L'anno liturgico cristiano ha una relazione con l'anno liturgico ebraico specialmente per le feste di Pasqua e Pentecoste. Ma è sempre la celebrazione del mistero di Cristo. Questo mistero è stato celebrato liturgicamente dalla Chiesa nel corso dei secoli secondo un criterio che va dalla concentrazione di tutto il mistero di Cristo nella celebrazione della Pasqua settimanale e annuale per poi pian piano distribuire i diversi aspetti del mistero lungo l’anno per facilitare l’assimilazione nella vita dei fedeli.
La dottrina della presenza speciale di Cristo nell’anno liturgico fu affermato tanta dal Papa Pio XII nell’Enciclica Mediator Dei come nel Sacrosanctum Concilium. Cristo sta presente in ognuno dei misteri che la Chiesa celebra lungo l’anno liturgico. In questo modo le feste che celebrano la vita di Cristo, e specialmente quelli della sua nascita e del mistero pasquale non sono semplice anniversari di un evento storico ma, tramite segni e riti, il mistero celebrato comporta una certa efficacia oggettiva nel quale è possibile partecipare. Per questo motivo il Papa pio XII dice nel Mediator Dei:
...L’anno liturgico... non è una fredda e inerte rappresentazione di fatti che appartengono al passato, o una semplice e nuda rievocazione di realtà d’altri tempi. Esso è piuttosto Cristo stesso, che vive sempre nella sua Chiesa e che prosegue il cammino di immensa misericordia da lui iniziato con pietoso consiglio in questa vita mortale, quando passò beneficando allo scopo di mettere le anime umane al contatto dei suoi misteri e farle vivere per essi (Denz 3855)
Il Sacrosanctum Concilium 102 ispirandosi a Pio XII dice:
Ricordando in tal modo i misteri della Redenzione essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, in modo tale da renderli come presenti a tutti i tempi, perché i fedeli possano venire a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza.
Questa presenza di Cristo nelle feste riempie in un modo più intenso i momenti principali della celebrazione come sono l’Eucaristia e l’ufficio divino, ma la presenza del Signore in realtà si trova durante la totalità del tempo festivo.
Oltre alla presenza obiettiva del Signore, l'anno liturgico serve anche per la contemplazione dei diversi aspetti della vita di Cristo che si vanno commemorando, e degli esempi insigni della vita in Cristo che ci presentano la Santa Vergine e gli altri santi. Questa contemplazione è chiamata a suscitare l'imitazione di Cristo, di Maria e dei santi affinché la vita dei fedeli sia sempre più d'accordo alla vita del Signore. Questa imitazione di Cristo non è solo un'imitazione morale dei suoi atteggiamenti e virtù ma esiste nel piano ontologico e sacramentale e consiste in una progressiva assimilazione e sviluppo del “Uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4,24) che è predestinato ad “essere conformi all’immagine del Figlio suo,perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). A questo livello il processo di assimilazione dell'immagine di Cristo inizia col battesimo e si va sviluppando durante la vita attraverso la partecipazione dall'uomo nella vita sacramentale e liturgica, ed inoltre, per l'esercizio delle virtù cristiane. Nella vita sacramentale la partecipazione eucaristica riveste un ruolo centrale ed insostituibile perché l'Eucaristia contiene in sé la “totalità dal mistero di Cristo con la sua opera di salvezza, cioè, tutta l’economia del mistero spiegata e celebrata nell'anno liturgico”[1].
Il Calendario
1). Sintesi storica dell'anno liturgico
Prima di entrare nell'esposizione delle diverse parti dell'anno liturgico è necessario fare una breve sintesi delle linee fondamentali del suo sviluppo.
Benché i primi discepoli seguissero per un tempo il calendario liturgico ebreo, lo lasciarono molto presto una volta incominciata l'espansione del cristianesimo fuori d'Israele. All'inizio non sostituirono il calendario ebreo con un calendario cristiano e le uniche feste celebrate erano la domenica e la Pasqua che, inoltre, la maggioranza dei cristiani cominciarono a celebrare la domenica dopo la festa ebrea in coincidenza col giorno della resurrezione.
