INTRODUZIONE
1. L'adeguamento delle chiese, segno di fedeltà al Concilio
La presente Nota pastorale viene pubblicata per ribadire che l'adeguamento liturgico[1] delle chiese è parte integrante della riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II: perciò la sua attuazione è doverosa come segno di fedeltà al Concilio. L'adeguamento delle chiese non si può considerare un adempimento discrezionale né lo si può affrontare secondo modalità del tutto soggettive. La fedeltà al Concilio comporta adesione convinta agli obiettivi, ai criteri e alla disciplina che autorevolmente ne guidano l'attuazione su scala nazionale, in comunione con la Chiesa universale.
In particolare, la Costituzione Conciliare sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium (1963) ha stabilito, tra l'altro,[2] che "nella costruzione degli edifici sacri ci si preoccupi diligentemente della loro idoneità a consentire lo svolgimento delle azioni liturgiche e la partecipazione attiva del fedeli" (n.124). Successivamente, per dare attuazione concreta alla Costituzione Conciliare sono stati emanati diversi documenti[3] che danno disposizioni specifiche per l'adeguamento delle chiese alla riforma liturgica. La Conferenza Episcopale Italiana, da parte sua, in riferimento a questo tema, ha emanato alcuni documenti[4].
Le norme che abbiamo richiamato, e che la presente Nota pastorale intende organicamente riproporre, richiedono l'adeguamento del presbiterio (altare, ambone, sede), della navata (posti del fedeli, posto del coro e dell'organo) e di altri luoghi celebrativi (battistero, penitenzieria, luogo della custodia eucaristica).
Si intende inoltre sottolineare la necessità che si passi in modo graduale dalle soluzioni provvisorie a quelle definitive e che, nell'adeguamento liturgico, si proceda con prudenza per evitare danni al patrimonio storico e artistico.
2. Urgenza, complessità, interesse generale del problema
L'adeguamento liturgico delle chiese, che nel nostro Paese presenta tuttora carattere di urgenza, comporta implicazioni di interesse generale ed è particolarmente complesso.
A distanza di trent'anni dalla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II occorre innanzitutto porre termine alla stagione della provvisorietà, spesso interpretata come sinonimo di improvvisazione e di casualità e quindi fonte di gravi disagi dal punto di vista celebrativo, estetico ed educativo. Inoltre, in molti casi in cui, per svariate ragioni, nulla è ancora stato fatto, bisogna sollecitare i responsabili a prendere le iniziative idonee per procedere all'adeguamento degli spazi celebrativi secondo la riforma liturgica. Infine, é necessario completare e verificare i numerosi interventi di adeguamento liturgico finora realizzati in modo parziale, talora confuso e approssimativo.
L'adeguamento degli spazi celebrativi secondo la riforma liturgica costituisce un problema di interesse generale: riguarda, infatti, la maggior parte degli edifici per il culto esistenti, compresi quelli costruiti negli anni immediatamente precedenti e successivi al Concilio.
3. La responsabilità ecclesiale
La presente Nota pastorale intende chiarire quali problemi sostanziali affrontare e come procedere perché le chiese cattedrali, parrocchiali, monastiche, conventuali, i santuari e altri tipi di chiese siano messe in grado di corrispondere al complesso di esigenze che il Concilio, con la riforma liturgica, ha espresso. È tempo ormai di dare a tali esigenze risposte mature.
D'altra parte, non si tratta di problemi nuovi. La Chiesa , infatti, ha conosciuto altri momenti storici nei quali ha sentito la necessità di importanti interventi di adeguamento liturgico delle chiese, per dare attuazione alle riforme liturgiche che si sono succedute nel corso della sua storia. Il problema dell'adeguamento, tuttavia, oggi, si presenta in modo diverso e certamente più complesso che in altri tempi per tre ordini di motivi: a) per il carattere peculiare dell'attuale riforma liturgica che, secondo gli storici, è la più completa e organica, la più vasta e incisiva che la Chiesa cattolica abbia conosciuto; b) per la particolare difficoltà di ogni progetto architettonico e artistico che intenda inserirsi in modo innovativo in un contesto già dotato di una propria fisionomia celebrativa, storica e artistica; c) per la specifica sensibilità storica e la particolare cultura della conservazione e del progetto, che caratterizza la nostra società e di cui occorre tener conto in ogni iniziativa che comporti adeguamenti liturgici.
Questo documento, inoltre, entra nel merito di delicati argomenti di natura ecclesiale che non sono di indole teorica, né riguardano soltanto alcune poche situazioni. È invece un tema assai concreto (anche se rinvia a complesse posizioni teoriche); è sotto gli occhi di tutti; è di interesse generale e tocca, in un modo o nell'altro, quasi tutte le parrocchie delle diocesi italiane oltre a numerose comunità religiose maschili e femminili, confraternite e altre associazioni laicali.
4. Per la conciliazione di interessi diversi
La delicatezza dell'argomento dipende anche dal fatto che, a differenza di altri aspetti della riforma liturgica e della vita ecclesiale, l'adeguamento liturgico delle chiese non è fatto di interesse esclusivamente ecclesiale; è un evento di pubblica evidenza ed è oggetto di attenzione, di discussione, di valutazione anche al di fuori delle comunità cristiane. Infatti, alcuni recenti interventi di adeguamento hanno suscitato prese di posizione, polemiche e contrasti, sia per la loro evidenza e originalità, sia perché sono stati realizzati nel cuore di edifici che spesso costituiscono parte fondamentale del patrimonio monumentale del nostro paese, e interessano, per varie ragioni, i singoli, i gruppi e le istituzioni. L'adeguamento liturgico delle chiese evidenzia, a suo modo, il fatto che la Chiesa vive e opera all'interno della società attuale, a diretto contatto, in dialogo e a confronto con sensibilità e culture diversificate.
Va ricordato infine che gli interventi di adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica interessano anche l'autorità dello Stato, dal momento che le nostre chiese, nel complesso, sono manifestazioni particolarmente significative della cultura ispirata alla fede del popolo italiano e rappresentano quindi valori di primaria importanza per il Paese. Molte chiese costruite più di cinquant'anni fa, e alcune chiese più recenti, sono soggette a tutela da parte del Ministero per i beni culturali e ambientali[5].
Sulle nostre chiese, dunque, convergono interessi diversi - liturgici, culturali, normativi, turistici, tecnici - non sempre facilmente conciliabili. Con la presente Nota si intende affermare che tale conciliazione è possibile e va coerentemente perseguita[6]. Siamo convinti, infatti, che le vie della cultura, nella loro molteplicità, hanno ragioni sufficienti per dialogare; che la dimensione celebrativa non solo non esclude ma è in grado di accogliere ogni altra dimensione costituendo il punto di sintesi più alto; che, infine, i problemi progettuali, per quanto complicati, possono essere risolti, purché li si affronti con volontà illuminata e con gli strumenti adeguati.
5. Un problema da affrontare con sapienza liturgica e progettuale
Questo documento fa tesoro delle esperienze, delle disposizioni normative e delle riflessioni maturate nel nostro Paese e intende dare uniformità di orientamento e di metodo a una ricerca ormai trentennale, lungi dall'essere conclusa. Tale ricerca ha affrontato la difficile impresa di adeguare alle esigenze di una celebrazione comunitaria, attiva e partecipata chiese progettate, costruite e ripetutamente modificate in epoche assai dissimili dalla nostra, giunte a noi portando segni di una sintonia profonda con lo spirito della liturgia maturata nel secoli successivi al Concilio di Trento. Con grande frequenza nelle chiese da adeguare, per ragioni legate alle vicende storiche della Chiesa, il tabernacolo eucaristico è l'elemento monumentale più rilevante; in esse l'altare risulta poco evidenziato mentre le immagini devozionali hanno un peso maggiore rispetto agli elementi liturgico-sacramentali. Inoltre l'aula liturgica risulta spesso scarsamente illuminata, talvolta decorata con fasto, ovviamente priva di impianto per la diffusione della voce e per il riscaldamento, con notevoli "barriere architettoniche" in corrispondenza degli accessi.
Per queste ragioni l'adeguamento delle nostre chiese non è operazione da sottovalutare e va impostato con metodo. Non lo si può affrontare procedendo per episodi isolati o improvvisando. L'intervento di adeguamento non può essere affidato alla sola iniziativa dei parroci o all'azione autonoma dei funzionari di Soprintendenza. D'altra parte non lo si può neppure escludere a priori, o rinviare "sine die" in nome della difficoltà dell'impresa o, più sovente, in nome di una pretesa intangibilità del monumento.
Per progettare l'adeguamento delle nostre chiese alla liturgia si richiedono non tanto colpi di genio quanto una notevole sapienza liturgica e professionale: competenze variegate e di alto livello, iniziative meditate con l'apporto di persone esperte e collaboranti, studi diligenti, metodi rigorosi, ricerca paziente. A tale sapienza liturgica e professionale la presente Nota pastorale intende dare spazio affinché divenga - per quanto é possibile - costume diffuso.
6. I contenuti della presente Nota
Questo documento si articola in tre capitoli. Il primo capitolo, a modo di premessa, introduce al tema della chiesa intesa non come semplice contenitore ma come opera architettonica "aperta", "in sintonia", "in relazione", "coinvolta" e, a suo modo, "componente necessaria" della celebrazione. Il secondo capitolo affronta il complesso unitario dei quattro temi principali in relazione ai quali si attua l'adeguamento delle chiese: lo spazio per la celebrazione dell'Eucaristia, del Battesimo, della Penitenza, il programma iconografico devozionale e decorativo. Il terzo capitolo tratta direttamente la questione del progettare l'adeguamento liturgico. Si individua innanzitutto la figura del committente, si tratta poi del progettista e della Commissione diocesana per l'arte sacra, si conclude con la descrizione analitica del progetto, delle sue premesse, dei suoi elementi costitutivi, delle sue fasi di elaborazione, delle procedure di approvazione, della sua attuazione.
Per l'utilità generale, in appendice alla Nota sono stati inseriti la indicazione degli elaborati e delle procedure per ottenere l'approvazione del progetto di massima e del progetto esecutivo e un ampio repertorio con la normativa liturgica, canonica, civile e concordataria alla quale si fa ricorso con maggior frequenza.
7. I destinatari
La presente Nota pastorale si rivolge a tutti coloro che sono interessati direttamente o indirettamente al problema dell'adeguamento liturgico delle nostre chiese. Primi fra tutti, ai Vescovi e ai loro collaboratori, in particolare le Commissioni diocesane di arte per la liturgia, alle quali compete offrire consulenze ai progettisti e ai committenti, esaminare i progetti e - per quanto di competenza - esprimere valutazioni autorevoli, una volta verificata la bontà dei progetti. Destinatari della Nota, poi, sono i parroci, le comunità parrocchiali e i rispettivi organismi di partecipazione, nonché quanti, a vario titolo, hanno la responsabilità di una chiesa o di un oratorio.
Questa Nota si rivolge anche ai progettisti, agli artigiani, agli artisti e ai funzionari preposti alla tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico del nostro Paese, ai quali, tra l'altro, offre alcuni elementi di avvio alla conoscenza del significato e del ruolo della liturgia per la vita dei monumenti della fede. Ulteriori informazioni potranno essere reperite utilizzando e approfondendo le indicazioni allegate in Appendice[7].
8. Gli obiettivi
Per facilitare l'interpretazione del presente documento, richiamiamo l'attenzione sul fatto che esso ha carattere ecclesiale e, quando tratta questioni attinenti alle diverse discipline e pratiche operative in gioco, lo fa utilizzando un linguaggio più pastorale che tecnico. Nelle sedi opportune, i competenti avranno modo di approfondire e chiarire i problemi qui solo accennati, nel più ampio rispetto delle competenze professionali e artistiche. Inoltre, non intendiamo fornire ai committenti e tanto meno ai progettisti progetti "tipici" o soluzioni prefabbricate, come se esistessero scorciatoie progettuali. Ci proponiamo invece di indicare alcuni principali orientamenti metodologici e, insieme, offrire ai progettisti e ai committenti opportuni stimoli alla riflessione e precisi punti di riferimento. Di volta in volta, utilizzando le indicazioni che sono state fornite, i progettisti, sotto la propria responsabilità, elaboreranno le soluzioni più consone alle situazioni concrete.
9. Per una lettura contestuale
In considerazione del tema che affronta, la presente Nota si collega e va letta in connessione con la Nota pastorale della Commissione episcopale per la liturgia La progettazione di nuove chiese del 18 febbraio 1993 e con gli Orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana I beni culturali della Chiesa in Italia del 9 dicembre 1992. La Chiesa , infatti, proseguendo nella sua secolare tradizione, confermata anche recentemente nei Principi e Norme per l'uso del Messale Romano,[8] conserva con cura il patrimonio culturale, continua a costruire chiese nuove e a creare nuove opere d'arte e, per quanto possibile, adegua il patrimonio ereditato dai padri alle esigenze poste dalla riforma liturgica.
I. - LE CHIESE, LA STORIA E LA LITURGIA
10. La relazione fra liturgia e chiesa
Prima di affrontare il tema dell'adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica sembra opportuno dedicare qualche riflessione alla relazione che intercorre tra la celebrazione e l'edificio in cui essa si attua. Lo scopo è di mettere in luce quanto tale relazione sia intensa e qualificante, vada nei due sensi: dalla liturgia alla chiesa-edificio e viceversa. Con queste riflessioni vorremmo mettere in luce le ragioni per cui l'adeguamento, almeno in linea di principio, lungi dall'essere un evento eccezionale e in qualche modo pericoloso, sia da considerare un fatto del tutto normale e compatibile con l'identità stessa delle nostre chiese.
11. La chiesa e il suo spazio per la celebrazione liturgica
Dal momento che la destinazione all'azione liturgica la qualifica radicalmente, la chiesa non si può considerare una generica opera architettonica. Essa infatti è debitrice della sua conformazione alla relazione che la lega all'assemblea del popolo di Dio che vi si raduna.[9] È l'assemblea celebrante che "genera" e "plasma" l'architettura della chiesa. Chi si raduna nella chiesa è la Chiesa - popolo di Dio sacerdotale, regale e profetico - comunità gerarchicamente organizzata che lo Spirito Santo arricchisce di una moltitudine di carismi e ministeri. La Chiesa , in qualche modo, proietta, imprime se stessa nell'edificio di culto e vi ritrova tracce significative della propria fede, della propria identità, della propria storia e anticipazioni del proprio futuro. Lungo il corso dell'anno liturgico l'assemblea locale si raduna nell'edificio di culto, in comunione con tutta la Chiesa , per fare memoria del mistero pasquale di Cristo, nell'ascolto delle Scritture, nella celebrazione dell'Eucaristia, degli altri sacramenti e sacramentali e del sacrificio di lode. Nelle chiese inoltre la comunità credente accoglie con simpatia ogni uomo che per qualunque ragione bussa alla sua porta e a lui, mediante segni visibili, fa intuire la propria fisionomia e, in qualche modo, rivolge la sua parola.
L'assemblea che celebra, manifestando nella sua conformazione e nei suoi gesti il volto della Chiesa, è una realtà eminentemente viva, dinamica, "storica", in continua, anche se lenta, trasformazione. La liturgia, al di là delle apparenze, è profondamente sensibile rispetto alle vicende e alle trasformazioni ecclesiali e sociali. Salvo alcuni elementi essenziali ed immutabili, è anch'essa una realtà non definita una volta per tutte[10]. Di conseguenza anche l'edificio della chiesa - almeno per quanto riguarda la tradizione latina - non è definito una volta per tutte, ma si modifica nel corso del secoli, come testimonia ampiamente la storia dell'arte occidentale. Non in tutte le epoche, tuttavia, la liturgia, ha avuto lo stesso ruolo predominante: in alcuni periodi storici, specialmente dal Medioevo all'epoca presente, altri fattori hanno influito, come lo spirito devozionistico o il dialogo con la cultura e con l'arte, prevalendo di fatto rispetto alla prospettiva liturgica.
Il punto sul quale intendiamo rivolgere l'attenzione è che, innanzitutto, tra assemblea celebrante e edificio nel quale avviene la celebrazione sussiste un legame profondo: la celebrazione della liturgia cattolica è tutt'altro che indifferente all'architettura e, viceversa, l'architettura di una chiesa non lascia indifferente la liturgia che vi si celebra. In secondo luogo, tale legame non è dato una volta per tutte ma muta nel corso della storia: come non esiste una liturgia immutabile, così non esiste un'architettura e un'arte per la liturgia che siano immutabili. Di conseguenza, è necessario abbandonare l'erronea convinzione secondo la quale, essendo immutabile la liturgia cattolica anche l'architettura in cui la liturgia si sviluppa dovrebbe considerarsi immodificabile.
12. La chiesa, architettura per la liturgia
Anche per quanto riguarda l'esperienza della fede, vale la pena far notare che l'architettura e lo spazio hanno una capacità comunicativa. L'architettura, con la sua strutturazione di spazi e di volumi, può diventare strumento di comunione e facilitare la preghiera e la celebrazione.
Ogni edificio, in quanto opera umana, anche in assenza di documentazione scritta, continua a parlare, consente l'apertura del dialogo tra le persone e tra le generazioni. Analogamente le chiese, mentre sono al servizio del culto, "comunicano" e sono stimolo e aiuto per "fare memoria", per riflettere e celebrare.
