimo mese di gennaio andare, con l’aiuto di Dio, in Palestina, dove Cristo nacque, visse, morì e risorto da morte salì al cielo, con l’intenzione di rievocare di persona i principali misteri della nostra salvezza, cioè l’Incarnazione e la Redenzione. Vedremo quella terra veneranda, di dove San Pietro è partito e nella quale nessun suo Successore è mai tornato. Ma Noi umilissimamente e per brevissimo tempo vi ritorneremo in spirito di devota preghiera, di rinnovamento spirituale, per offrire a Cristo la sua Chiesa; per richiamare ad essa, una e santa, i Fratelli separati; per implorare la divina misericordia in favore della pace, che in questi giorni sembra ancora vacillante e trepidante; per supplicare Cristo Signore per la salvezza di tutta l’umanità. Preghiamo la Beatissima Vergine Maria che sia guida al cammino; gli Apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi ci assistano benignamente dall’alto.

31. Come Noi ci ricorderemo di voi in quel piissimo pellegrinaggio, così chiediamo a voi, Venerabili Fratelli, di accompagnarCi con le vostre preghiere affinché questo Concilio giunga a buon fine, a gloria di Cristo e per il bene della sua Chiesa.

32. Ringraziamo e salutiamo tutti; esterniamo anche l’animo riconoscente e rispettoso agli Osservatori, e lo stesso esprimiamo ai cari Uditori e a tutti quelli che hanno supplicato Dio per il Concilio e vi hanno lavorato.

33. Il Nostro pensiero amorevole ma triste corre anche soprattutto ai Nostri Fratelli nell’Episcopato assenti e posti nella tribolazione, che con somma gioia avremmo voluto abbracciare e le cui preghiere, rese più preziose dalle sofferenze, hanno contribuito con tanta efficacia - ne siamo sicuri - al favorevole svolgimento dei lavori di questa seconda sessione. Onorandoli con paterno ricordo e incoraggiandoli a perseverare con fermezza nella fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, li benediciamo con particolare affetto. Del pari impartiamo ben volentieri a tutti i fedeli della comunità cattolica e a coloro che sono illuminati dalla luce di Cristo Redentore la Benedizione Apostolica, propiziatrice di doni celesti; per tutti gli uomini dotati di buona volontà invochiamo poi ogni prosperità ed ogni bene (AAS 56 (1964), pp. 31-40).

Solenne chiusura della seconda sessione del Concilio
Allocuzione del Santo Padre Paolo VI
Mercoledì, 4 dicembre 1963

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