Col passare del tempo, come vedremo, si aggiunsero le altre celebrazioni dei misteri di Cristo, il cosiddetto temporale, e le celebrazioni di Maria e dei santi, chiamate il santorale. Con l'aumento delle celebrazioni risultò necessario per la Chiesa sviluppare una certa disciplina ed una serie di norme canoniche per mantenere l’ordine e la retta gerarchia nella distribuzione delle diverse celebrazioni. In questo modo si formò il calendario liturgico come metodo per dividere l'anno e come un sistema di classificazione delle feste secondo il loro ordine di importanza, per predeterminare quando si celebrano le diverse feste ed in quale situazioni una festa prende precedenza su un'altra. Nel corso della storia, la domenica e le celebrazioni principali del Signore hanno cambiato relativamente poco, mentre ci sono stati vari sistemi di classificazione delle feste e la Chiesa ha effettuato diverse riforme del calendario e del santorale, secondo le circostanze e necessità di ogni epoca.
Il Concilio il Vaticano II chiese una revisione profonda del calendario ed indicò alcuni dei criteri per portarlo a termine, (Sacrosanctum Concilium 102-110). In 1969 il Papa Paolo VI promulgò le nuove norme generali per ordinare l'anno liturgico ed il nuovo calendario. Il fine della revisione fu di ristabilire la tradizione più antica ed esprimere meglio la posizione centrale del mistero di Cristo. Per quel motivo la riforma ha rinforzato la celebrazione della domenica come celebrazione settimanale della Pasqua, dandogli priorità su quasi tutte le altre feste. Inoltre ha strutturato tutte le celebrazioni delle cinquanta due o cinquanta tre settimane dell'anno liturgico, in modo che l'inizio ed il fine dell'anno coincide sempre col giorno del Signore.
Si stabilì inoltre una nuova gerarchia delle celebrazioni con quattro categorie: solennità, festa, memoria obbligatoria e memoria facoltativa ed un nuovo elenco di precedenze. In questa nuova classificazione si impiega in primo luogo la liturgia propria dei tempi forti della celebrazione del mistero: Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, che hanno priorità su quasi tutte le altre celebrazioni. Poi vengono le solennità più importanti del Signore e della Vergine e dei santi che hanno precedenza su altre feste, e le domeniche del tempo ordinario. Nella categoria di festa normalmente si includono alcune celebrazioni del Signore e di Maria, le celebrazioni degli apostoli e di alcuni altri santi insigni. I patroni di un paese, di una diocesi, o di una congregazione religiosa, frequentemente si celebrano come feste entro i limiti del proprio territorio. La festa ha precedenza su altre celebrazioni inferiori, ma solo una festa del Signore ha precedenza sulla domenica ordinaria. Se un’altra festa cade in domenica, si omette la sua celebrazione per quest’anno. Le memorie obbligatorie sono celebrazioni di Cristo, Maria o dei santi che normalmente devono celebrarsi se cadono in un giorno infrasettimanale. Tuttavia un'autentica necessità pastorale permette che si celebri un’altra messa nelle celebrazioni col popolo. Le memorie facoltative sono celebrazioni di Cristo, Maria o dei santi che possono essere celebrate o non seconda convenienza.
Oltre alle solennità e feste, esistono le messe rituali e di esequie. Le messe rituali, coi formulari propri per la celebrazione di un sacramento come la Confermazione , l'ordinazione, o il Matrimonio, non si permettono nelle domeniche di Avvento e di Quaresima, durante la Settimana Santa , le solennità, la commemorazione dei fedeli defunti, mercoledì delle cenere, e durante l’ottava di pasqua. Se qualche volta si celebra un sacramento in questi giorni si tiene il rito del sacramento nel momento abituale, ma si usa la messa il giorno. Tuttavia, il senso liturgico consiglia di evitare la celebrazione di certi sacramenti, specialmente del Matrimonio, in periodi penitenziali come la Quaresima.
Le messe di esequie stanno proibite unicamente nelle solennità di precetto, le domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, il giovedì Santo e durante il Triduo Pasquale.