Lo spazio ecclesiale per la liturgia, inoltre, è in forma eminente una architettura della "memoria", poiché propone e rilancia nel tempo, anche a distanza di secoli, messaggi legati al mondo rituale e alla cultura che lo hanno espresso. Le chiese, infatti, sono realtà storiche; esse sono state costruite non tanto come monumento a Dio o all'uomo, ma come luogo dell'incontro sacramentale, segno del rapporto di Dio con una comunità, all'interno di una determinata cultura e in un ben preciso momento storico. Esse, dunque, a loro modo, sono strumenti particolari di tradizione e di comunione ecclesiale.
Il dato permanente e originario della tradizione cristiana considera l'assemblea - o sacra convocazione ("ecclesìa") dei "dispersi figli di Dio" (cfr. Gv 11, 52) - come matrice irrinunciabile di ogni ulteriore definizione spaziale, momento generatore e unificante dello spazio in vista dell'azione cultuale[11]: l'edificio che l'accoglie è segno forte della comunità viva nella sua dimensione storica e stabile riferimento visivo anche per i non credenti.
Elemento caratterizzante l'edificio per la celebrazione cristiana è, inoltre, la sua capacità di essere "simbolo" della realtà tangibile che in esso si compie, ossia la comunione con Dio che si attua soprattutto nella celebrazione dei sacramenti e nella liturgia delle ore.
Inoltre, la chiesa-edificio, poiché evoca questa comunione già in qualche modo anticipata e vissuta si può considerare un luogo escatologico, "segno e simbolo delle realtà celesti"[12].
In questa prospettiva simbolica, infine, come le varie celebrazioni liturgiche rinviano l'una all'altra a formare una realtà unitaria, così la chiesa-edificio non è l'insieme delle sue parti, ma un organismo unitario.
13. La chiesa, architettura come "icona"
I molteplici linguaggi ai quali la liturgia ricorre - parola, silenzio, gesto, movimento, musica, canto - trovano nello spazio liturgico il luogo della loro globale espressione. Da parte sua lo spazio contribuisce con il suo specifico linguaggio a potenziare e a unificare la sinfonia del linguaggi di cui la liturgia è ricca. Così, anche lo spazio, come il tempo, viene coinvolto dalla celebrazione del mistero salvifico di Cristo e, di conseguenza, assume caratteri nuovi e originali, una forma specifica, tanto che se ne può parlare come di una "icona".
Ad esempio, la chiesa-edificio si può considerare una "icona escatologica" grazie al collegamento dinamico che unisce il sagrato alla porta, all'aula, all'altare e culmina nell'abside, grazie all'orientamento di tutto l'edificio, al gioco della luce naturale, alla presenza delle immagini e al loro programma.
Nella progettazione, costruzione e gestione di un edificio liturgico si riflette, in qualche modo, la vita della comunità cristiana nel suo incontro con Dio attraverso la liturgia e il culto. Da questo punto di vista, la chiesa-edificio si può considerare una "icona ecclesiologica": di volta in volta essa è sentita come luogo della Chiesa in festa, come luogo della Chiesa in raccoglimento e in preghiera, come luogo in cui la Chiesa esprime la propria natura intensamente corale e comunitaria. La scelta delle forme, dei modelli architettonici, dei materiali ha come fine di manifestare la realtà profonda della Chiesa.
II. - L'ADEGUAMENTO DEGLI SPAZI CELEBRATIVI
14. Un progetto globale
Nell'affrontare il tema dell'adeguamento liturgico delle chiese, procederemo sulla base di una visione globale, per la quale ogni progetto di adeguamento, anche se rivolto a risolvere un problema particolare, riguarda l'intero edificio di culto con i suoi diversi luoghi e spazi[13].
In concreto, prenderemo in esame, nell'ordine, i luoghi per la celebrazione dell'Eucaristia, quelli per la celebrazione del Battesimo e quelli per la celebrazione della Penitenza. Concluderemo con uno sguardo al programma iconografico e decorativo che interessa tutti i luoghi delle celebrazioni sacramentali, liturgiche e devozionali.
Proprio per il suo carattere globale, la preparazione del progetto di adeguamento liturgico costituisce un momento importante e, per certi aspetti, unico per promuovere l'identità e l'appartenenza ecclesiale del fedeli e inoltre per conoscere le chiese, le opere, gli arredi e le suppellettili in esse contenute. Il progetto di adeguamento fornisce poi l'occasione per far emergere nuove ipotesi di studio, suggestioni per la migliore conservazione, per la gestione e il restauro. Sembra assai opportuno, pertanto, che, mentre si elabora il progetto di adeguamento liturgico, si lavori attentamente anche a un programma di conoscenza e analitica inventariazione, manutenzione e valorizzazione delle nostre chiese, da realizzare gradualmente nel tempo[14].
A. L'adeguamento degli spazi per la celebrazione dell'Eucaristia
15. L'aula dell'assemblea
L'adeguamento degli spazi per la celebrazione dell'Eucaristia[15] è stato il primo problema ad essere affrontato dalle nostre comunità nell'immediato periodo post-conciliare ed è stato spesso risolto mediante interventi evidenti come la rimozione delle balaustre e la collocazione di nuovi altari dichiaratamente provvisori ma comunque tali da consentire di celebrare rivolti al popolo. La questione, in realtà, presenta una notevole articolazione, richiedendo di intervenire simultaneamente su molti elementi e in situazioni molto diversificate. Ne tratteremo, ora, adottando lo stesso ordine degli argomenti seguito nel documento riguardante la progettazione di nuove chiese[16]: ciò consentirà le opportune e necessarie integrazioni[17].
L'adeguamento dell'aula della chiesa, comprendente navata, presbiterio, area battesimale, area penitenziale,[18] deve tenere conto che l'aula stessa è riservata all'assemblea; che di essa fanno parte integrante e ad essa convergono spazi e luoghi complementari; e, infine, che l'aula deve essere articolata in modo tale che l'altare ne costituisca il punto principale di riferimento. La centralità dell'altare non va però intesa in senso letterale e statico, ma sacramentale[19] e dinamico, e quindi l'altare non va collocato nel centro geometrico dell'aula, ma in uno dei suoi punti spazialmente eminenti.
La disposizione longitudinale dell'assemblea, che è la più diffusa, non richiede necessariamente di essere modificata. Si possono tuttavia ricercare sistemazioni in cui l'assemblea venga disposta attorno all'altare, quando l'articolazione planimetrica e spaziale dell'aula lo consente.
Nello studio dell'adeguamento liturgico dell'aula devono comunque essere adottati opportuni accorgimenti in grado di favorire la formazione di un'assemblea unitaria - priva di divisioni al suo interno - e la partecipazione attiva di tutti i fedeli all'azione liturgica. È assai opportuno, inoltre, disporre i banchi e le sedie in modo tale da facilitare i movimenti processionali e gli spostamenti dei fedeli previsti dalle celebrazioni, specialmente da quella eucaristica. Devono essere curate anche la diffusione sonora della voce, una idonea illuminazione e tutto ciò che concorre a creare un'atmosfera nobile, accogliente e festosa.
16. Il presbiterio
Il progetto di adeguamento del presbiterio ha un duplice scopo: consentire un agevole svolgimento dei riti e mettere in evidenza i tre "luoghi" eminenti del presbiterio stesso che sono l'altare, l'ambone e la sede del presidente[20].
Le soluzioni a cui ricorrere, si possono ridurre alle seguenti:
a) integrazione del nuovo presbiterio con l'esistente: quello nuovo viene inserito nel precedente, integrando elementi dell'uno e dell'altro;
b) sostituzione del presbiterio esistente: di esso si conserva solo lo spazio architettonico che viene occupato con i nuovi elementi: altare, ambone, sede presidenziale;
c) progetto di un nuovo presbiterio separato da quello preesistente: è la soluzione adottata nei casi in cui il presbiterio esistente risulti immodificabile.
Nel caso di presbiteri di dimensioni contenute o ridotte, é opportuno prevedere un adeguato ampliamento dell'area presbiteriale per consentire una conveniente sistemazione del "luoghi" celebrativi e un agevole svolgimento dei riti, compreso quello della concelebrazione eucaristica.
Qualora risulti impossibile collocare nel presbiterio un altare, un ambone o una sede del presidente fissi o "inamovibili", si può far ricorso a elementi non fissi o "mobili" accuratamente progettati e definitivi[21].
All'interno del presbiterio è opportuno prevedere la collocazione di sedi per i ministri e anche una credenza mobile o una mensola di servizio[22].
Poiché l'adeguamento liturgico del presbiterio può incontrare ostacolo nella presenza delle balaustre, non deve essere esclusa, soprattutto per le chiese parrocchiali, l'eventualità o la necessità della loro rimozione.
Le balaustre eventualmente rimosse devono essere conservate con cura, non alienate, e, se del caso, restaurate e collocate opportunamente, evitandone comunque la destinazione ad altri usi.
Nell'adeguare il presbiterio, si deve considerare anche il complesso iconografico, del quale è parte eminente la croce che, posta sopra l'altare o accanto ad esso, sia ben visibile allo sguardo[23].
17. L'altare
L'altare nell'assemblea liturgica non è semplicemente un oggetto utile alla celebrazione, ma è il segno della presenza di Cristo, sacerdote e vittima, è la mensa del sacrificio e del convito pasquale che i1 Padre imbandisce per i figli nella casa comune, sorgente di carità e unità[24]. Per questo è necessario che l'altare sia visibile da tutti, affinché tutti si sentano chiamati a prenderne parte ed è ovviamente necessario che sia unico nella chiesa, per poter essere il centro visibile al quale la comunità riunita si rivolge.
La sua collocazione è di fondamentale importanza per il corretto svolgimento dell'azione liturgica e deve essere tale da assicurare senso pieno alla celebrazione.
La conformazione e la collocazione dell'altare devono rendere possibile la celebrazione rivolti al popolo[25] e devono consentire di girarvi intorno e di compiere agevolmente tutti i gesti liturgici ad esso inerenti.
Se l'altare esistente soddisfa alle esigenze appena indicate, lo si valorizzi e lo si usi. In caso contrario occorre procedere alla progettazione di un nuovo altare possibilmente fisso e, comunque, definitivo.
La forma e le dimensioni del nuovo altare dovranno essere differenti da quelle dell'altare preesistente, evitando riferimenti formali e stilistici basati sulla mera imitazione. Per evocare la duplice dimensione di mensa del sacrificio e del convito pasquale, in conformità con la tradizione, la mensa del nuovo altare[26] dovrebbe essere preferibilmente di pietra naturale, la sua forma quadrangolare (evitando quindi ogni forma circolare) e i suoi lati tutti ugualmente importanti. Per non compromettere la evidenza e la centralità dell'altare non è ammesso l'uso di materiali trasparenti.
Nel caso in cui l'altare preesistente venisse conservato, si eviti di coprire la sua mensa con la tovaglia e lo si adorni molto sobriamente, in modo da lasciare nella dovuta evidenza la mensa dell'unico altare per la celebrazione[27].
Qualora non sia possibile erigere un nuovo altare fisso, si studi comunque la realizzazione di un altare definitivo, anche se non fisso (cioè amovibile)[28].
Si ritiene anche opportuna la rimozione delle reliquie presenti nell'altare preesistente, poiché solo a quello nuovo - di fatto l'unico riconosciuto come centro della celebrazione - spetta la prerogativa della dedicazione rituale[29].
18. L'ambone
L'ambone è il luogo proprio dal quale viene proclamata la Parola di Dio[30]. La sua forma sia correlata a quella dell'altare, il cui primato deve comunque essere rispettato. L'ambone deve essere una nobile, stabile ed elevata tribuna, non un semplice leggio mobile; accanto ad esso è conveniente situare il candelabro per il cero pasquale, che vi rimane durante il tempo liturgico opportuno.
L'ambone va collocato in prossimità dell'assemblea, in modo da costituire una sorta di cerniera tra il presbiterio e la navata; è bene che non sia posto in asse con l'altare e la sede, per rispettare la specifica funzione di ciascun segno[31].
Se in una chiesa di importanza storica è presente un ambone o un pulpito monumentale, si raccomanda di inserirlo nel progetto di adeguamento in modo da utilizzarlo normalmente o almeno in coincidenza con grandi assemblee o in occasioni solenni, in cui si valorizzano più ampiamente i ministeri a servizio della Parola.
19. La sede del presidente
La sede è il luogo liturgico che esprime il ministero di colui che guida l'assemblea e presiede la celebrazione nella persona di Cristo, Capo e Pastore, e nella persona della Chiesa, suo Corpo[32].
Per la sua collocazione, essa deve essere ben visibile da tutti e in diretta comunicazione con l'assemblea, in modo da favorire la guida della preghiera, il dialogo e l'animazione[33].
La sede del presidente é unica e non abbia forma di trono; possibilmente, non sia collocata né a ridosso dell'altare preesistente, né davanti a quello in uso, ma in uno spazio proprio e adatto.
In ogni chiesa cattedrale, dove risulta possibile, si proceda all'adeguamento della cattedra episcopale e, inoltre, sia prevista una sede per il presidente non vescovo[34].
Nelle chiese cattedrali, monastiche, conventuali e in tutte quelle in cui vi sono frequenti concelebrazioni, si prevedano adeguate sedi per i concelebranti.
Ove possibile, è bene prevedere opportune sedi per gli altri ministri liturgici e per i ministranti distinte da quelle del presidente e dei concelebranti.
20. La custodia eucaristica
Nella maggior parte delle nostre chiese, per note ragioni storiche, l'elemento centrale - dominante sullo stesso altare - è stato, per circa quattro secoli, il tabernacolo eucaristico. L'adeguamento liturgico delle chiese esistenti, mirante a esaltare il primato della celebrazione eucaristica e quindi la centralità dell'altare, deve riconoscere anche la funzione specifica della riserva eucaristica. Si ritiene necessario, perciò, che, in occasione dell'intervento di adeguamento sia dedicata una particolare cura al "luogo" e alle caratteristiche della riserva eucaristica
Tale intervento richiede grande attenzione anche dal punto di vista educativo. È noto, infatti, quanto il culto per la Santissima Eucaristia abbia inciso nella formazione spirituale del popolo cristiano e quanto l'idea stessa dell'edificio di una chiesa cattolica sia associata alla presenza in essa del tabernacolo. Al fine di educare i fedeli a cogliere il significato di centralità della celebrazione eucaristica, i rapporti tra la celebrazione e la conservazione dell'Eucaristia e le ragioni di questa conservazione, si ritiene necessario che, in occasione del progetto di adeguamento, tali argomenti vengano opportunamente approfonditi in sede di catechesi al popolo.
Anche la localizzazione e l'eventuale realizzazione di una nuova custodia eucaristica devono essere parte integrante del progetto globale di adeguamento liturgico e dovranno tener conto di una sua facile individuazione, di un accesso diretto, di un ambiente raccolto e favorevole all'adorazione personale.
In ogni caso si ricordi che in ciascuna chiesa il tabernacolo per la riserva eucaristica deve essere unico e che l'altare della celebrazione non può ospitare la custodia eucaristica[35].
La collocazione tradizionale della custodia eucaristica sull'asse principale della chiesa, in posizione dominante, alle spalle dell'altare nuovo può in taluni casi attenuare la percezione della centralità dell'altare e, data la distanza dai fedeli, rischia di non favorire la preghiera privata e l'adorazione personale.
La soluzione vivamente raccomandata per la collocazione della riserva eucaristica è una cappella apposita[36], facilmente identificabile e accessibile, assai dignitosa e adatta per la preghiera e per l'adorazione. In essa sarà ospitato il tabernacolo che, tuttavia, non deve essere mai posto sulla mensa di un altare, ma piuttosto collocato a muro, su colonna o su mensola.
In alternativa alla cappella eucaristica, può considerarsi accettabile una soluzione che individui uno spazio all'interno dell'aula (ad esempio, una cappella laterale capiente), da adattare con dignità, decoro e funzionalità alla preghiera e all'adorazione, e da evidenziare opportunamente.
21. Il posto del coro e dell'organo
Il coro è parte integrante dell'assemblea e deve essere collocato nell'aula, tra il presbiterio e l'assemblea; in ogni caso la posizione del coro deve essere tale da consentire ai suoi membri di partecipare alle azioni liturgiche e di guidare il canto dell'assemblea[37]. È bene prevedere anche un luogo specifico per l'animatore del canto dell'assemblea.
Per un miglior rispetto dei ruoli celebrativi, è bene che il coro non si collochi alle spalle del celebrante presidente, né sui gradini dell'altare antico.
Nelle chiese in cui esiste una "cantoria" di interesse storico e artistico, collocata in controfacciata o sul lati del presbiterio, essa va conservata e restaurata con la massima cura, anche se di norma non risulta idonea al servizio del coro.
Gli organi monumentali di interesse storico, specialmente quelli a trasmissione meccanica, vanno conservati, restaurati con ogni cura e utilizzati con competenza a servizio delle celebrazioni liturgiche.
Il problema della distanza dell'organista dal coro e dal direttore può essere risolto facendo ricorso ad opportuni accorgimenti tecnici, quali ad esempio un sistema di specchi, una telecamera a circuito chiuso, ecc.
Laddove risulti utile, si può ricorrere a un secondo organo di minori dimensioni, collocato in posizione utile al coro e all'assemblea, non in sostituzione ma ad integrazione dell'organo monumentale.
Nella scelta di nuovi organi a canne, laddove è possibile, si preferiscano gli strumenti a trasmissione meccanica. Anche in questo caso, il criterio determinante per la collocazione è quello del servizio al canto liturgico dell'assemblea e del coro.