Esistono altri formulari di messe nel messale che possono essere scelti per motivi di opportunità pastorale o di devozione. Fra essi stanno le messe votive in onore della Trinità, dello Spirito Santo, del Signore, di Maria e dei santi, le messe per diverse necessità dei fedeli e della Chiesa, e le messe per diversi anniversari ed in suffragio per i defunti. In generale queste messe possono celebrarsi solo i giorni di settimana del tempo ordinario che non coincidono con una solennità, festa o memoria obbligatoria. Pertanto sono esclusi tutte le domeniche, i giorni di Avvento dal 17 al 24 di dicembre, l'ottava di Natale, il periodo di Quaresima e l'ottava di Pasqua. Durante i giorni infrasettimanali del resto di Avvento e del tempo di Natale e Pasqua si permette la sua celebrazione ma solo per un vero motivo pastorale e nelle messe col popolo.
2. La Domenica e la settimana
La storia della domenica comincia con la resurrezione di Cristo e si può dire che la celebrazione della domenica cristiana trovò rapidamente la sua forma definitiva. Negli Atti degli Apostoli e nelle lettere di san Paolo troviamo il primo giorno della settimana come il giorno della riunione cristiana. Nella prima lettera ai Corinzi (16,2), scritta verso la Pasqua dell'anno 57, San Paolo indica che si fa la colletta per i fratelli poveri di Gerusalemme il giorno della riunione settimanale: «Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi metta da parte , in casa sua, tutto quello che può». Nel libro dell'Apocalisse, scritto attorno all’anno 95, troviamo per la prima volta l'espressione “Il giorno del Signore, (Ta kiriake hemera),”(1,10) che in latino si dice Dominicus dies che pronto diventa semplicemente dominica.
Nei primi secoli, la domenica è fondamentale nella vita della Chiesa e ci sono abbondanti attestazioni della sua importanza. Il Didaché 14,1 (scritto fra l’80-120) ammonisce: «Il giorno del Signore radunatevi per la frazione del pane e l’eucaristia dopo aver confessato i vostri peccati perché il vostro sacrificio sia puro...». Altre testimonianze li troviamo nelle opere di Ignazio di Antiochia, Giustino e il pagano Plinio il Giovane, la Didascalia Apostolorum. Tutti mostrano che i cristiani si riunivano le domeniche, nonostante il fatto che era giorno lavorativo. L'importanza della domenica si mostra anche nei verbali dei martiri di Abitene, (nell’odierna Tunisia). Arrestati per riunione illecita il 12 febbraio di 304 furono portati davanti al proconsole Anulino. Il sacerdote Saturnino risponde all'accusa: «Noi dobbiamo celebrare il giorno del Signore. E’ la nostra legge», e diceva il lettore Emerito: «Si è nella mia casa che abbiamo celebrato il giorno del Signore. Non possiamo vivere senza celebrare il Giorno del Signore»[2].
Dopo la pace di Costantino, all'imperatore, ancora non battezzo, gli piaceva il fatto che potesse onorarsi Cristo ed il dio Sole nello stesso giorno, facendo festivo la domenica che i romani chiamavano giorno del sole, (da dove viene l'inglese Sunday, ed il tedesco Sonntag). Così nell'anno 321 si decretò l'astensione del lavoro nel venerabile giorno del sole: «Omnes judices urbanaeque plebes et artium officia cunctarum venerabili die solis quiescant». I Concili che dopo legiferarono sull'estensione del riposo domenicale e l’obbligo dell'assistenza alla celebrazione eucaristica non aggiunsero niente alla fisionomia essenziale del giorno cristiano per eccellenza. La domenica si considerò già il giorno della resurrezione e, secondo diversi padri, il giorno ottavo: il primo giorno della settimana è il giorno della creazione ed il primo giorno che ritorna dopo il settimo è l’ottavo giorno. Dice San Agostino: «Il giorno che fu il primo sarà l'ottavo, in modo che la vita precedente non sia più tolta ma resa eterna»[3]. La domenica come ottavo giorno è segno di vita eterna che commemorando la resurrezione di Cristo, anticipa il suo ritorno glorioso; in modo che celebriamo donec veniat.
Il carattere festivo della domenica si esprime in diverse maniere. In primo luogo, nell’Occidente, la partecipazione a tutta la messa domenicale, con la raccomandazione di comunicare, è obbligatoria per tutti i fedeli dopo la prima comunione. Nella messa domenicale si canta la Gloria in excelsis, eccetto Avvento e Quaresima, le letture sono più abbondanti, l'omelia è obbligatoria, e tutti proclamano il simbolo della fede. Inoltre secondo la tradizione della Chiesa, non si digiuna le domeniche e certe preghiere, come le litanie dei santi, si pregano in piedi.