22. Gli stalli del coro
I cori lignei esistenti, specialmente nelle chiese collegiate e monastiche, siano conservati e utilizzati convenientemente. I cori lignei di rilevante valore siano restaurati e usati in conformità con la loro destinazione e compatibilmente con il loro stato di conservazione.
23. La cappella feriale
Nelle chiese di medie e grandi dimensioni, nel progetto di adeguamento é opportuno prevedere uno spazio per le celebrazioni feriali ed eventualmente per quelle invernali, distinto dall'aula principale e dotato di tutti gli elementi necessari alla celebrazione stessa[38]. Tale spazio, se adeguatamente allestito, può essere anche utilizzato come cappella per la conservazione della custodia eucaristica.
24. Gli arredi e le suppellettili
Nei progetti di adeguamento liturgico vanno inseriti anche gli arredi e le suppellettili[39], che devono essere caratterizzati da dignità, semplicità, nobile bellezza, verità delle cose e debita pulizia[40].
Gli orientamenti di base in proposito si possono ridurre ai seguenti:
a) gli arredi mobili e le suppellettili esistenti vanno conservati, restaurati e usati, compatibilmente con il loro stato di conservazione e con la loro rispondenza alle necessità attuali;
b) gli arredi mobili e le suppellettili non più utilizzabili vanno conservati con grande cura in sacrestia o in un deposito adiacente ad essa;
c) per quanto riguarda i vasi sacri, se ne curi la tutela e se ne faccia un uso conveniente;
d) la progettazione di nuovi arredi deve porsi l'obiettivo di realizzare elementi idonei per qualità formali e adatti al servizio che sono destinati a svolgere;
e) nella scelta di nuovi arredi e di nuove suppellettili deve essere rispettato il criterio della autenticità delle forme, della destinazione d'uso e dei materiali, evitando ad esempio le imitazioni della pietra, del legno e della cera[41];
f)per quanto concerne la collocazione dell'arredo floreale, é opportuno tenerne conto nella redazione dei progetti di adeguamento liturgico, data la rilevanza che tale arredo può assumere nella decorazione dell'altare e degli altri luoghi della chiesa.
B. L'adeguamento degli spazi per la celebrazione del Battesimo
25. Valorizzazione del fonte battesimale e del battistero esistenti
Nell'ambito di una chiesa, oltre agli spazi per la celebrazione eucaristica, sono da valorizzare i "luoghi" destinati alle altre celebrazioni sacramentali, ciascuno con i propri valori simbolici, la propria carica di memoria, le proprie caratteristiche iconografiche. Fra tali "luoghi", nelle chiese cattedrali e nelle chiese parrocchiali, delle quali sono elementi qualificanti, vanno considerati il battistero e il fonte battesimale[42].
La valorizzazione del battistero, in sintonia con la tradizione ecclesiale, è stata confermata dalla recente riforma liturgica, che ripropone con forza come momento generatore dell'esperienza cristiana, il cammino dell'iniziazione, articolato in varie tappe catechistiche e celebrative. In tale cammino la celebrazione del Battesimo viene riconosciuta come la "porta della fede", il cui valore essenziale può essere recuperato, lungo la vita del cristiano, anche grazie alla costante visibilità del battistero, vero "memoriale" del sacramento.
Con l'entrata in vigore del nuovo Rito del Battesimo dei bambini (29 giugno 1970), molti battisteri esistenti sono stati giudicati - a torto - non adatti alla celebrazione comunitaria. Di conseguenza, in molti casi essi sono stati accantonati e sostituiti con fonti battesimali mobili o situati in luoghi della chiesa diversi da quelli originali.
Questa situazione deve essere superata con decisione, recuperando i battisteri esistenti e quelli antichi non più in uso, senza escludere il loro eventuale adeguamento. In assenza di tale possibilità, occorre pensare a un nuovo battistero.
I battisteri e i fonti battesimali esistenti, nella maggior parte del casi, sono opere di grande importanza storica e artistica e comunque sono segni di inestimabile significato religioso e affettivo, poiché hanno contrassegnato l'esistenza di molte generazioni di cristiani. Gli eventuali interventi di adeguamento, perciò, vanno studiati ed eseguiti con grande rispetto e delicatezza, in modo da non alterare il patrimonio d'arte e storia e non comprometterne il valore memoriale e il messaggio spirituale.
In vista dell'adeguamento liturgico si prendano in attenta considerazione anche le chiese di recente costruzione, dove talvolta le soluzioni adottate per il battistero e per il fonte appaiono insufficienti o del tutto discutibili.
26. L'adeguamento del fonte e del battistero
Quando si elabora un progetto di adeguamento è da escludere il trasferimento del battistero o del fonte battesimale all'interno dell'area del presbiterio perché il battistero é un luogo dotato di fisionomia e funzione propria, del tutto distinte da quella del presbiterio. La tradizione, inoltre, lo ha generalmente collocato in prossimità dell'ingresso della chiesa, come migliore spazio per il sacramento che introduce nella comunità cristiana. Infine, il percorso della iniziazione cristiana porta dal Battesimo (fonte) verso l'Eucaristia (altare): tale percorso deve essere posto in evidenza dal progetto di adeguamento, evitando nel contempo impostazioni di tipo allegorizzante o antropomorfico.
Nella collocazione del battistero si deve evitare di conferirgli una posizione e un ruolo preminente o addirittura centrale nella chiesa, in concorrenza con l'altare.
In ogni caso la scelta di un nuovo luogo per il battistero venga compiuta in armonia con la destinazione delle diverse parti della chiesa e dell'ambiente nel suo complesso.
Per la scelta di un eventuale nuovo luogo per il battistero, si può sottolineare il rapporto che collega il Battesimo e la Penitenza : come è noto, infatti, la remissione dei peccati successiva al Battesimo rinnova la grazia iniziale di questo sacramento. Ciò può trovare un significativo riscontro (importante per la catechesi, oltre che per la celebrazione del due sacramenti) nella scelta di collocare le sedi confessionali in relazione con l'area battesimale.
27. Esigenze liturgiche
Nel progettare l'adeguamento liturgico del battistero è necessario salvaguardare alcune fondamentali esigenze liturgiche.
a) Innanzitutto si deve favorire la partecipazione comunitaria alla celebrazione del sacramento del Battesimo sia degli adulti che dei bambini. A tale scopo tutta l'aula della chiesa deve essere attentamente presa in considerazione: per i riti di introduzione, l'atrio e la porta; per la liturgia della parola, la navata e l'ambone; per i riti di conclusione, il presbiterio[43].
Anche se, per la concreta conformazione delle chiesa il fonte battesimale non risulta visibile a tutta l'assemblea, sarà necessario comunque che il battistero sia in comunicazione spaziale e acustica con l'assemblea riunita.
b) L'ampiezza del battistero e dell'area circostante il fonte sia tale da accogliere almeno le persone che vi si recano processionalmente, secondo le indicazioni dei libri rituali: battezzandi, padrini, genitori e ministri.
c) Il fonte battesimale consenta non solo il Battesimo per aspersione ma anche il Battesimo per immersione, come gesto più significativo dell'azione sacramentale[44].
d) Il battistero e il fonte siano progettati come luoghi e segni di particolare dignità, siano permanenti, evidenti, unici e costituiscano un forte richiamo per tutti, anche al di fuori della celebrazione.
28. Alcune situazioni ricorrenti e ipotesi di soluzione
Nel caso in cui il battistero consiste in una cappella, un edificio o un'area distinta rispetto all'aula assembleare[45], esso venga regolarmente usato per la celebrazione del Battesimo.
Per altre situazioni che si presentano con maggiore frequenza, si propongono alcune ipotesi di soluzione.
a) In una chiesa a navata unica con cappelle laterali, il fonte battesimale sia collocato in una di tali cappelle, sufficientemente ampia, posta nei pressi dell'entrata, senza altra destinazione.
b) In una chiesa a navata unica senza cappelle laterali, con il fonte battesimale collocato in prossimità dell'ingresso, dotato solo di un'area molto angusta, questo si può collocare in una parte diversa della chiesa, con un più ampio spazio circostante, evidenziato in modo opportuno.
c) In una chiesa a più navate, nella quale il battistero si affaccia su una navata laterale, si continui ad usare il fonte esistente, evidenziandolo mediante opportuni interventi; la navata laterale può essere usata come aula per l'assemblea durante la celebrazione del sacramento.
d) In una chiesa nella quale il battistero esistente non può essere utilizzato né modificato si può progettare un nuovo battistero e il relativo fonte, da collocare in un luogo adatto, che si armonizzi con il complesso architettonico esistente.
29. Segni e immagini per il fonte e il battistero
Il principale segno da mettere in evidenza nell'adattamento del fonte e del battistero - ancora prima di altri elementi, come il cero pasquale, eventuali immagini, l'arredo floreale e altri arredi - è l'acqua del fonte battesimale che dovrebbe essere preferibilmente acqua corrente e ben visibile[46].
Nel caso in cui si progetti un nuovo fonte battesimale, nella scelta delle immagini si faccia riferimento al ricco patrimonio iconografico della tradizione e, in particolare, si attinga ai testi biblici ed eucologici riportati nel rituale del Battesimo. La decorazione e l'arredo pittorico e scultoreo vengano affidati ad artisti di elevata capacità e, per l'esecuzione, a validi artigiani.
Al di fuori del tempo pasquale, nel battistero, accanto al fonte, venga collocato con la dovuta evidenza il cero pasquale che richiama in modo permanente l' "illuminazione" battesimale[47].
Per analoghe ragioni, venga dedicata una cura particolare alla progettazione della luce nel battistero, in modo da garantire una luminosità adeguata e significativa sia durante che al di fuori della celebrazione.
Nell'area del battistero, con opportuna evidenza, potrà trovar posto una nicchia per la custodia degli Oli sacri. Dove però tale custodia esiste già, la si conservi al suo posto, non la si trascuri e si continui a utilizzarla.
Eventuali arredi di cui i1 battistero o il fonte fossero dotati, come cancelli in ferro battuto, balaustre, ciborio ligneo, padiglione in seta e altro ancora, siano conservati con grande cura, restaurati e, se del caso, opportunamente adattati.
C. L'adeguamento degli spazi per la celebrazione della Penitenza
30. Significato del luogo e della "sede" per la celebrazione della Penitenza
Dopo il Concilio di Trento si sono affermati, nella disciplina della Chiesa latina, un luogo e una "sede" apposita, deputati alla celebrazione individuale del sacramento della Penitenza, che hanno raggiunto forme architettoniche e plastiche talvolta notevoli. Per l'adeguamento di tali luoghi e "sedi" si richiede di fare riferimento al nuovo Rito della Penitenza (entrato in vigore in Italia il 21 aprile 1974), mettendone in evidenza la varietà dei modelli rituali, in particolare la sua celebrazione comunitaria.
Vi è inoltre da ricordare, che "tutta la Chiesa , in quanto popolo sacerdotale, è cointeressata e agisce, sia pure in modo diverso, nell'opera di riconciliazione, che dal Signore le è stata affidata"[48]. Così, la dimensione ecclesiale del sacramento risulterà particolarmente evidente se, come luogo proprio della celebrazione, viene utilizzata l'aula della chiesa, dove normalmente troverà pertanto posto la "sede confessionale".
Anche la buona visibilità della "sede confessionale" - denominata anche "confessionale"- diventa un richiamo costante alla misericordia del Signore, che, nel segno sacramentale, riconcilia a sé il discepolo che si converte, comunicandogli la sua pace e riaggregandolo al popolo di Dio.
31. Adeguamento del luogo della Penitenza
Nel progetto di adeguamento, i luoghi della celebrazione della Penitenza devono far parte integrante dell'organismo architettonico e liturgico, essere facilmente percepibili e bene armonizzati spazialmente[49]. I segni che li identificano devono mettere in evidenza, per quanto possibile, l'aspetto positivo del sacramento, richiamando il clima spirituale di festa evocato dalla parabola del padre misericordioso (Cfr. Lc 15, 11-32)[50].
Le sedi confessionali esistenti, pur essendo state pensate per un diverso contesto celebrativo, in genere sono ancora utilizzabili per il nuovo Rito della Penitenza. A tale scopo pare sufficiente pensare solo a qualche modifica veramente necessaria, discreta e reversibile.
Si provveda innanzitutto a una collocazione idonea delle "sedi" nella navata, in rapporto alle esigenze celebrative.
Si pensi inoltre a introdurre qualche semplice modifica (come la illuminazione interna ed esterna, condizioni sufficienti di riscaldamento, isolamento acustico), a patto, però, di non alterare il carattere e la struttura del manufatto.
Nell'adeguamento degli spazi celebrativi della liturgia penitenziale, soprattutto con riferimento alla celebrazione in forma comunitaria, occorre ricordare che nella chiesa alcuni luoghi o segni, come l'ambone e la sede, sono unici: essi non vanno dunque ignorati né replicati, ma convenientemente utilizzati. In particolare, si tenga presente che la riforma liturgica, per sollecitare e sostenere l'impegno di conversione, ha riproposto con forza il riferimento alla Parola di Dio e chiede quindi che il luogo della sua proclamazione sia adeguatamente valorizzato anche in occasione della celebrazione penitenziale[51].
32. Situazioni ricorrenti e ipotesi di soluzione
Per l'individuazione dei luoghi più adatti alla celebrazione della Penitenza negli edifici antichi si possono suggerire quattro ipotesi di soluzione, in corrispondenza alle situazioni più frequenti.
a) Collocazione della "sede" confessionale in area prossima all'ingresso della chiesa: questa soluzione tradizionale, riferendosi all'immagine della porta, richiama il significato della Penitenza come punto d'arrivo del cammino di conversione, luogo del ritorno a Dio e del passaggio alla vita nuova.
Nei casi in cui il battistero e il fonte siano collocati in prossimità dell'ingresso, la collocazione della sede confessionale in questa area può mettere in miglior rilievo il significato della Penitenza come recupero della grazia battesimale.
b) Collocazione della "sede" confessionale in cappelle laterali (purché non destinate a scopi devozionali) o in ambienti laterali all'aula dell'assemblea e aperti verso di essa: questa soluzione sottolinea opportunamente la dimensione comunitaria della Penitenza e il rapporto tra la sua celebrazione e l'assemblea eucaristica.
c) Collocazione della "sede" confessionale in una navata laterale: questa soluzione prevede che la celebrazione della Penitenza avvenga nel contesto di una assemblea riunita e la considera un evento sacramentale messo alla portata di tutti i fedeli. Anche in questo caso le "sedi" confessionali devono essere bene illuminate e dotate di uno spazio di rispetto che consenta la preparazione del penitenti.
d) Creazione di una nuova "penitenzieria" o "cappella della riconciliazione": questa soluzione pare adatta per le chiese nelle quali si celebra con grande frequenza il sacramento della Penitenza, come ad esempio i santuari. La "penitenzieria" o "cappella della riconciliazione" sia un ambiente di sufficiente ampiezza, destinato esclusivamente a questo scopo e comprenda il luogo della Parola, la sede del celebrante, l'aula per i fedeli e alcune celle per la confessione e la riconciliazione individuale. In ogni cella vi sia un crocifisso, la sede per il celebrante, la grata con possibilità anche per il colloquio diretto, l'inginocchiatoio e il sedile per il penitente[52].
33. Nuove "sedi " confessionali
Qualora fosse necessario progettare nuove "sedi" confessionali, si curi innanzitutto la loro espressività in riferimento alla celebrazione della misericordia di Dio e alle indicazioni del Rito della Penitenza, evitando di dare attenzione solo all'esigenza, pur vera, della riservatezza[53].
Si tenga inoltre nel debito conto il loro inserimento in edifici dotati di una precisa storia e fisionomia artistica e architettonica, evitando forme che, per la loro artificiosità, siano in contrasto con l'ambiente esistente.
Le nuove "sedi" confessionali siano progettate caso per caso da esperti progettisti, evitando il ricorso a prodotti di serie; le forme e i materiali siano semplici e sobri; si abbia riguardo poi alle esigenze dei fedeli anziani, dei deboli di udito e dei portatori di handicap.
D. L'adeguamento dei luoghi sussidiari
34.La sacrestia e il deposito
Nel progetto di adeguamento si verifichi che la sacrestia[54] risulti idonea per quanto riguarda la capienza, la dislocazione o ubicazione, la sicurezza e lo stato di conservazione. In caso di necessità, si provveda agli opportuni interventi di adeguamento e di restauro.
Quando ciò sia possibile, si consiglia di dotare la sacrestia anche di un ingresso diretto verso l'aula dell'assemblea in modo da consentire un ordinato sviluppo della processione introitale.
Il "lavabo" in pietra, che è presente in molte antiche sacrestie, sia conservato nell'uso tradizionale, evitando integrazioni o sostituzioni incongrue.
I mobili della sacrestia, che spesso sono di grande valore storico e artistico, vanno conservati con cura e, se del caso, opportunamente restaurati.
Nella sacrestia si devono conservare con grande attenzione e rispetto, in appositi armadi, i reliquiari e le reliquie.
Accanto alla sacrestia è inoltre opportuno realizzare o sistemare un deposito ben ordinato e sicuro per gli arredi ingombranti o non più in uso (candelieri, croci processionali, suppellettili appartenenti alle confraternite, ecc.).
In prossimità della sacrestia vanno infine ricavati, per quanto possibile, i servizi igienici e un luogo con le attrezzature per la pulizia della chiesa e per la cura del fiori.