In quanto alla sua celebrazione liturgica, per diversi motivi storici la celebrazione della messa coi testi propri della domenica, specialmente quelli del tempo ordinario, è stato costantemente in pericolo di essere sostituita per la celebrazione di altre feste, sante e devozioni. Durante la sua storia la Chiesa abbia dovuto intervenire varie volte e lottare per ristabilire l'importanza centrale della domenica nella vita dei fedeli.
3. I cicli di Pasqua e Natale
Al principio il giorno della Pasqua, oltre la domenica, era l'unica festa celebrata per i cristiani. A partire dal secolo II appaiono attestazioni delle prime celebrazioni del Triduo Pasquale (che all’inizio non includeva il Giovedì santo), per celebrare la passione nel giorno preciso dell'anniversario. Il giovedì fu aggiunto perché le cerimonie della Veglia Pasquale furono anticipate dalla notte alla mattina del Sabato santo e così sarebbero stati soltanto due giorni invece di tre. Pio XII restaurò la celebrazione notturna della veglia ma facendo che il Triduo cominciasse con la messa vespertina del giovedì per mantenere i tre giorni.
Dall'inizio del secolo III, sotto l'influsso degli Atti degli Apostoli, la celebrazione della resurrezione si allunga per cinquanta giorni fino il giorno di Pentecoste, quando si celebra la venuta dello Spirito Santo. Questa festa è solennizzata con una veglia dal secolo IV. La celebrazione del giorno di Pentecoste determina la celebrazione dell'Ascensione dieci giorni prima. La nuova festa appare per la prima volta nella seconda metà del secolo IV ed un secolo dopo la troviamo celebrata in tutte le Chiese.
Durante il secolo IV la necessità di contemplare e rivivere i diversi momenti del dramma della Passione, come l’entrata del Signore a Gerusalemme la domenica delle Palme, unita al desiderio di prepararsi per la Pasqua , diede origine alla Settimana Santa. Alla fine del secolo IV due fattori fecero allungare il periodo di preparazione intensa per la Pasqua ai quaranta giorni della quaresima: la prima era la celebrazione del Battesimo la notte di Pasqua dal secolo III, ed il secondo era la disciplina penitenziale con l'ammissione all'ultima tappa della Penitenza canonica la prima domenica di quaresima, (o dai finali del secolo V il mercoledì delle cenere), fino a che terminasse con la riconciliazione formale con la Chiesa fatta il Giovedì Santo. La domenica delle Palme, con la sua processione, fu celebrato in primo luogo a Gerusalemme all'inizio del secolo V ed a poco a poco si diffuse per il resto del mondo cristiano, arrivando da Roma nel secolo VII o VIII.
Il ciclo della festa di Natale:
La festa di Natale ebbe origine a Roma attorno all’anno 330 contemporaneamente all'edificazione della prima basilica di San Pietro e con una certa probabilità fu celebrata per la prima volta nella stessa basilica. La festa di Natale fu in gran parte conseguenza della crisi ariana che creò la necessità di affermare la fede nel mistero dell’incarnazione e di celebrare la realtà umano-divina di Cristo. Perché si scelse la data del venticinque di dicembre per celebrare la festa della nascita di Cristo? Alcuni Padri accettavano la teoria che Cristo, come alcuni profeti, aveva vissuto un numero perfetto di anni. Dato che molti pensavano che era morto un 25 marzo, allora questo giorno sarebbe stato il giorno dell'incarnazione del Verbo ed in conseguenza sarebbe nato nove mesi dopo: il 25 dicembre. Oltre a questo, il fatto di trovare come in alcune delle omelie dei Padri in questo giorno allusioni che descrivono a Cristo come “Sole di giustizia” e “Luce del mondo” c'indica che tra le intenzioni della Chiesa istituendo questa festa stava lo sforzo per allontanare i fedeli dalle attraenti celebrazioni pagane nella festa della vittoria del dio Sole, (Natalis invicti), che si celebrava il solstizio dell'inverno, allora il venticinque dicembre, e che era il più forte e resistente dei culti pagani. La festa dell'Epifania nacque contemporaneamente in Egitto e per motivi simili, dato che lì il solstizio di inverno si celebrava il sei gennaio per una differenza di calendari. Posteriormente entrambe le feste furono accettate nella maggioranza delle Chiese, ma svilupparono diversi aspetti; il Natale come celebrazione della nascita di Cristo, mentre l’Epifania ricorda l'adorazione dei maghi. Poi furono aggiunti i temi del Battesimo del Signore e le Nozze di Cana riflettendo così le diverse prime manifestazioni di Cristo al mondo secondo i Vangeli.