35. Il sagrato e la piazza
La cura del sagrato e della piazza ad esso eventualmente collegata è segno della disponibilità all'accoglienza che caratterizza la comunità cristiana in tutti i suoi gesti e quindi, a maggior ragione, in occasione delle celebrazioni liturgiche. Chi si presenta alla porta delle chiese deve sentirsi ospite gradito e atteso. Perciò, già a partire dal sagrato e dalla piazza, è necessario rendere le chiese accessibili a tutti, accoglienti, nitide e ordinate, dotate di tutto quanto rende gradevole la permanenza, così come avviene nelle nostre case.
I sagrati antistanti o circostanti le chiese[55] devono essere conservati, ben tenuti e non destinati ad altri usi. Se necessario, vengano recuperati al pieno uso ecclesiale e, comunque, debitamente tutelati e restaurati. I sagrati, infatti, sono spazi ideali per la preparazione e lo svolgimento di alcune celebrazioni (processioni, accoglienza, riti del lucernario nella Veglia Pasquale). Risultano adatti anche per l'ambientazione e la conclusione delle riunioni pastorali più frequenti, oltre che per l'incontro e per il dialogo quotidiano.
Nelle chiese di grandi dimensioni, qualora non vi sia la possibilità di disporre di un sagrato o di un atrio antistante la chiesa, può essere valutata l'opportunità di utilizzare come spazio per l'accoglienza la zona interna dell'aula immediatamente adiacente all'ingresso, adeguatamente delimitata.
Si può pensare anche di usare una porta laterale significativa che sia dotata di spazi adatti alle funzioni suddette.
Poiché il sagrato viene utilizzato spesso anche per esporre informazioni di varia natura, occorrerà studiare a tale scopo arredi mobili idonei. In generale, per quanto riguarda le affissioni, la collocazione di stendardi o di striscioni anche di tipo religioso, i sagrati, le facciate, gli atri e le porte delle chiese vanno usate con la massima discrezione.
E. L'adeguamento del programma iconografico, devozionale e decorativo
36. Il significato del patrimonio iconografico e devozionale
Le chiese, nella loro quasi totalità, sono dotate di un vasto patrimonio iconografico (dipinti su tavola e su tela, affreschi, mosaici, sculture, vetrate) e decorativo, comunque interessante dal punto di vista storico e spirituale, talvolta anche di grande valore artistico.
In genere, nelle chiese antiche viene sviluppato un programma iconografico preciso, unitario e organico, che caratterizza lo spazio in modo che l'assemblea si senta più facilmente coinvolta nel mistero che viene celebrato. In questo caso il programma iconografico, cioè, svolge funzione "mistagogica". In altre chiese il patrimonio iconografico presenta carattere narrativo sintonizzato con il senso dei misteri celebrati dalla liturgia. Tali programmi iconografici non si sono sempre conservati nella loro integrità sia a causa del degrado inevitabile dovuto al trascorrere del tempo, sia per interventi distruttivi o sostitutivi dovuti a nuove esigenze cultuali o pratiche.
L'apparato iconografico delle chiese più recenti costituisce spesso il risultato di interventi occasionali caratterizzati in prevalenza in senso devozionale; per lo più, tale apparato non costituisce un vero programma iconografico, risulta spesso sovrabbondante, non coordinato con la liturgia e disarmonico rispetto ad essa.
In forme diverse, inoltre, le chiese sono caratterizzate dalla presenza di uno specifico apparato decorativo che talora, ma non necessariamente, si connette con l'apparato iconografico.
37. Criteri generali per l'adeguamento
Il progetto di adeguamento delle chiese alla riforma liturgica deve coinvolgere anche l'apparato iconografico e decorativo[56]. Entrambi meritano di essere attentamente studiati, valutati e ripensati in stretta relazione con la chiesa, nel suo complesso unitario e in relazione con la specificità degli spazi liturgici ai quali essi fanno riferimento.
I criteri di carattere liturgico da tenere presenti in questo caso sono:
a) il recupero e il rispetto del primato della liturgia in modo che la disposizione delle immagini "non distolga l'attenzione dei fedeli dalla celebrazione"[57];
b) il corretto uso delle immagini in modo che il loro "numero non sia eccessivo" e che "di un medesimo santo non vi sia che una sola immagine"[58];
c) l'esigenza della tutela, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio che il culto e la pietà tramandano nel tempo.
Alla ricerca del giusto equilibrio tra queste esigenze, si procederà con grande responsabilità e rispetto nel riguardi di un patrimonio che testimonia una lunga fase della vita della Chiesa e permea tuttora la mentalità di gran parte del popolo credente. Si dovranno evitare gli estremi della conservazione ad oltranza e della trasformazione drastica e indiscriminata.
Per quanto riguarda l'apparato decorativo, poi, dal momento che esso, normalmente, non interferisce con l'attuazione della riforma liturgica, come regola generale, si procuri di conservarlo, restaurandolo accuratamente.
Nei casi previsti[59], un motivato rigore può esigere che dipinti o sculture di qualità troppo modesta o del tutto estranei al contesto della chiesa, vengano collocati e conservati in altri ambienti non destinati al culto.
38. La situazione più frequente
Le situazioni che si presentano con maggiore frequenza nell'adeguamento dell'apparato iconografico si possono ridurre a quattro.
Nelle chiese dotate di abbondante apparato iconografico sarà opportuno usare un grande senso critico per verificare le convenienza di un suo riordino. Vi è da distinguere tra quanto è dovuto al gusto personale o comunitario o alla tendenza del momento e le effettive esigenze connesse con la complessiva riforma della liturgia. La situazione nella quale si intende intervenire, merita di essere analizzata con grande attenzione, prima di procedere a qualunque intervento.
I problemi che chiedono una soluzione nel progetto di adeguamento riguardano, di solito: la impropria collocazione di immagini, ad esempio la presenza di sculture sopra il tabernacolo eucaristico; la sovrapposizione di immagini, come nel caso in cui una immagine o una scultura devozionale sia stata collocata davanti a una pala d'altare; il numero eccessivo o la ripetizione di immagini, come ad esempio capita in molte cappelle devozionali nelle quali si accalcano immagini di tipo disparato ma prive di coerenza devozionale, artistica e dimensionale.
Di fronte a tali situazioni è bene cercare caso per caso la soluzione più idonea, come ad esempio una coerente collocazione nell'ambito della chiesa, una migliore evidenza conferita a opere che l'avessero persa o che comunque la meritassero, la conservazione dell'opera nel deposito annesso alla sacrestia o nel museo parrocchiale.
Nel delineare il progetto di adeguamento si abbia grande rispetto nei riguardi di programmi iconografici esistenti e di opere la cui collocazione sia documentata.
39. Chiese prive di immagini
Per le chiese costruite negli ultimi decenni e prive di apparato iconografico e decorativo, si verifichi la possibilità di dotarle delle immagini consuete nelle chiese cattoliche, come ad esempio, oltre la croce, l'immagine della Beata Vergine Maria, del santo patrono o del mistero al quale la chiesa è dedicata.
40. Programmi iconografici incompleti
Nelle chiese nelle quali, a seguito di distruzione o danneggiamento o furto di un'immagine, il programma iconografico risultasse incompleto, è opportuno pensare a completarlo o collocando al posto di quella perduta un'opera con caratteristiche analoghe, proveniente da altre chiese o dai depositi dei musei, oppure commissionando a un artista di provata capacità una nuova opera.
41. Nuove opere d'arte
Non è raro il caso in cui si ritenga opportuno inserire in una chiesa una nuova opera d'arte (ad esempio una nuova vetrata, una nuova porta, un dipinto o altro ancora). In tale caso, anche se l'opera venisse donata, si pone in via prioritaria la necessità di verificarne la effettiva utilità e l'opportunità di inserimento, tenendo conto degli aspetti pastorali, liturgici e artistici che la concreta situazione presenta. Per questo il committente, con l'aiuto del progettista e degli organismi responsabili di Curia, dovrà procedere alla definizione di massima del programma iconografico, artistico ed economico dell'opera e all'individuazione di un artista davvero qualificato. All'artista si dovrà conferire l'incarico unitamente al programma iconografico e al piano di spesa, seguendo le modalità di cui si dirà più avanti a proposito del progetto[60]. L'opera sarà realizzata solo dopo avere ottenuto le regolari autorizzazioni canoniche e, quando sono richieste, anche quelle civili.
42. L'arredamento
Il patrimonio delle chiese è costituito anche da una notevole quantità di suppellettili, arredi (ad esempio candelieri) e paramenti, la cui presenza rischia di essere interpretata più in chiave decorativa che funzionale. Il gusto attuale per la semplicità non deve far disperdere tale patrimonio, né confinarlo necessariamente nel deposito parrocchiale. Per quanto possibile, tale patrimonio venga costantemente e periodicamente usato, in particolare per dare rilievo alle diverse solennità per le quali, forse, era stato originariamente realizzato. Anche se, al momento, tale patrimonio di arredi non fosse più usato, lo si conservi, non lo si alieni e, se necessario, lo si restauri[61].
43. Le reliquie e i reliquiari
Nelle nostre chiese, fino a pochi anni fa, si faceva uso frequente, specialmente in occasioni di manifestazioni devozionali, di una grande varietà di reliquiari. Poiché tale uso va cambiando e i reliquiari sono in condizione di grave rischio, si raccomanda vivamente che i reliquiari e le eventuali reliquie prive di reliquiario in dotazione alla chiesa o consegnate dai fedeli vengano conservate con la massima cura nelle sacrestie in appositi e sicuri armadi o nel deposito ben ordinato adiacente alla sacrestia.
44. Il museo e la chiesa
In occasione del progetto di adeguamento liturgico delle chiese, dall'esame della situazione esistente, può emergere l'opportunità di valorizzare meglio le opere d'arte e di artigianato, in modo che siano adeguatamente fruibili dai visitatori.
Le chiese, essendo destinate al culto, sono dimore vive per una comunità vivente: non sono quindi dei musei. Tuttavia alcune di esse, per l'evidente importanza artistica e storica, vengono considerate alla stregua di veri e propri musei. In questi casi, per facilitare una giusta fruizione del patrimonio storico e artistico, siano predisposte le opportune misure che consentano la generosa e intelligente[62] accoglienza dei visitatori, come ad esempio adeguati orari per la visita, sussidi a stampa o di altro genere, illuminazione adatta delle opere, guide, custodi, ecc.. Si abbia cura però di evidenziare sempre il permanente significato religioso degli edifici e delle opere, salvaguardando la primaria destinazione al culto delle chiese stesse e garantendone la tutela.
In alcune situazioni, con i dipinti, le sculture, le suppellettili, gli arredi, i paramenti, gli apparati processionali, le vesti e le insegne delle confraternite non più usati abitualmente, le nostre chiese sono in grado anche di dare vita a musei o, più realisticamente, a depositi parrocchiali o interparrocchiali. In situazioni particolari, per far fronte a urgenti esigenze di tutela o di conservazione, si valuti l'opportunità di depositare alcune opere d'arte nel Museo diocesano. Tali ipotesi vengano attentamente valutate e realizzate nel rispetto delle norme civili e canoniche vigenti[63].
III. - L'ELABORAZIONE DEL PROGETTO DI ADEGUAMENTO
A. La committenza ecclesiale
45. Il committente
Il committente del progetto di adeguamento liturgico[64] è il responsabile della chiesa, dell'oratorio o cappella, il quale deve avvalersi delle corrette procedure sotto la guida del Vescovo (e degli Uffici della Curia: Commissione o Sezione di arte sacra, Ufficio Amministrativo, Ufficio Tecnico, ecc.). Eventuali donatori o mecenati privati o pubblici, il cui intervento è sempre auspicabile, non possono assumere in alcun modo il ruolo di committente.
In questo campo sono tenuti ad attenersi alle norme e alle procedure canoniche anche i religiosi e le religiose, le confraternite, le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali[65].
Nella preparazione del progetto di adeguamento il committente coinvolgerà l'intera comunità cristiana e in particolare, nel caso della parrocchia, alcune sue espressioni, come il Consiglio Pastorale, il Consiglio per gli Affari Economici, il gruppo liturgico, i catechisti.
Nell'ambito della responsabilità globale della sua iniziativa, compete al committente, d'intesa con il Vescovo, scegliere il progettista e conferirgli regolare incarico; fornire al progettista indicazioni chiare e complete sulle esigenze liturgiche e sulle disponibilità finanziarie; offrire al progettista costante collaborazione nel rispetto della sua professionalità, evitando pressioni o ingerenze indebite.
46. La Commissione diocesana per l'arte sacra
B. Gli autori del progetto
47. Il progettista
Il compito del progettista[67] per l'adeguamento degli spazi celebrativi richiede una profonda preparazione professionale, una maturata esperienza di lavoro, una corretta conoscenza del principi basilari della riforma liturgica e una buona capacità di collaborazione con altri professionisti.
La scelta del progettista, può avvenire in vari modi: affidamento diretto, concorso ad inviti, concorso con preselezione in base al curriculum.
L'incarico può essere conferito solo a un architetto o ingegnere, che sia esperto nel campo della progettazione e del restauro e dotato di sensibilità nei riguardi delle esigenze liturgiche, della storia e della cultura del luogo.
L'incarico verrà affidato al progettista mediante lettera d'incarico e comprenderà anche l'accordo sul preventivo di massima riferito alle tariffe particolari previste per i lavori di restauro.
L'offerta di prestazione gratuita o la sola conoscenza personale non si può considerare criterio sufficiente per l'affidamento dell'incarico.
48. I consulenti
Il progettista incaricato si terrà in costante contatto con il committente e ricorrerà alla consulenza dei diversi specialisti del settore, quali il teologo, il liturgista, lo storico dell'arte e dell'architettura, il restauratore, il tecnico del suono, l'esperto in illuminazione, ecc.. È molto opportuno inoltre che i diversi consulenti siano chiamati a dare il loro contributo nel corso dell'elaborazione del progetto, anche mediante momenti di lavoro comune, onde evitare possibili disattenzioni o disarmonie.
C. Le chiese da adeguare
49. Aspetti generali dell'adeguamento
Ogni chiesa da adeguare è dotata di specifica fisionomia che la rende, in qualche modo, un caso unico. Essa tuttavia presenta molti elementi comuni ad altre chiese per cui si può legittimamente considerare espressione singolare di una ben precisa tipologia architettonica. Per identificare i diversi tipi di chiese si può far ricorso ad alcuni criteri di cui alcuni sono particolarmente importanti in vista dell'adeguamento liturgico, come la destinazione d'uso prevalente, la definizione nel contesto storico originario in cui essa è sorta, la sua struttura geometrico-spaziale fondamentale, il valore culturale (architettonico, artistico, memoriale, ecc.) del luogo, nel suo insieme e nelle sue singole parti.
In relazione a ognuno di tali aspetti il progettista analizzerà a fondo gli specifici problemi, le difficoltà e le opportunità.
Ogni caso reale può essere illuminato dal confronto critico con casi simili, ma deve essere risolto, mediante un autentico lavoro compositivo, in termini originali.
50. Casi tipici di adeguamento: chiese cattedrali
A titolo esemplificativo, è utile accennare ai problemi posti da alcuni tipi di chiese da adeguare.
La cattedrale si può considerare la chiesa madre di tutte le altre chiese di una diocesi in quanto sede della cattedra del magistero episcopale. Essa è anche il loro modello in quanto centro principale di culto della diocesi. È luogo ordinario per la celebrazione delle ordinazioni. La liturgia delle Ore e il servizio corale, che vi celebra il capitolo dei canonici, mettono in evidenza la realtà della "Ecclesia orans". In alcuni casi nella cattedrale vengono sepolti i vescovi e si conservano le memorie e le tradizioni storiche della Chiesa locale.
Per questo complesso di ragioni il progetto di adeguamento liturgico della chiesa cattedrale è necessario e in qualche modo prioritario per l'intera diocesi, dovendo servire come esempio per gli altri casi di adeguamento.
In particolare si dovrà procedere con attenzione contestuale all'adeguamento dei vari luoghi liturgici e specialmente della cattedra episcopale.
51. Chiese parrocchiali
La chiesa parrocchiale, con altri analoghi centri di attività pastorale, rappresenta il caso più tipico e frequente nel quale si richiede il progetto di adeguamento liturgico. Tale progetto implica un particolare impegno per evidenziare il presbiterio, la sede del presidente e l'ambone. Notevole attenzione deve essere rivolta anche al recupero della centralità dell'altare nuovo in rapporto all'altare preesistente che, essendo in molti casi da conservare integralmente, deve però cambiare funzione (cfr n. 17).
Siccome nella pastorale parrocchiale ha grande importanza la celebrazione dei sacramenti, notevole cura deve essere riservata all'adeguamento del battistero e del fonte battesimale oltre che delle sedi confessionali. Si provveda inoltre che la chiesa sia anche adeguata alla celebrazione del matrimonio e delle esequie cristiane.
52. Santuari
Nei santuari la dimensione devozionale prevale spesso rispetto a quella liturgica. È quindi necessario che il progetto di adeguamento conferisca alla liturgia il ruolo centrale che le compete e dia un migliore equilibrio all'intero edificio nelle sue varie componenti.
Siccome i santuari sono spesso il risultato di costruzioni aggiunte l'una all'altra diventa necessario mettere in evidenza l'unico altare e l'unico ambone.
Nei santuari si celebra con grande frequenza il sacramento della Penitenza e quindi particolare cura deve essere rivolta alla soluzione dei problemi connessi.
Grande cura sia dedicata anche alla corretta disposizione degli spazi circostanti, dei percorsi e degli accessi (luoghi di soste e di parcheggio, aree per le celebrazioni all'aperto, sagrato, porte, atrii, ecc.).
53. Chiese votive
Per la chiese votive (oratori, cappelle private, cappelle cimiteriali, ecc.) il problema dell'adeguamento liturgico è di solito meno urgente, perché vi si celebra solo in modo occasionale; d'altra parte, le dimensioni ridotte di molti di questi edifici consigliano di procedere con molta prudenza.
C. Il progetto di adeguamento
54. Le domande da cui partire
Per iniziare il cammino della progettazione in modo corretto è opportuno che il committente e il progettista si pongano alcuni quesiti semplici ma fondamentali, sia per quanto riguarda la situazione di partenza della chiesa da adeguare, sia per quanto riguarda la configurazione delle innovazioni da introdurre.
Le domande basilari da cui partire sono le seguenti: in base alle esigenze della riforma liturgica, che cosa, perché e come conservare? In base alle medesime esigenze che cosa, perché e come innovare?
Proprio in rapporto a tali quesiti possono risultare di grande utilità i confronti tra il singolo caso da affrontare e i casi tipici individuati e proposti.
Al progettista, inoltre, possono essere assai utili le considerazioni che emergessero durante il processo di rilevamento o di progettazione, e quelle ricavate da altri punti di vista, come ad esempio quello del proprietario, del committente, del costruttore, dei futuri utenti, degli organi di tutela, ecc..
Resta comunque fondamentale l'esigenza, di elaborare progetti meditati, secondo un itinerario precisato in partenza, che riservino sempre la giusta attenzione tanto alle diverse componenti del caso (ad esempio la particolare rilevanza storica e artistica dell'edificio, il valore di singole suppellettili, le soluzioni relative agli impianti, ecc.), quanto all'armonica collocazione dell'intervento prospettato nel suo contesto architettonico, ambientale, socio-economico e culturale.
55. I problemi da risolvere
Nell'avviare il processo di progettazione è bene tenere presenti alcuni problemi che paiono di particolare rilevanza.
a) La promozione dell'unità dell'assemblea che celebra e la salvaguardia dell'unicità e centralità dell'altare sono preoccupazioni prioritarie che devono guidare l'impostazione dell'intervento nella sua globalità.
b) I luoghi celebrativi per la celebrazione dell'Eucaristia, del Battesimo, della Penitenza vanno considerati nelle loro singolarità e nelle loro relazioni reciproche; in particolare, per quanto riguarda il presbiterio, va assicurata la sua unitarietà di progetto, la precisa interconnessione dei suoi elementi (altare, ambone, sede presidenziale) e, al tempo stesso, la individualità di ciascuno di essi.
c) Nella relazione fra i luoghi celebrativi e l'aula, va sottolineata la collocazione del presbiterio, il cui rilievo, in mancanza di un'abside adeguata, si può evidenziare mediante l'introduzione di un fondale o di un adeguato apparato iconografico.
d) Le sedi del presidente, dei ministri e dei fedeli vanno studiate in relazione sia alle funzioni che devono essere svolte dai vari celebranti, sia in relazione alla più adatta collocazione spaziale, sia alle condizioni di buona conservazione dei manufatti.
e) Il ruolo degli altari laterali dovrà essere risolutamente attenuato in modo tale che non appaiano alternativi o in concorrenza con l'unico altare della celebrazione. Potranno invece essere utilizzati come luoghi devozionali, valorizzando le immagini di cui sono dotati.
f) I percorsi all'interno e all'esterno dell'aula vanno rigorosamente assicurati in relazione agli spostamenti connessi alla liturgia (ad esempio le processioni) e alle devozioni (ad esempio la Via Crucis ). Se è il caso, sarà opportuno studiare anche eventuali percorsi particolari per visitatori e turisti.
g) L'illuminazione naturale e artificiale va verificata ed eventualmente modificata con pannelli frangisole, schermature, apparecchi illuminanti e altri dispositivi, al fine di far risaltare l'importanza dei luoghi celebrativi, secondo i rispettivi significati proporzionali, riducendo al minimo le eventuali "distrazioni" visive. In relazione alle esigenze dei visitatori, si provveda a dotare di una adeguata illuminazione le opere d'arte presenti nelle chiese, in armonia con il carattere proprio del luogo.
h) I segni liturgici principali devono recuperare la necessaria evidenza e visibilità, per cui si ritiene opportuno avviare un graduale processo di semplificazione degli altri segni ed elementi.
56. Le fasi del progetto
Il progetto di adeguamento liturgico di una chiesa consiste nell'insieme delle decisioni capaci di governare discipline e competenze diverse, al fine di realizzare un ambiente coerente con lo spirito della riforma liturgica. Il progetto prende forma per fasi successive e coordinate tra loro.
In un primo momento il progettista ricostruisce e documenta accuratamente il progetto originario della chiesa e il suo contenuto liturgico, le modificazioni a cui la chiesa è andata soggetta, riscoprendo le sorgenti del suo radicamento locale, dei suoi legami con una determinata cultura e tradizione ecclesiale.
In un secondo momento, il progettista, in dialogo permanente con esperti di liturgia e con gli organismi diocesani, esamina i fattori di coerenza e di eventuale incoerenza dello spazio architettonico esistente con le esigenze della riforma liturgica.
Cercherà quindi di assicurare una continuità tra l'edificio ereditato con il suo patrimonio di valori e gli elementi innovativi che riterrà opportuno introdurre.
In altre parole, il progettista indagherà se vi siano eventuali inadeguatezze nelle chiese rispetto alle nuove esigenze liturgiche, lasciandosi guidare soprattutto dal dettato conciliare: l'attiva partecipazione dei fedeli al culto.
Il progetto accoglierà anche i suggerimenti della comunità dei fedeli, che saranno coinvolti sia nella fase di preparazione, sia in quella sperimentale del progetto. Tali suggerimenti sono preziosi perché provengono da chi conosce per lunga consuetudine l'ambiente liturgico e può valutarne più attentamente l'adeguamento.
Il progetto di adeguamento non dovrà pregiudicare l'unità complessiva dello spazio liturgico. Gli interventi previsti, anche se distribuiti nel tempo secondo le disponibilità economiche e le urgenze della comunità, devono far parte di un progetto unitario. L'eventuale riuso di apparati rimossi o l'inserimento di nuovi elementi dovrebbero contribuire a potenziare l'organicità dell'edificio.
57. L'itinerario del progetto
Tenuto conto di quanto fin qui esposto, l'itinerario del progetto[68] si compone di diverse fasi successive e coordinate.
a) Fase di indagine
Come momento preliminare, il progettista dovrà proporsi di conoscere la situazione, procedendo al rilievo dell'edificio e raccogliendo tutto ciò che gli consenta di documentarne la storia, lo stato di conservazione, gli aspetti problematici, le esigenze e la fisionomia attuale.
Al termine di questa fase preliminare, il progettista dovrà avere approntato:
- il rilievo grafico quotato, in scala adeguata, dello stato di fatto e dell'eventuale degrado;
- la documentazione fotografica della situazione;
- l'analisi e la descrizione storica, in particolare degli usi celebrativi e devozionali dell'edificio;
- la documentazione che consenta di inserire e riferire l'edificio nel contesto.
La documentazione raccolta in questa fase è di importanza capitale e dovrà accompagnare il progetto nei successivi stadi di sviluppo.
b) Fase del dibattito
In questa fase, il committente, la comunità o il gruppo interessato, insieme al progettista e a eventuali consulenti si pongono i quesiti, riflettono sulle ipotesi, si mettono in ascolto di esperienze significative. Da questo ampio dibattito che prepara il progetto scaturiscono gli indirizzi di natura prevalentemente liturgica che confluiranno nel progetto di massima.
c) Il progetto di massima (cfr Appendice I A)
Il progetto di massima è già un vero e proprio progetto perché contiene le decisioni di natura liturgica tradotte in forma architettonica e di arredo, tra loro coordinate. Non può essere mandato ad esecuzione perché deve ancora ricevere le debite autorizzazioni canoniche e civili, perché sono opportune o necessarie alcune verifiche e perché non sono approntati gli strumenti che consentono agli esecutori di realizzarlo.
d) La fase sperimentale
Se il progetto di massima risulta di generale gradimento e trova tutti gli assensi necessari (in particolare quello scritto della Commissione diocesana per l'arte sacra, della Soprintendenza e di altri eventuali enti competenti), sarà molto opportuno non passare subito alla redazione del progetto esecutivo, ma prevedere una fase di sperimentazione del progetto stesso. Il committente chiederà perciò al progettista di realizzare il progetto in via sperimentale, in forma reversibile, usando materiali "poveri" o ricorrendo alla semplice dislocazione diversa di oggetti esistenti. Al termine di questa fase che contempla un adeguato periodo di uso liturgico, fatte le opportune correzioni e integrazioni, sarà possibile passare alla redazione del progetto esecutivo e alla sua realizzazione.
e) Il progetto esecutivo (cfr Appendice I B)
Esecutivo è il progetto pronto per essere consegnato nelle mani di coloro che lo devono realizzare. Esso presuppone l'acquisizione per iscritto delle autorizzazioni canoniche e civili e contiene tutte le indicazioni utili e necessarie agli artigiani, alle imprese esecutrici, ai tecnici interessati; comprende inoltre le esatte e definitive previsioni di spesa con il corrispondente piano di finanziamento.
58. Il progetto delle strutture
Per quanto riguarda eventuali problemi di carattere statico, è richiesto, oltre a quello architettonico, un progetto specifico, che potrà essere redatto o dallo stesso progettista o da altro qualificato professionista remunerato con tariffe proprie. Il professionista incaricato del progetto delle strutture dovrà lavorare in stretto collegamento con il progettista incaricato dell'adeguamento liturgico.
59. Il progetto degli impianti
a) Il progetto di adeguamento liturgico delle chiese deve comprendere i progetti dell'impianto elettrico e di illuminazione e, se del caso, anche dell'impianto di climatizzazione, di diffusione del suono, antifurto e antincendio[69]. Bisogna tener conto del fatto che gli impianti si inseriscono come elementi di novità in un contesto che non li prevedeva, ed è quindi necessario studiare con attenzione il loro inserimento fisico, formale e funzionale nell'edificio in modo da soddisfare alle esigenze delle celebrazioni che avvengono nella chiesa e a quelle delle opere in essa contenute. Ne consegue che tali progetti dovranno essere affidati a specialisti, esperti nel rispettivo campo, e predisposti sotto la supervisione del progettista, senza dimenticare una realistica valutazione dei costi per la messa in opera, la gestione e la manutenzione. Una volta approvati, i progetti degli impianti saranno realizzati da imprese specializzate che opereranno sotto il diretto controllo e la responsabilità del progettista.
Le tavole di progetto degli impianti dovranno essere consegnate al committente che le conserverà nell'archivio della chiesa (cfr. n. 60).
Per la gestione e la manutenzione degli impianti, che sarà particolarmente curata, si farà riferimento a un apposito manuale di istruzioni per l'utente.
b) Per quanto riguarda l'impianto di illuminazione, oltre a quanto già detto nella Nota pastorale La progettazione di nuove chiese[70], si raccomanda di curare al massimo il suo rapporto con la luce naturale la quale deve mantenere le proprie caratteristiche, che variano molto a seconda delle epoche e delle architetture.
L'impianto di illuminazione artificiale sia studiato in modo da tenere conto in primo luogo delle esigenze connesse con la celebrazione liturgica, in secondo luogo delle esigenze di conservazione delle opere e delle necessità dei visitatori e del turisti, evitando tuttavia la eccessiva luminosità[71].
Considerata la delicatezza del problema, è necessario che il progetto della illuminazione artificiale venga studiato da specialisti del settore insieme a esperti in liturgia, facendo ricorso a opportune simulazioni e a verifiche sperimentali adeguatamente controllate.
Gli antichi lampadari, i bracci e le torcere presenti nelle chiese, anche se non più in uso, vengano conservati con cura, non siano alienati, e, se del caso, vengano restaurati.
Non si dimentichi al riguardo, che la collocazione di nuove vetrate a colori modifica sensibilmente la luce naturale e la percezione dei valori cromatici nelle chiese: perciò vanno studiate con cura, caso per caso, sia l'opportunità che la modalità di realizzarle.
c) L'impianto di riscaldamento, oltre a quanto già detto nella Nota pastorale La progettazione di nuove chiese[72], sia studiato e messo in opera valutando preventivamente i reali vantaggi e i possibili danni alla struttura della chiesa e alle diverse materie e opere presenti in essa (pietre, legni, membrane, tele, intonaci). Si valutino attentamente, caso per caso, le prestazioni e i limiti dei diversi tipi di impianto in commercio. Si tenga conto, inoltre delle eventuali interferenze con il patrimonio archeologico, nel caso di impianti che interessino i pavimenti e il sottosuolo delle chiese.
d) L'impianto di diffusione sonora, oltre a quanto già detto nella Nota pastorale La progettazione di nuove chiese[73], deve adattarsi a situazioni assai diverse per dimensioni, materia, forma. Se la realizzazione dell'impianto è necessaria, esso sarà studiato dagli specialisti, non direttamente dalle imprese fornitrici o da semplici operatori tecnici, ponendo grande attenzione, caso per caso, anche per quanto riguarda la forma e la collocazione dei microfoni (altare, ambone, sede, guida del canto dell'assemblea, coro, ecc.), l'aspetto del diffusori del suono e le canalizzazioni.
e) Gli impianti antifurto e antincendio si rivelano sempre più necessari[74] e vanno inseriti nel progetto di adeguamento. Siano scelti con cura in relazione alle esigenze specifiche, messi in opera da specialisti sotto la supervisione del progettista e periodicamente sottoposti a manutenzione.
f) Per quanto è consentito dalle caratteristiche monumentali di ogni chiesa, siano previsti interventi anche per abbattere le eventuali barriere architettoniche al fine di facilitare gli accessi e i percorsi celebrativi.
60. I documenti del progetto di adeguamento
Il committente abbia cura di richiedere al progettista copia dei documenti e degli elaborati grafici riguardanti il progetto di adeguamento liturgico, in tutte le sue componenti (rilievi, tavole di progetto, fotografie, relazioni, autorizzazioni, contratti, documenti amministrativi) e li collochi nell'archivio della chiesa, evitando in ogni modo di disperderli[75].
61. La normativa canonica e civile
L'adeguamento delle chiese dovrà avvenire, in tutte le fasi, nel rispetto della normativa canonica e civile vigente (cfr Appendice II).
Per quanto riguarda i rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, i responsabili delle comunità cristiane si muovano in atteggiamento di collaborazione, facendo riferimento, a tale riguardo, all'art. 8 della legge n. 1089 del l° giugno 1939 e all'art. 12 dell'Accordo di revisione del Concordato Lateranense 18 febbraio 1984[76].
CONCLUSIONE
62. Un vasto programma culturale per la Chiesa in Italia
La presente Nota pastorale sollecita riflessioni e iniziative progettuali che fanno parte integrante del compito storico della Chiesa. Essa, infatti, vuole rendere sempre attuali i luoghi nei quali sperimenta la propria vitalità sacramentale coinvolgendo in questa iniziativa pastorale un vasto programma culturale.
Il processo di adeguamento delle chiese alle esigenze della riforma liturgica costituisce indubbiamente un'importante iniziativa di inculturazione della fede nel suo momento celebrativo[77], in armonia con le esigenze di conservazione del patrimonio storico e artistico, nell'ambito del progetto di nuova evangelizzazione che la Chiesa si propone di attuare nel terzo millennio[78].
Per raggiungere questo obiettivo, la Chiesa che è in Italia fa appello alle risorse dell'intelligenza critica e pratica degli architetti, artisti, artigiani, storici e critici dell'arte e dell'architettura, restauratori, teologi e liturgisti la cui collaborazione considera indispensabile.
APPENDICE
I. Elaborati e procedure per l'approvazione del progetto
Per facilitare la pratica attuazione delle disposizioni contenute nella presente Nota si richiamano ordinatamente gli elaborati e le procedure ritenuti necessari alla corretta redazione del progetto di adeguamento liturgico di una chiesa.
Questo sussidio è particolarmente utile al committente e al progettista.
A. Progetto di massima
1) Il progetto di massima comprende i seguenti elaborati:
1. schema del progetto in pianta e sezione (scala da l:100 a l:50, ed eventualmente in scala inferiore per progetti di piccola dimensione);
2. modello tridimensionale (plastico, fotomontaggio e tutto quanto può facilitare la comprensione del progetto);
3. preventivo sommario;
4. relazione illustrativa del progetto, con definizione dei criteri e delle metodologie di intervento;
5. previsione della copertura finanziaria delle spese.
2) Per ottenere le autorizzazioni necessarie il progetto di massima dovrà seguire il seguente itinerario:
1. il committente trasmette all'Ordinario, oltre agli elaborati di cui al n. 57, a ), la documentazione sopra elencata e gli chiede, mediante gli Uffici della Curia competenti, il suo parere di massima;
2. nel caso in cui l'edificio interessato dall'intervento sia soggetto a tutela statale o regionale o di altro tipo, l'Ordinario stesso, mediante il competente Ufficio della Curia, provvederà a presentare i1 progetto all'Ente pubblico competente allo scopo di ottenere il suo parere di massima[79].