La pratica di celebrare tre messe il giorno di Natale viene dall'abitudine della Chiesa di Gerusalemme che, dopo aver accolta la celebrazione della festa romana del Natale, decise trasferirsi a Betlemme per celebrare la notte di Natale nel posto stesso della nascita del Salvatore. Dopo la messa notturna ritornavano in processione durante tutta la notte a Gerusalemme e celebravano una seconda messa all’alba nella Chiesa della resurrezione, L'Anástasis, e durante il giorno una terza messa nella cattedrale. Questa abitudine fu imitata posteriormente a Roma con la celebrazione della messa notturna in una cappella adiacente a Santa Maria Maggiore che imitava la grotta e dove tradizionalmente furono conservate le reliquie del presepe di Betlemme (oggi sotto l’altare maggiore della basilica), la seconda nella chiesa di Santa Anastasia e la terza in San Pietro.
Alla fine del secolo IV fu stabilito in Spagna e nella Gallia un certo parallelismo col ciclo pasquale facendo precedere l'Avvento al tempo di Natale, soprattutto come un periodo di preparazione per il Battesimo che si celebrava il giorno sei di gennaio. L'Avvento arriva a Roma intorno alla seconda metà del secolo VI e si sviluppa come un periodo di attesa messianica in vista alla Parusia di Cristo. Nessuna delle liturgie orientali ha costituito un ciclo di Avvento paragonabile al ciclo romano.
4. La struttura del tempo ordinario
Il tempo ordinario consiste in un periodo di trenta tre o trenta quattro settimane distribuite in due periodi dell'anno. Il primo comincia il giorno dopo la festa del Battesimo del Signore ed arriva fino all'inizio della Quaresima; ed il secondo e più lungo va dal lunedì dopo Pentecoste fino al sabato prima della prima domenica d’Avvento. Durante questo tempo si trovano la maggior parte delle celebrazioni dei santi ed alcune solennità e feste del Signore e di Maria. Per il tempo ordinario i formulari della preghiere della messa sono gli stessi che la messa della domenica precedente, benché c’è molto spazio e libertà per la celebrazione di messe votive e di varie necessità.
5. Le feste del Signore, di Maria e dei Santi
Feste del Signore:
Le grandi feste del Signore sono la Pasqua ed il Natale e non ci furono altre fino al medioevo, quando per diversi motivi si cominciarono a celebrare altri aspetti della vita del Signore o della sua azione salvifica tra noi. Nel tempo ordinario ci sono quattro solennità mobili il cui data dipende dalla Pasqua.
Oltre alle quattro solennità mobili, le celebrazioni del Signore a data fissa consistono nella Solennità dell'Annunciazione il 25 di marzo e le feste della Presentazione il 2 febbraio (ambedue dei quali hanno pure un carattere mariano). La Trasfigurazione il 6 agosto, e l'Esaltazione della Santa Croce celebrata il 14 settembre nel calendario universale, benché alcuni paesi dell'America Latina conservano la data anteriore del tre di maggio. La dedicazione della Basilica Lateranense il 9 novembre è considerato come festa del Signore dato che la cattedrale di Roma è dedicata in primo luogo al Santissimo Salvatore e solo dopo due principali San Giovanni (Battista e Evangelista).
Feste di Maria:
Il culto liturgico di Maria è cronologicamente posteriore al culto dei martiri e si sviluppò soprattutto dopo il Concilio da Efeso e specialmente durante il periodo natalizio. Così scopriamo la prima festa mariana celebrata a Roma è del secolo VI ed è la commemorazione del Natale di Maria o la congratulazione a Maria, celebrata l'ottava di Natale. Per motivi che ignoriamo, questa festa sparisce dalla Chiesa romana e nei secoli VII-VIII troviamo solo quattro feste mariane: la Purificazione , celebrata il due febbraio già con la processione di ceri che gli darà il nome di candelora, l'Annunciazione celebrata il 25 marzo, una data scelta, come abbiamo visto, in relazione col Natale ed inoltre perché si credeva che era stato il primo giorno della creazione del mondo ed il giorno della Passione e morte di Cristo, l'Assunzione, celebrata il 15 agosto; e la Natività di Maria, celebrata il 8 settembre ed introdotta dal Oriente per il Papa Sergio alla fine del secolo VII. Queste quattro feste erano le uniche di carattere generale nella liturgia romana fino al secolo XIV momento nel quale si incorporò la Visitazione , celebrata allora il 2 di Luglio, una festa di origine francescana, l'Immacolata Concezione, il 8 dicembre, e dopo la Presentazione di Maria il 21 novembre e la Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore il 5 agosto.