3. Nel caso in cui sia l'Ordinario, sia l'Ente o gli Enti pubblici competenti abbiano dato nelle dovute forme il loro parere favorevole di massima il committente darà incarico al progettista di procedere alle fasi successive della progettazione.
B. Progetto esecutivo
1) Il progetto esecutivo comprende i seguenti elaborati
1. piante, sezioni e prospetti in scala l:50;
2. particolari esecutivi nelle scale adeguate: l:20, l:10, l:l;
3. computi metrici estimativi, capitolato e contratti;
4. relazione illustrativa del progetto, elenco prezzi, analisi dei prezzi;
5. previsione definitiva di copertura finanziaria delle spese.
2) Per ottenere le autorizzazioni necessarie il progetto esecutivo dovrà seguire il seguente itinerario:
1. il committente trasmette all'Ordinario, oltre agli elaborati elencati al n. 57, a ) gli elaborati sopra elencati, unitamente alla domanda per ottenere la debita autorizzazione;
2. nel caso in cui l'edificio interessato dall'intervento sia soggetto a tutela statale o regionale o di altri enti, l'Ordinario stesso, tramite i competenti Uffici di Curia, provvederà a trasmettere il progetto all'Ente pubblico competente allo scopo di ottenere l'autorizzazione prescritta[80];
3. solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta dell'Ordinario e degli Enti pubblici competenti, il committente procede agli adempimenti successivi.
3) Compiti del committente
1. Una volta ottenute le debite autorizzazioni canoniche e civili, il committente nomina il tecnico incaricato della direzione del lavori, che potrà coincidere con la persona del progettista;
2. con la consulenza e l'assistenza del direttore del lavori, il committente procede alla ricerca delle imprese e degli artigiani ai quali affidare l'incarico del lavori e all'affidamento dei medesimi.
4) Compiti del direttore dei lavori
1. Nell'espletamento della sua attività, il direttore dei lavori, si prenderà cura della tenuta regolare dei documenti di rito;
2. a conclusione dell'opera, il direttore dei lavori darà la sua assistenza ai collaudi e alla liquidazione delle spettanze delle imprese.
II. Normativa liturgica, canonica, civile e concordataria
In tema di adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, come per la progettazione e costruzione di nuove chiese, i principi teologici e liturgici e la normativa conseguente sono contenuti nei documenti qui elencati. Ad ogni documento è premessa la sigla d'uso.
A. Normativa liturgica
1. I PRINCIPALI DOCUMENTI
A. Testi conciliari e magisteriali
SC Conc. Vat. II, Sacrosanctum Concilium, Costituzione sulla sacra liturgia (1963), nn. 122-130.
IOE S. Congregazione dei Riti, Inter Oecumenici, Istruzione per la retta applicazione della Costituzione sulla sacra liturgia (1964), nn. 90-99.
LI S. Congregazione per il culto Divino, Liturgiae Instaurationes, Istruzione per la retta applicazione della Costituzione sulla sacra liturgia (1970), n.70.
MS Consilium e S. Congregazione dei Riti, Musicam Sacram, Istruzione sulla musica nella sacra liturgia (1967), nn. 23. 63.
LRI Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, La liturgia romana e l'inculturazione, IV Istruzione per la retta applicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia (nn 37-40) (1994).
RLI Il rinnovamento liturgico in Italia, Nota pastorale della Commissione Episcopale per la liturgia della C.E.I. a vent'anni dalla Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium (1983), n.13.
BCCI I beni culturali della Chiesa in Italia. Orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana (1992).
PNC La progettazione di nuove chiese. Nota pastorale della Commissione Episcopale per la liturgia della C.E.I. (1993).
B. Libri liturgici in versione italiana
BEN C.E.I., Benedizionale, Roma 1992, nn. 1159-1589.
BODCA C.E.I., Benedizione degli Oli e Dedicazione della chiesa e dell'altare, Roma 1980, pp. 12-74; 40-41; 90-92 (nn. 152-162).
LDF C.E.I., Lezionario domenicale e festivo. Premesse (Fascicolo supplementare), Roma 1982, nn. 32-34.
MR C.E.I., Messale Romano, Roma 19832.
PNMR Principi e norme per l'uso del Messale Romano, in MR, pp. XVII-XLVIII.
Precis. C.E.I. C.E.I., Precisazioni, in MR, pp. L-LI.
RBB C.E.I., Rito del Battesimo dei Bambini, Roma 1970, pp. 22-23 (nn. 18-26).
RCCE C.E.I., Rito della Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico, Roma 1979, p. 16 (nn. 9-11).
RP C.E.I., Rito della Penitenza, Roma 1974, p. 23 (n. 12).
C. Altri documenti
CDC Codice di Diritto Canonico, Roma 1983, cann. 858; 934-940; 964; 1214-1222; 1235-1239.
CE Caerimoniale Episcoporum, Romae 1984, nn. 42-54; 864-878; 918-932.
2. I MAGGIORI RIFERIMENTI
L'asterisco (*) indica i passi riportati per esteso nelle pagine seguenti.
Chiesa: SC 122-129*
LI 10
EM 24
PNMR 255-257*
CDC cann. 1214-1222*
RLI 13
CE 840-843; 864-871
PNC 1-6
Presbiterio: PNMR 258*
CE 50
PNC 7
Altare: IOE 91
PNMR 259-267; 268-70*
Precis. C.E.I. 14*
BODCA 152-162*; 247-249
CDC cann. 1235-1239*
CE 48; 918-932; 972-978
BEN 1267-1278
PNC 8
Ambone: IOE 96
PNMR 272*
Precis. C.E.I. 16
LDF 32-34
CE 51
BEN 1238-1241
PNC 9
Sede del presidente: PNMR 271*
Precis. C.E.I. 15*
CE 42; 47
BEN 1214-1218
PNC 10
Battistero: IOE 99
RBB 18-26
CDC can. 858*
CE 52; 995
BEN 1163-1168
PNC 11
Luogo della Penitenza: RP 12
CDC can. 964*
BEN 1407-1410
PNC 12
Custodia eucaristica: IOE 95
EM 52-57
PNMR 276-277*
RCCE 9-11
CDC cann. 934-940*
CE 49
BEN 1312-1314
PNC 13
Posti dei fedeli: IOE 98
PNMR 273*
PNC 14
Coro e organo: IOE 97
MS 23; 63
PNMR 274-275*
BEN 1478-1481
PNC 15
Immagini sacre: SC 125*
PNMR 278*
BEN 1331-1337; 1358-1364
PNC 16
Arredo: SC 123-124*
PNMR 287-288; 311-312*
Precis. C.E.I. 17*
BEN 1159-1162; 1495-1500
PNC 18
3. I TESTI
Costituzione conciliare sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium
SC 122-129
L'arte sacra e la sacra suppellettile
122. Fra le più nobili attività dell'ingegno umano sono annoverate, a pieno titolo, le arti liberali, soprattutto l'arte religiosa e il suo vertice, l'arte sacra. Per loro stessa natura, queste arti tendono ad esprimere in qualche modo, nelle opere umane, l'infinita bellezza di Dio, e tanto più sono volte a lui e all'accrescimento della sua lode e della sua gloria, in quanto non hanno nessun altro intento che quello di contribuire nel miglior modo possibile a indirizzare pienamente verso Dio lo spirito dell'uomo.
Per tali motivi la santa Madre Chiesa ha sempre favorito le arti liberali, e ha sempre ricercato il loro nobile servizio, specialmente perché gli oggetti destinati al culto splendessero veramente per dignità, decoro e bellezza, segni e simboli delle realtà soprannaturali: ed ella stessa ha formato degli artisti. A riguardo, anzi, di tali arti, la Chiesa si è sempre ritenuta, a buon diritto, come arbitra, scegliendo tra le opere degli artisti quelle che rispondevano alla fede, alla pietà e alle norme religiosamente tramandate, e risultavano adatte all'uso sacro.
Con speciale sollecitudine la Chiesa si è preoccupata che la sacra suppellettile servisse con la sua dignità e bellezza al decoro del culto, ammettendo nella materia, nella forma e nell'ornamento quei cambiamenti che il progresso della tecnica ha introdotto nel corso dei secoli.
123. La Chiesa non ha mai considerato come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l'indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro artistico da conservarsi con ogni cura. Anche l'arte contemporanea di tutti i popoli e paesi deve avere nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la dovuta reverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti. In tal modo essa potrà aggiungere la propria voce al mirabile concento di gloria che uomini eccelsi innalzarono nei secoli passati alla fede cattolica.
124. Nel promuovere e favorire un'autentica arte sacra, gli Ordinari procurino di ricercare piuttosto una nobile bellezza che una mera sontuosità. E ciò valga anche per le vesti e gli ornamenti sacri. I vescovi abbiano cura di allontanare dalla casa di Dio e dagli altri luoghi sacri quelle opere d'arte che sono in contrasto con la fede, la morale e la pietà cristiana; che offendono il genuino senso religioso, o perché spregevoli nelle forme, o perché scadenti, mediocri o false nell'espressione artistica.
Nella costruzione poi degli edifici sacri ci si preoccupi diligentemente della loro idoneità a consentire lo svolgimento delle azioni liturgiche e la partecipazione attiva dei fedeli.
125. Si mantenga l'uso di esporre nelle chiese alla venerazione dei fedeli le immagini sacre. Tuttavia si espongano in numero moderato e nell'ordine dovuto, per non destare ammirazione nei fedeli e per non indulgere a una devozione svisata.
126. Quando si tratta di dare un giudizio sulle opere d'arte, gli Ordinari del luogo sentano il parere della Commissione diocesana di arte sacra e, se è il caso, di altre persone particolarmente competenti, come pure delle Commissioni di cui gli articoli 44, 45, 46. Una vigilanza speciale abbiano gli Ordinari nell'evitare che la sacra suppellettile o le opere preziose, che sono ornamento della casa di Dio, vengano alienate o disperse.
127. I vescovi, o direttamente o per mezzo di sacerdoti idonei, che conoscono e amano l'arte, si prendano cura degli artisti, allo scopo di formarli allo spirito dell'arte sacra e della sacra Liturgia. Si raccomanda inoltre di istituire, dove si terrà opportuno, scuole o accademie di arte sacra per la formazione degli artisti.
Tutti gli artisti, poi, che guidati dal loro talento intendono glorificare Dio nella santa Chiesa, ricordino sempre che la loro attività è in certo modo una religiosa imitazione di Dio Creatore e che le loro opere sono destinate al culto cattolico, all'edificazione, alla pietà e all'istruzione religiosa dei fedeli.
128. Si rivedano quanto prima, insieme ai libri liturgici, a norma dell'art. 25, i canoni e le disposizioni ecclesiastiche che riguardano l'allestimento e l'apparato delle cose esterne attinenti al culto sacro, e specialmente quanto riguarda la costruzione degna e appropriata degli edifici sacri, la forma e la erezione degli altari, la nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo eucaristico, la funzionalità e la dignità del battistero, la conveniente disposizione delle sacre immagini, della decorazione e degli ornati. Le norme che risultassero meno rispondenti alla riforma della liturgia siano corrette o abolite: quelle invece che risultassero favorevoli siano mantenute o introdotte.
A tale riguardo, soprattutto per quanto si riferisce alla materia e alla forma della sacra suppellettile e degli indumenti sacri, si concede facoltà alle assemblee episcopali delle varie regioni di fare gli adattamenti richiesti dalle necessità e dalle usanze locali, a norma dell'art. 22 della presente Costituzione.
129. I chierici, durante il corso filosofico e teologico, siano istruiti anche sulla storia e lo sviluppo dell'arte sacra, come pure sui sani principi su cui devono fondarsi le opere dell'arte sacra, in modo che siano in grado di stimare e conservare i venerabili monumenti della Chiesa e di offrire opportuni consigli agli artisti nella loro produzione d'arte.
MESSALE ROMANO
Principi e norme per l'uso del messale romano
PNMR 255-288; 311-312
Cap. V
Disposizione e arredamento delle chiese per la celebrazione della Eucaristia
I. Principi generali
(...)
255. Tutte le chiese siano solennemente dedicate o almeno benedette. Le chiese cattedrali e parrocchiali siano sempre dedicate. I fedeli, poi, tengano nel dovuto onore la chiesa cattedrale della loro diocesi e la propria chiesa parrocchiale; e considerino l'una e l'altra segno di quella Chiesa spirituale alla cui edificazione e sviluppo sono chiamati dalla loro professione cristiana.
256. Tutti coloro che sono interessati alla costruzione, al restauro e al riordinamento delle chiese, consultino la Commissione diocesana di Liturgia e Arte sacra. L'Ordinario del luogo, poi, si serva del consiglio e dell'aiuto della stessa Commissione quando si tratta di dare norme in questa materia o di approvare progetti di nuove chiese, o di definire questioni di una certa importanza.
II. Disposizione della chiesa per l'assemblea eucaristica
257. Il popolo di Dio, che si raduna, per la Messa , ha una struttura organica e gerarchica, che si esprime nei vari compiti (o ministeri) e nel diverso comportamento secondo le singole parti della celebrazione. Pertanto è necessario che la disposizione generale del luogo sacro sia tale da presentare in certo modo l'immagine dell'assemblea riunita, consentire l'ordinata e organica partecipazione di tutti e favorire il regolare svolgimento dei compiti di ciascuno.
I fedeli e la schola avranno un posto che renda più facile la loro partecipazione attiva.
Il sacerdote invece e i suoi ministri prenderanno posto nel presbiterio, ossia in quella parte della chiesa che manifesta il loro ministero, e in cui ognuno rispettivamente presiede all'orazione, annuncia la parola di Dio e serve all'altare.
Queste disposizioni servono ad esprimere la struttura gerarchica e la diversità dei compiti (o ministeri), ma devono anche assicurare una più profonda e organica unità, attraverso la quale si manifesti chiaramente l'unità di tutto il popolo santo. La natura poi e la bellezza del luogo e di tutta la suppellettile devono favorire la pietà e manifestare la santità dei misteri che vengono celebrati.
III. Il presbiterio
258. Il presbiterio si deve opportunamente distinguere dalla navata della chiesa per mezzo di una elevazione, o mediante strutture e ornamenti particolari. Sia inoltre di tale ampiezza da consentire un comodo svolgimento dei sacri riti.
IV. L'altare
259. L'altare, sul quale si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della croce, è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare quando è convocato per la Messa ; l'altare è il centro dell'azione di grazie che si compie con l'Eucaristia.
260. La celebrazione dell'Eucaristia in un luogo sacro si deve compiere sopra un altare fisso o mobile; fuori del luogo sacro, invece, specie se si fa ad modum actus, si può compiere anche sopra un tavolo adatto, purché vi siano sempre una tovaglia e il corporale.
261. L'altare si dice "fisso" se è costruito in modo da aderire al pavimento e non poter quindi di venir rimosso; si dice invece "mobile" se lo si può trasportare.
262. Nella chiesa vi sia di norma l'altare fisso e dedicato. Sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo. Sia poi collocato in modo da costituire realmente il centro verso il quale spontaneamente converga l'attenzione di tutta l'assemblea.
263. Secondo un uso e un simbolismo tradizionali nella Chiesa, la mensa dell'altare fisso sia di pietra, e più precisamente di pietra naturale. Tuttavia, a giudizio della Conferenza Episcopale, si può adoperare anche un'altra materia degna, solida e ben lavorata.
Gli stipiti però e la base per sostenere la mensa possono essere di qualsiasi materiale, purché conveniente e solido.
264. L'altare mobile può essere costruito con qualsiasi materiale di un certo pregio e solido, confacente all'uso liturgico, secondo lo stile e gli usi locali delle diverse regioni.
265. Gli altari, sia fissi che mobili, si dedicano secondo il Rito descritto nei libri liturgici; tuttavia gli altari mobili possono essere soltanto benedetti. Non vi è alcun obbligo di inserire la pietra consacrata nell'altare mobile o nel tavolo sul quale si compie la celebrazione fuori del luogo sacro (cf n. 260).
266. Si mantenga l'uso di collocare sotto l'altare da dedicare le reliquie dei santi, anche se non martiri. Però si curi di verificare l'autenticità di tali reliquie.
267. Gli altri altari siano pochi e, nelle nuove chiese, siano collocati in cappelle, separate in qualche modo dalla navata della chiesa.
V. La suppellettile dell'altare
268. Per rispetto verso la celebrazione del memoriale del Signore e verso il convito nel quale vengono presentati il Corpo ed il Sangue di Cristo, si distenda sopra l'altare almeno una tovaglia, che sia adatta alla struttura dell'altare per la forma, la misura e l'ornamento.
269. I candelieri, richiesti per le singole azioni liturgiche, in segno di venerazione e di celebrazione gioiosa, siano collocati o sopra l'altare, oppure accanto ad esso, tenuta presente la struttura sia dell'altare che del presbiterio, in modo da formare un tutto armonico; e non impediscano ai fedeli di vedere comodamente ciò che si compie o viene collocato sull'altare.
270. Inoltre vi sia sopra l'altare, o accanto ad esso, una croce, ben visibile allo sguardo dell'assemblea riunita.
VI. La sede per il celebrante e per i ministri, ossia il luogo della presidenza
271. La sede del sacerdote celebrante deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l'assemblea e di guidare la preghiera. Perciò la collocazione più adatta è quella rivolta al popolo, al fondo del presbiterio, a meno che non vi si oppongano la struttura dell'edificio e altri elementi, ad esempio la troppa distanza che rendesse difficile la comunicazione tra il sacerdote e l'assemblea. Si eviti ogni forma di trono. Le sedi per i ministri, invece, siano collocate in presbiterio nel posto più adatto perché essi possano compiere con facilità il proprio ufficio.
VII. L'ambone, ossia il luogo dal quale viene annunciata la parola di Dio
272. L'importanza della parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata, e verso il quale, durante la Liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l'attenzione dei fedeli.
Conviene che tale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. L'ambone, secondo la struttura di ogni chiesa, deve essere disposto in modo tale che i ministri possano essere comodamente visti e ascoltati dai fedeli.
Dall'ambone si proclamano le letture, il salmo responsoriale e il preconio pasquale; ivi inoltre si può tenere l'omelia e la preghiera universale o preghiera dei fedeli.
Non conviene però che all'ambone salga il commentatore, il cantore o l'animatore del coro.
VIII. I posti dei fedeli
273. Si curi in modo particolare la collocazione dei posti dei fedeli, perché possano debitamente partecipare, con lo sguardo e con spirito, alle sacre celebrazioni. È bene mettere a loro disposizione banchi e sedie. Si deve però riprovare l'uso di riservare dei posti a persone private.
Le sedie o i banchi si dispongano in modo che i fedeli possano assumere comodamente i diversi atteggiamenti del corpo richiesti dalle diverse parti della celebrazione, e recarsi senza difficoltà a ricevere la santa comunione.
Si abbia cura che i fedeli possano non soltanto vedere, ma anche, con i mezzi tecnici moderni, ascoltare comodamente sia il sacerdote sia gli altri ministri.
IX. Il posto della "schola" e dell'organo o di altri strumenti
274. La schola cantorum, tenuto conto della disposizione di ogni chiesa, sia collocata in modo da mettere chiaramente in risalto la sua natura: che essa cioè fa parte dell'assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio; ne sia agevolato il compimento del suo ministero liturgico e sia facilitata a ciascuno dei suoi membri la partecipazione piena alla Messa, cioè la partecipazione sacramentale.
275. L'organo e gli altri strumenti legittimamente ammessi siano collocati in luogo adatto, in modo da poter essere di appoggio sia alla schola sia al popolo che canta e, se vengono suonati da soli, possano essere facilmente ascoltati da tutti.
X. Il posto per la custodia della Santissima Eucaristia
276. Si raccomanda vivamente che il luogo in cui si conserva la Santissima Eucaristia sia situato in una cappella adatta alla preghiera privata e alla adorazione dei fedeli. Se poi questo non si può attuare, l'Eucaristia sia collocata in un altare, o anche fuori dell'altare, in un luogo della chiesa molto visibile e debitamente ornato, tenuta presente la struttura di ciascuna chiesa e le legittime consuetudini di ogni luogo.
277. Si custodisca la Santissima Eucaristia in un unico tabernacolo, inamovibile, e solido, non trasparente, e chiuso in modo da evitare il più possibile il pericolo della profanazione.
Pertanto in ogni chiesa normalmente vi sia un solo tabernacolo.
XI. Le immagini esposte alla venerazione dei fedeli
278. Secondo un'antichissima tradizione della Chiesa, nei luoghi sacri legittimamente si espongano alla venerazione dei fedeli le immagini del Signore, della beata Vergine e dei santi.
Si abbia cura tuttavia che il loro numero non sia eccessivo, e che la loro disposizione non distolga l'attenzione dei fedeli dalla celebrazione. Di un medesimo santo poi non si abbia che una sola immagine. In generale, nell'ornamento e nella disposizione della chiesa, per quanto riguarda le immagini si cerchi di favorire la pietà della comunità.
XII. La disposizione generale del luogo sacro
279. L'arredamento della chiesa abbia di mira una nobile semplicità, piuttosto che il fasto. Nella scelta degli elementi per l'arredamento, si curi la verità delle cose e si tenda all'educazione dei fedeli e alla dignità di tutto il luogo sacro.
280. Una conveniente disposizione della chiesa e dei suoi accessori, che rispondano opportunamente alle esigenze del nostro tempo, richiede che non si curino solo le cose più direttamente pertinenti alla celebrazione delle azioni sacre, ma che si preveda anche ciò che contribuisce alla comodità dei fedeli, e che abitualmente si trova nei luoghi di riunione.
Cose necessarie per la celebrazione della Messa
II. Le suppellettili sacre in genere
287. Come per la costruzione di chiese, anche per ogni tipo di suppellettili sacra la Chiesa ammette il genere e lo stile artistico di ogni regione, e accetta quegli adattamenti che corrispondono alle culture e alle tradizioni dei singoli popoli, purché ogni cosa sia adatta all'uso per il quale è destinata.
Anche in questo settore si curi quella nobile semplicità che si accompagna tanto bene con l'arte autentica.
288. Nello scegliere la materia per la suppellettile sacra, oltre a quella tradizionalmente in uso, si possono adoperare anche quelle, che, secondo la mentalità del nostro tempo, sono ritenute nobili, durevoli e che si adattano bene all'uso sacro. In questo settore, il giudizio spetta alla Conferenza Episcopale delle singole regioni.
V. Altra suppellettile destinata all'uso della chiesa
311. Oltre ai vasi sacri e alle vesti liturgiche, per cui viene prescritta una determinata materia, anche l'altra suppellettile, destinata direttamente all'uso liturgico, o in qualunque altro modo ammessa nella chiesa, deve essere degna e rispondere al fine a cui ogni cosa è destinata.
312. Si curi in modo particolare che anche nelle cose di minore importanza le esigenze dell'arte siano opportunamente rispettate, e che una nobile semplicità sia sempre congiunta con la debita pulizia.
Conferenza Episcopale Italiana
Messale Romano, ed. 21983
Precisazioni
14. L'altare (cf PNMR n. 262)
L'altare fisso della celebrazione sia unico e rivolto al popolo.
Nel caso di difficili soluzioni artistiche per l'adattamento di particolari chiese e presbitèri, si studi, sempre d'intesa con le competenti Commissioni diocesane, l'opportunità di un altare "mobile" appositamente progettato e definitivo.
Se l'altare retrostante non può essere rimosso o adattato, non si copra la sua mensa con la tovaglia.
Si faccia attenzione a non ridurre l'altare a un supporto di oggetti che nulla hanno a che fare con la liturgia eucaristica. Anche i candelieri e i fiori siano sobri per numero e dimensione e la collocazione non sia tanto ingombrante da sminuire il valore delle suppellettili sacre e dei segni liturgici.
15. La sede per il celebrante e i ministri (cf PNMR n. 271)
La sede del celebrante e dei ministri sia in diretta comunicazione con l'assemblea.
16. L'ambone (cf PNMR n. 272)
L'ambone o luogo della Parola, sia conveniente per dignità e funzionalità; non sia ridotto a un semplice leggìo, né diventi supporto per altri libri all'infuori dell'Evangeliario e del Lezionario.
17. Materia per la costruzione dell'altare (cf PNMR n. 263), per la preparazione delle suppellettili (cf PNMR n. 268), dei vasi sacri (cf PNMR n. 294) e delle vesti sacre (cf PNMR n. 305)
Si possono usare materiali diversi da quelli usati tradizionalmente, purché convenienti per la qualità e funzionalità all'uso liturgico.
In particolare, per quanto attiene la coppa del calice è da escludere l'impiego di metalli facilmente ossidabili (ad es. alpacca, rame, ottone, ecc.), anche se dorati, da cui, oltre l'alterazione delle sacre specie, possono derivare effetti nocivi.
Nell'impiego dei vari materiali si tengano presenti le indicazioni date in Principi e norme per l'uso del Messale Romano, perché rispecchino quella dignitosa e austera bellezza che vi si deve sempre ricercare nelle opere dell'artigianato a servizio del culto.
Pontificale Romano
BODCA 152-162
Dedicazione di un altare - Premesse
I. Natura e dignità dell'altare
Cristo, altare del suo sacrificio
152. Gli antichi Padri della Chiesa, meditando sulla parola di Dio, non esitarono ad affermare che Cristo fu vittima, sacerdote e altare del suo stesso sacrificio.
La lettera agli Ebrei descrive infatti il Cristo come pontefice sommo e altare vivente del tempio celeste, e l'Apocalisse presenta il nostro Redentore come agnello immolato la cui offerta vien portata, per le mani dell'angelo santo, sull'altare del cielo (cf Eb 4,14; 13,10; Ap 5,6).
Anche il cristiano è altare spirituale
153. Se vero altare è Cristo, capo e maestro, anche i discepoli, membra del suo corpo, sono altari spirituali, sui quali viene offerto a Dio il sacrificio di una vita santa. Interpretazione, questa, già avvertita dai Padri stessi, per es. da sant'Ignazio d'Antiochia, quando rivolge quella sua mirabile preghiera: "Lasciatemi questo solo: che io sia immolato a Dio, finché l'altare è pronto", o da san Policarpo, allorché raccomanda alle vedove di vivere santamente, perché "sono altare di Dio". A queste espressioni fa eco, accanto ad altre voci, quella di san Gregorio Magno: "Che cos'è l'altare di Dio se non l'anima di coloro che conducono una vita santa?... A buon diritto, quindi, altare di Dio vien chiamato il cuore dei giusti".
Secondo un'altra immagine assai frequente negli scrittori ecclesiastici, i fedeli che si dedicano alla preghiera, che fanno salire a Dio le loro implorazioni e offrono a lui il sacrificio delle loro suppliche, sono essi stessi pietre vive con le quali il Signore Gesù edifica l'altare della Chiesa.
L'altare, mensa del sacrificio e del convito pasquale
154. Cristo Signore, istituendo nel segno di un convito sacrificale il memoriale del sacrificio che stava per offrire al Padre sull'altare della croce, rese sacra la mensa intorno alla quale dovevano radunarsi i fedeli per celebrare la sua Pasqua. L'altare è quindi mensa del sacrificio e del convito; su questa mensa il sacerdote, che rappresenta Cristo Signore, fa ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli, perché lo facessero anch'essi in memoria di lui. A tutto questo allude l'Apostolo, quando dice: "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (1 Cor 10,16-17).
L'altare, segno di Cristo
155. In ogni luogo, quando le circostanze lo esigono, i figli della Chiesa possono celebrare il memoriale di Cristo e appressarsi alla mensa del Signore. Conviene però alla dignità del mistero eucaristico che i fedeli costruiscano, come già nei tempi antichi, un altare stabilmente destinato alla celebrazione della cena del Signore.
L'altare cristiano è, per sua stessa natura, ara del sacrificio e mensa del convito pasquale:
- su quell'ara viene perpetuato nel mistero, lungo il corso dei secoli, il sacrificio della croce, fino alla venuta di Cristo;
- a quella mensa si riuniscono i figli della Chiesa, per rendere grazie a Dio e ricevere il corpo e il sangue di Cristo.
L'altare è pertanto, in tutte le chiese, "il centro dell'azione di grazie, che si compie nell'Eucaristia"; a questo centro sono in qualche modo ordinati tutti gli altri riti della Chiesa.
Per il fatto che all'altare si celebra il memoriale del Signore e vien distribuito ai fedeli il suo Corpo e il suo Sangue, gli scrittori ecclesiastici furono indotti a scorgere nell'altare un segno di Cristo stesso; donde la nota affermazione che "l'altare é Cristo".
L'altare, onore dei martiri
156. La dignità dell'altare consiste tutta nel fatto che esso è la mensa del Signore. Non sono dunque i corpi dei martiri che onorano l'altare, ma piuttosto è l'altare che dà prestigio al sepolcro dei martiri. Proprio per onorare i corpi dei martiri e degli altri santi, come per indicare che il sacrificio dei membri trae principio e significato dal sacrificio del Capo, conviene che l'altare venga eretto sui sepolcri dei martiri o che sotto l'altare siano deposte le loro reliquie, in modo che "vengano queste vittime trionfali a prendere il loro posto nel luogo in cui Cristo si offre vittima. Egli però sta sopra l'altare, perché ha patito per tutti; questi, riscattati dalla sua passione, saranno collocati sotto l'altare". Una collocazione che sembra ripresentare in qualche modo la visione spirituale dell'apostolo Giovanni nell'Apocalisse: "Vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa" (Ap 6,9). Sebbene infatti tutti i santi vengano chiamati a buon diritto testimoni di Cristo, ha però una forza tutta particolare la testimonianza del sangue e sono proprio le reliquie dei martiri deposte sotto l'altare che esprimono questa testimonianza in tutta la sua interezza.
II. Erezione dell'altare
157. È opportuno che in ogni chiesa ci sia un altare fisso. Negli altri luoghi destinati alle sacre celebrazioni, l'altare può essere fisso o "mobile". Altare fisso è quello che fa corpo con il pavimento sui cui è costruito, ed è, come tale, inamovibile; altare mobile è quello che si può spostare.
158. È bene che nelle nuove chiese venga eretto un solo altare; l'unico altare, presso il quale si riunisce come un solo corpo l'assemblea dei fedeli, è segno dell'unico nostro salvatore, Cristo Gesù, e dell'unica Eucaristia della Chiesa.
Si potrà tuttavia erigere un secondo altare in una cappella possibilmente separata, in qualche modo, dalla navata della chiesa e destinata a ospitare il tabernacolo per la custodia del Santissimo Sacramento; sull'altare di questa cappella si potrà anche celebrare la Messa nei giorni feriali per un gruppo ristretto dei fedeli.
Si dovrà comunque evitare assolutamente la costruzione di più altari al solo scopo di ornamento della chiesa.
159. L'altare si costruisca separato dalla parete, in molo che il sacerdote possa girarvi intorno senza difficoltà e celebrarvi la Messa rivolto verso il popolo; "sia poi collocato in modo da costituire realmente il centro verso il quale spontaneamente converga l'attenzione di tutta l'assemblea".
160. In conformità alla tradizione della Chiesa e al simbolismo biblico dell'altare, la mensa dell'altare fisso deve essere di pietra e precisamente di pietra naturale. A giudizio però delle Conferenze Episcopali, può essere consentito l'uso di un'altra materia, purché sia degna, solida e ben lavorata.
Per gli stipiti invece o per il basamento di sostegno della mensa, è ammessa qualsiasi materia, purché degna e solida.
161. Per sua stessa natura, l'altare è dedicato a Dio soltanto, perché a Dio soltanto viene offerto il sacrificio eucaristico. È questo il senso in cui si deve intendere la consuetudine della Chiesa di dedicare a Dio altari in onore dei santi. Lo esprime assai bene sant'Agostino: "Non ai martiri, ma al Dio dei martiri dedichiamo altari, anche se lo facciamo nelle memorie dei martiri".
È una cosa, questa, da spiegare con chiarezza ai fedeli. Nelle nuove chiese non si devono collocare sull'altare né statue, né immagini di santi. Neanche le reliquie dei santi, esposte alla venerazione dei fedeli, si devono deporre sulla mensa dell'altare.
162. Verrà opportunamente conservata la tradizione della liturgia romana di deporre sotto l'altare reliquie di martiri o di altri santi.
Si tengano però presenti queste norme:
a) Le reliquie siano di grandezza tale da lasciar intendere che si tratta di parti del corpo umano. Si deve quindi evitare la deposizione di reliquie troppo minuscole di uno o più santi.
b) Si usi la massima diligenza nel controllare l'autenticità delle reliquie. È meglio dedicare l'altare senza reliquie, che riporre sotto di esso reliquie di dubbia autenticità.
c) Il cofano delle reliquie non si deve sistemare sull'altare, né inserire nella mensa, ma riporre sotto di essa, tenuta presente la forma dell'altare.
B. NORMATIVA CANONICA
Codice di diritto canonico
cann. 858, 934-940, 964, 1214-1222, 1235-1239
Libro IV - La funzione di santificare della Chiesa
Il Battesimo
Can. 858 - § 1. Ogni chiesa parrocchiale abbia il fonte battesimale, salvo il diritto cumulativo già acquisito da altre chiese.
§ 2. Per comodità dei fedeli, l'Ordinario del luogo, udito il parroco locale, può permettere o disporre che il fonte battesimale si trovi anche in un'altra chiesa o oratorio entro i confini della parrocchia.
Conservazione e venerazione della Santissima Eucaristia
Can. 934 - § 1. La Santissima Eucaristia
1. deve essere conservata nella chiesa cattedrale o a questa equiparata, in ogni chiesa parrocchiale e nella chiesa o oratorio annesso alla casa di un istituto religioso o di una società di vita apostolica;
2. può essere conservata nella cappella privata del Vescovo e, su licenza dell'Ordinario del luogo, nelle altre chiese, oratori o cappelle private.
§ 2. Nei luoghi sacri dove viene conservata la Santissima Eucaristia , vi deve essere sempre chi ne abbia cura e, per quanto possibile, il sacerdote vi celebri la Messa almeno due volte al mese.
Can. 935 - Non è lecito ad alcuno conservare presso di sé la Santissima Eucaristia o portarsela in viaggio, a meno che non vi sia una necessità pastorale urgente e osservate le disposizioni del Vescovo diocesano.
Can. 936 - Nella casa di un istituto religioso o in un'altra pia casa, la Santissima Eucaristia venga conservata soltanto nella chiesa o nell'oratorio principale annesso alla casa; l'Ordinario può tuttavia permettere per una giusta causa che venga conservata in un altro oratorio della medesima casa.