A partire dal secolo XVII si ampliò di nuovo con la celebrazione della Vergine Addolorata, il 15 settembre, l'ottava della festa della Natività di Maria. Questa festa nacque dentro l’ordine dei Servi di Maria nell'anno 1233 ma non entrò a fare parte della liturgia universale fino a 1804, motivato per le difficoltà che la Chiesa soffrì a causa di Napoleone Bonaparte. Altre feste sono nate a partire di eventi storici, come Maria Ausiliatrice, devozioni particolari, apparizioni o per onorare a santuari particolari come Loreto, Lourdes, Fatima, ecc.
La riforma conciliare ristrutturò le celebrazioni mariane in una maniera più coerente con l'importanza della festa. Come risultato si celebrano tre solennità: Maria Madre di Dio, l'ottava di Natale; l'Assunzione e l'Immacolata Concezione. In questo modo la celebrazione della Maternità Divina di Maria, il più importante e fondamentale di tutti i privilegi di Maria, restaura una festa mariana al primo giorno di gennaio, sostituendo la festa anteriore della circoncisione di Cristo. La riforma anche conserva due feste: La Natività di Maria e la Visitazione , celebrata ora il 31 di maggio. Cinque memorie obbligatore: Maria Regina, 22 agosto; Vergine Addolorata, il 15 settembre; il 7 ottobre, il 21 novembre ed il Cuore di Maria, il sabato dopo la Solennità del Sacro Cuore. Ci sono sei memorie facoltative: 11 febbraio, 13 maggio, 6 Luglio, 5 agosto, 12 settembre (nome di Maria) e 12 dicembre (Madonna di Guadalupe). Dopo ogni paese ha le sue celebrazioni particolari.
Il culto dei martiri e dei santi:
Per capire lo sviluppo del culto dei martiri risulta utile vederla in continuità ai costumi degli Ebrei contemporanei a Cristo e gli Apostoli che veneravano le tombe dei profeti ed altri santi della fede giudaica. Per esempio la tomba del profeta Isaia si conservava vicino alla piscina di Siloe e fu anche venerato dai cristiani nei secoli posteriori.
Al interno del ambito specificamente cristiano Il culto dei martiri è antichissimo ed è legato alla visione unitaria del mistero pasquale: coloro che avevano sparso il sangue per Cristo erano considerati perfettamente assimilati a lui nell’atto supremo del sacrificio della croce.
Così vediamo la venerazione che i cristiani di Smirne avevano per il corpo del loro vescovo martire Policarpo morto il 23 febbraio 165. in una lettera agli altre Chiese descrivendo il suo martirio scrivevano:
Solo più tardi [dopo la morte sul rogo] potemmo raccogliere le sue ossa, più preziose delle gemme e più stimabili dell'oro e le collocammo in luogo conveniente. Quivi per quanto ci sarà possibile, ci raduneremo nella gioia e nell'allegrezza, per celebrare il giorno natalizio del suo martirio[4].
Questo culto consisteva soprattutto nel fatto che la comunità cristiana come tale, rendeva ai martiri gli stessi onori che ogni famiglia soleva rendere ai propri cari con la differenza notevole che non si celebrava il ricordo il giorno della sua nascita ma, motivati dalla fede, l’anniversario della morte gloriosa o nascita alla vera vita. Inoltre non si celebrava con un banchetto funebre nel luogo della sepoltura ma con la celebrazione dell’Eucaristia.