Can. 937 - Se non vi si oppone una grave ragione, la chiesa nella quale viene conservata la Santissima Eucaristia , resti aperta ai fedeli almeno per qualche ora al giorno, affinché possano trattenersi in preghiera dinanzi al Santissimo Sacramento.
Can. 938 - § 1. La Santissima Eucaristia venga custodita abitualmente in un solo tabernacolo della chiesa o dell'oratorio.
§ 2. Il tabernacolo nel quale si custodisce la Santissima Eucaristia sia collocato in una parte della chiesa o dell'oratorio che sia distinta, visibile, ornata decorosamente, adatta alla preghiera.
§ 3. Il tabernacolo nel quale si custodisce abitualmente la Santissima Eucaristia sia inamovibile, costruito con materiale solido non trasparente e chiuso in modo tale che sia evitato il più possibile ogni pericolo di profanazione.
§ 4. Per causa grave è consentito conservare la Santissima Eucaristia , soprattutto durante la notte, in altro luogo più sicuro e decoroso.
§ 5. Chi ha la cura della chiesa o dell'oratorio, provveda che la chiave del tabernacolo, nel quale è conservata la Santissima Eucaristia , sia custodita con la massima diligenza.
Can. 939 - Le ostie consacrate vengano conservate nella pisside o in un piccolo vaso in quantità sufficiente alle necessità dei fedeli e, consumate nel debito modo le precedenti, siano rinnovate con frequenza.
Can. 940 - Davanti al tabernacolo nel quale si custodisce la Santissima Eucaristia , brilli perennemente una speciale lampada, mediante la quale venga indicata e sia onorata la presenza di Cristo.
Sacramento della Penitenza
Can. 964 - § 1. Il luogo proprio per ricevere le confessioni sacramentali è la chiesa o l'oratorio.
§ 2. Relativamente alla sede per le confessioni, le norme vengano stabilite dalla Conferenza Episcopale, garantendo tuttavia che si trovino sempre in un luogo aperto i confessionali, provvisti di una grata fissa tra il penitente e il confessore, cosicché i fedeli che lo desiderano possano liberamente servirsene.
§ 3. Non si ricevano le confessioni fuori del confessionale, se non per giusta causa.
Le chiese
Can. 1214 - Col nome di chiesa si intende un edificio sacro destinato al culto divino, ove i fedeli abbiano il diritto di entrare per esercitare soprattutto tale culto.
Can. 1215 - § 1. Non si costruisca nessuna chiesa senza espresso consenso scritto del Vescovo diocesano.
§ 2. Il Vescovo diocesano non dia tale consenso se, udito il consiglio presbiterale e i rettori delle chiese vicine, non giudica che la nuova chiesa potrà servire al bene delle anime e che non mancheranno i mezzi necessari alla sua costruzione e al culto divino.
§ 3. Anche gli istituti religiosi, quantunque abbiano ricevuto dal Vescovo diocesano il consenso per costruire una nuova casa nella diocesi o nella città, tuttavia devono ottenere la sua licenza prima di edificare la chiesa in un determinato luogo.
Can. 1216 - Nel costruire e nel restaurare le chiese, con il consiglio dei periti si osservino i principi e le norme della liturgia e dell'arte sacra.
Can. 1217 - § 1. Compiuta opportunatamente la costruzione, la nuova chiesa sia quanto prima dedicata o almeno benedetta, osservando le leggi della sacra liturgia.
§ 2. Le chiese, particolarmente quelle cattedrali e parrocchiali, siano dedicate con Rito solenne.
Can. 1218 - Ciascuna chiesa abbia il suo titolo, che non può essere cambiato, una volta avvenuta la dedicazione.
Can. 1219 - Nella chiesa legittimamente dedicata o benedetta si possono compiere tutti gli atti del culto divino, salvi i diritti parrocchiali.
Can. 1220 - § 1. Tutti coloro cui spetta, abbiano cura che nella chiesa sia mantenuta quella pulizia e quel decoro che si addice alla casa di Dio, e che sia tenuto lontano da esse tutto ciò che è alieno dalla santità del luogo.
§ 2. Per proteggere i beni sacri e preziosi si adoperino con la cura ordinaria nella manutenzione anche gli opportuni mezzi di sicurezza.
Can. 1221 - L'ingresso in chiesa durante il tempo delle sacre funzioni sia libero e gratuito.
Can. 1222 - § 1. Se una chiesa non può in alcun modo essere adibita al culto divino, né è possibile restaurarla, il Vescovo diocesano può ridurla a uso profano non indecoroso.
§ 2. Quando altre gravi ragioni suggeriscono che una chiesa non sia più adibita al culto divino, il Vescovo diocesano, udito il consiglio presbiterale, può ridurla a uso profano non indecoroso, con il consenso di quanti rivendicano legittimamente diritti su di essa e purché non ne patisca alcun danno il bene delle anime.
Gli altari
Can. 1235 - § 1. L 'altare, ossia la mensa sulla quale si celebra il Sacrificio eucaristico, si dice fisso se è costruito in modo che sia unito al pavimento e che perciò non possa essere rimosso; si dice mobile, invece, se può essere trasportato.
§ 2. È opportuno che in ogni chiesa vi sia l'altare fisso; invece negli altri luoghi destinati alle celebrazioni sacre, l'altare può essere fisso o mobile.
Can. 1236 - § 1. Secondo l'uso tradizionale della Chiesa, la mensa dell'altare fisso sia di pietra e per di più di una pietra naturale intera; tuttavia, a giudizio della Conferenza Episcopale, si può usare anche un'altra materia decorosa e solida. Gli stipiti o base, invero, possono essere fatti di qualsiasi materia.
§ 2. L 'altare mobile può essere costruito con qualsiasi materia solida conveniente all'uso liturgico.
Can. 1237 - § 1. Gli altari fissi devono essere dedicati; quelli mobili, invece, dedicati o benedetti secondo i riti prescritti nei libri liturgici.
§ 2. Secondo le norme prescritte nei libri liturgici, si mantenga l'antica tradizione di riporre sotto l'altare fisso le reliquie dei martiri o di altri santi.
Can. 1238 - § 1. L 'altare perde la dedicazione o la benedizione a norma del can. 1212.
§ 2. Gli altari, fissi o mobili, non perdono la dedicazione o la benedizione per il fatto che la chiesa o altro luogo sacro siano ridotti a usi profani.
Can. 1239 - § 1. L 'altare, sia fisso che mobile, deve essere riservato unicamente al culto divino, escludendo del tutto qualsivoglia uso profano.
§ 2. Sotto l'altare non sia riposto alcun cadavere; altrimenti non è lecito celebrarvi sopra la Messa.
C.NORMATIVA CIVILE
Legge l° giugno 1939, n. 1089
Art. 8- Quando si tratti si cose appartenenti ad Enti ecclesiastici, il Ministro per l'educazione nazionale, nell'esercizio dei suoi poteri, procederà per quanto riguarda le esigenze del culto, d'accordo con l'autorità ecclesiastica.
Art. 11 - Le cose previste dagli art. 1 e 2, appartenenti alle province, ai comuni, agli enti e istituti riconosciuti, non possono essere demolite, rimosse, modificate o restaurate senza l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale.
Le cose medesime non possono essere adibite ad usi non compatibili con il loro carattere storico od artistico, oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione o integrità.
Esse debbono essere fissate al luogo di loro destinazione nel modo indicato dalla soprintendenza competente.
D.NORMATIVA CONCORDATARIA
Accordi di revisione del Concordato Lateranense, 18 febbraio 1984
Art. 12, 1 - La Santa Sede e la Repubblica Italiana , nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico ed artistico.
Al fine di armonizzare l'applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali d'interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche.
La conservazione e la consultazione degli archivi d'interesse storico e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i competenti organi delle due parti.
INDICE
PRESENTAZIONE
Avvertenza
INTRODUZIONE
1. L'adeguamento delle chiese, segno di fedeltà al Concilio
2. Urgenza, complessità, interesse generale del problema
3. La responsabilità ecclesiale
4. Per la conciliazione di interessi diversi
5. Un problema da affrontare con sapienza liturgica e progettuale
6. I contenuti della presente Nota
7. I destinatari
8. Gli obiettivi
9. Per una lettura contestuale
I. LE CHIESE, LA STORIA E LA LITURGIA
10. La relazione tra liturgia e chiesa
11. La chiesa e il suo spazio per la celebrazione liturgica
12. Lo chiesa, architettura per la liturgia
13. La chiesa, architettura come "icona"
II. L'ADEGUAMENTO DEGLI SPAZI CELEBRATIVI
14. Un progetto globale
A. L'adeguamento degli spazi per la celebrazione dell'Eucaristia
15. L'aula dell'assemblea
16. Il presbiterio
17. L'altare
18. L'ambone
19. La sede del presidente
20. La custodia eucaristica
21. Il posto del coro e dell'organo
22. Gli stalli del coro
23. La cappella feriale
24. Gli arredi e le suppellettili
B. L'adeguamento degli spazi per la celebrazione del Battesimo
25. Valorizzazione del fonte battesimale e del battistero esistente
26. L'adeguamento del fonte e del battistero
27. Esigenze liturgiche
28. Alcune situazioni ricorrenti e ipotesi di soluzione
29. Segni e immagini per il fonte e il battistero
C. L'adeguamento degli spazi per la celebrazione della Penitenza
30. Significato del luogo e della "sede" per la celebrazione della Penitenza
31. Adeguamento del luogo della Penitenza
32. Situazioni ricorrenti e ipotesi di soluzione
33. Nuove "sedi" confessionali
D. L'adeguamento dei luoghi sussidiari
34. La sacrestia e il deposito
35. Il sagrato e la piazza
E. L'adeguamento del programma iconografico, devozionale e decorativo
36. Il significato del patrimonio iconografico devozionale
37. Criteri generali per l'adeguamento
38. La situazione più frequente
39. Chiese prive di immagini
40. Programmi iconografici incompleti
41. Nuove opere d'arte
42. L'arredamento
43. Le reliquie e i reliquiari
44. Il museo e la chiesa
III. L'ELABORAZIONE DEL PROGETTO DI ADEGUAMENTO35
A. La committenza ecclesiale
45. Il committente
46. La Commissione diocesana per l'arte sacra
B. Gli autori del progetto
47. Il progettista
48. I consulenti
C. Le chiese da adeguare
49. Aspetti generali dell'adeguamento
50. Casi tipici di adeguamento: chiese cattedrali
51. Chiese parrocchiali
52. Santuari
53. Chiese votive
D. Il progetto di adeguamento
54. Le domande da cui partire
55. I problemi da risolvere
56. Le fasi del progetto
57. L'itinerario del progetto
58. Il progetto delle strutture
59. Il progetto degli impianti
60. I documenti del progetto
61. La normativa canonica e civile
CONCLUSIONE
62. Un vasto programma culturale per la Chiesa in Italia
APPENDICE
I. Elaborati e procedure per l'approvazione del progetto
II. Normativa liturgica, canonica, civile e concordataria
A. Normativa liturgica
1. I principali documenti
2. I maggiori riferimenti
3. I testi
- Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium
- Messale Romano, Principi e norme
- C.E.I. Messale Romano ed. 21983, Precisazioni
- Pontificale Romano
B. Normativa canonica
- Codice di diritto Canonico, Libro IV
C. Normativa civile
D. Normativa concordataria
[1] Il termine "adeguamento" liturgico è stato scelto a preferenza di altri (come "adattamento", "aggiornamento", "ristrutturazione") in quanto mette meglio in evidenza il fatto che le chiese hanno in sè la capacità di modificarsi in relazione alla riforma liturgica, dal momento che il loro legame con la liturgia è costitutivo: sono infatti luoghi creati per la liturgia e perciò sono "adeguabili" ad essa. Nel processo di "adeguamento" le chiese ritrovano la propria permanente destinazione.
[2] Cfr. nn. 22.23.44.45.46.122.125.126.
[3] Inter Oecumenici (1964), Musicam Sacram, Eucharisticum Mysterium (1967), Liturgicae Instaurationes (1970), la lettera Sulla cura del patrimonio artistico e storico della Chiesa (1974), Principi e Norme del Messale Romano (1974), La liturgia romana e l'inculturazione (1994).
[4] Norme per la tutela e la conservazione del patrimonio artistico e storico della Chiesa (1974) e I beni culturali della Chiesa in Italia. Orientamenti (1992).
[5] Cfr. legge 1° giugno 1939, n.1089.
[6] Cfr. Accordi di revisione del Concordato Lateranense, 18 febbraio 1984, art. 12.
[7] Cfr. in particolare l'Appendice II dedicata alla normativa liturgica, canonica, civile e concordataria, che ripropone, salvo alcuni aggiornamenti e integrazioni, quella della Nota pastorale, "La progettazione di nuove chiese".
[8] Cfr.Messale Romano, Principi e norme, n. 254.
[9] Cfr. CEI, Commissione episcopale epr la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma, 18 febbraio 1993, nn. 1-2.
[10] Cfr. Conc. Ecum. Vat.. II, Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosactum Concilium, n.21.
[11] Cfr. Gv 4,21: "È giunta l'ora in cui nè su questo monte nè in Gerusalemme adorerete il Padre"; Gv 4, 23: "È giunta l'ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità"; At 7, 48-49: "L'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mani d'uomo, come dice il profeta: "Il cielo è il mio trono e la terra sgabello per i miei piedi".
[12] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 253; CCC, n. 1186.
[13] Cfr. CEI, Commissione Episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma, 18 febbraio 1993, n.7.
[14] Cfr. CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, nn.31-32.
[15] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, nn. 255-288, 311-312.
[16] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 7 e ss.
[17] Nel trattare degli elementi e degli spazi per la celebrazione eucaristica si prenderanno in considerazione elementi e luoghi che, pur interessando eminentemente la celebrazione dell'Eucaristia, sono coinvolti anche dalla celebrazione di altri sacramenti.
[18] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 257; vedi anche CEI CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n.7.
[19] Cfr. CEI, Benedizione degli Oli e Dedicazione della chiesa e dell'altare, n. 155.159; MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 259.
[20] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 258; vedi anche CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, nn. 8-10.
[21] Cfr. Precis. C.E.I., n. 14.
[22] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 270.
[23] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 270.
[24] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 259; CEI, Benedizione degli Oli e Dedicazione della chiesa e dell'altare, nn. 152-162; vedi anche CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 8.
[25] Cfr. Precis. C.E.I., n. 14; CEI, Benedizione degli Oli e Dedicazione della chiesa e dell'altare, nn. 159; vedi anche CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993; MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 269.
[26] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 263.
[27] Cfr. Precis. C.E.I., n. 14.
[28] Cfr. Precis. C.E.I., n. 14.
[29] Cfr. CEI, Benedizione degli Oli e Dedicazione della chiesa e dell'altare, n. 162.
[30] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 272; vedi anche CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 9.
[31] Cfr. LDF, n. 32-34.
[32] Cfr. Prenotanda al Rito dell'Ordinazione, nn. 1-10; vedi anche CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n.10.
[33] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 271; vedi anche Precis. C.E.I., n. 15; CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 10.
[34] Cfr. Caerimoniale Episcoporum, Romae 1984, n. 47.
[35] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 277; vedi anche CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 13.
[36] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 276; CDC, can. 938, § 2.
[37] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 274-275; vedi anche CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 15.
[38] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 17.
[39] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 18.
[40] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, nn. 279-280.287-288.311-312.
[41] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 18.
[42] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 11.
[43] Cfr. CEI, Rito del battesimo dei bambini, n. 26; RICA, n. 26.
[44] Cfr. CEI, Rito del battesimo dei bambini, nn. 18-26.
[45] Cfr. CEI, Benedizionale, n. 1166.
[46] Cfr. CEI, Rito del battesimo dei bambini, nn. 18-21; RICA, nn. 18-21.
[47] Cfr. CEI, Rito del battesimo dei bambini, n. 25; RICA, n. 25.
[48] Cfr. CEI, Prenotanda al Rito della penitenza, n. 8.
[49] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 12.
[50] Cfr. CEI, Praenotanda al Rito della penitenza, n. 16.
[51] Cfr. CEI, Rito della penitenza, n. 17; 24-26; 51-53.
[52] Cfr CDC, can. 964, § 2.
[53] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 12.
[54] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 19.
[55] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, nn. 20-21.
[56] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 16.
[57] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 278.
[58] Cfr. MESSALE ROMANO, Principi e norme, n. 278.
[59] Cfr. Conc. Vat. II, Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosacntum Concilium, n.124.
[60] Cfr. CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, n. 41.
[61] Cfr. CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, nn. 28-29.
[62] Cfr CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, n. 39.
[63] Cfr. CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, n. 20.
[64] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, nn. 25-26.
[65] Cfr. C.E.I., Nota pastorale Le aggregazioni laicali nella Chiesa (1993).
[66] Cfr. Norme C.E.I. 1974, nn. 12.17-19; CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, n. 4; CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 27.
[67] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, nn. 25.27.
[68] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 27.
[69] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, nn. 28.34.
[70] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 30.
[71] Cfr. CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, n. 39.
[72] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 31.
[73] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 32.
[74] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 33.
[75] Cfr. CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, Roma 18 febbraio 1993, n. 38.
[76] Cfr. CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, n. 10.
[77] Cfr. LRI, n. 43.
[78] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica, "Tertio Millennio Adveniente".
[79] Cfr. CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, n. 40.
[80] Cfr. CEI, Orientamenti, I beni culturali della chiesa in Italia, Roma, 9 dicembre 1992, n. 40.
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