Più tardi, specialmente con lo sviluppo del monachesimo, furono onorati con lo stesso culto dei martiri, i confessori che avevano sofferto la tortura per la fede, poi coloro che avevano vissuto santamente un martirio senza sangue come gli asceti (Antonio abate +356) e poi i vescovi ed altri cristiani vissuti santamente come san Martino di Tours (+397) il primo non martire di ricevere un posto nel calendario liturgico.
I processi di canonizzazione pontifici cominciano a partire del secolo X, quando i vescovi cominciano a chiedere al Papa di riconoscere il culto dei santi. Nell’anno 1171 Alessandro III ha decretato l’obbligatorietà dell’approvazione papale prima di poter venerare un nuovo santo nella Chiesa latina. Dato che alcuni vescovi volevano girare quest’obbligo con una semplice dichiarazione di beatificazione con un culto limitato alla diocesi, con risultati anarchici, il Papa Urbano VIII riservò tutto alla Santa Sede nell’anno 1634. Questo continua essendo la norma fondamentale, sebbene le procedure concrete abbiano sofferto parecchie variazioni lungo i secoli.
Il numero crescente di santi ebbe il risultato di riempire il calendario di commemorazioni e feste arrivando al punto, come avevamo già menzionato, di mettere in pericolo e soppiantare la celebrazione della domenica e dei misteri del Signore. Perciò varie volte la Chiesa ha dovuto ridimensionare la celebrazione dei santi in favore del proprio del tempo. I Papi Clemente X (1617) e Clemente XI (1714) tentarono di sospendere i nuovi processi di canonizzazione per periodi di cinquanta anni ma senza potere fermare il numero crescente di santi nel calendario. San Pio X realizzò una riforma importante del calendario in 1911 che ristabilì la precedenza della domenica sui santi. Altre riforme furono realizzate per Pio XII, 1955, e Juan XXIII (1960), prima della riforma generale del calendario portata a termine per desiderio del Concilio Vaticano II.
Il calendario attuale, frutto del Concilio Vaticano II, ha significativamente ridimensionato il numero delle celebrazioni dei santi. Le celebrazioni sono state ridotte ai santi di importanza storica o di interesse davvero universale. Si è fatto anche uno sforzo particolare per mostrare l'universalità della fede includendo santi di tutti i continenti. La celebrazione degli altri santi è stata limitata ai luoghi dove ricevono maggiore venerazione. Così la riforma ha lasciato poche solennità. San Giuseppe il 19 marzo, la Natività di San Giovanni Battista il 24 giugno, Santi Pietro e Paolo il 29 giugno, e Tutti i Santi il 1 di novembre. Il giorno dei Fedeli Defunti il 2 novembre, senza essere solennità, è un caso particolare in quanto prende precedenza sulla domenica. Ci sono solo 18 feste di santi; corrispondono agli Apostoli ed Evangelisti, a santo Stefano, ai Santi Innocenti, alla Sacra Famiglia, agli Arcangeli ed alcune feste particolarmente importanti nella liturgia romana come la festa di san Lorenzo, e la cattedra di San Pietro. Gli altri santi del calendario universale sono memorie obbligatorie o facoltative. Come menzioniamo già, ogni regione, paese ed inclusa diocesi può avere una solennità ed alcune feste particolari per onorare i loro patroni, senza che diventino molto numerosi.
Le Quattro Tempora:
Le Quattro Tempora sono giorni di digiuno e preghiera che coincidono con le quattro stagioni dell'anno. Benché la data della sua introduzione risultasse abbastanza oscura, possibilmente furono stabilite dal Papa Siricio († 398). La loro celebrazione fu soppressa nel nuovo calendario universale, ma può essere introdotta di nuovo nei luoghi che lo desiderino, come giornate di petizione ed azione di grazie, col giorno o giorni fissati per la Conferenza Episcopale o il vescovo locale.
In conclusione si potrebbe dire che benché lo sviluppo dell'anno liturgico non seguisse un piano previamente concepito, tuttavia tutti i suoi elementi sono conseguenti con la logica dello sviluppo iniziale che comincia col mistero di Cristo e rispondono alle esigenze delle multiple circostanze della vita storica della Chiesa e delle sue esigenze pastorali.
[1] J. López Martín, La Liturgia de la Iglesia , 218
[2] Acta SS. Saturnini, Dativi et aliorum plurimorum martyrum in Africa, 7,9,10: PL 8, 707.709-710.
[3] Cf. S. Agustín, Epist. 55,17: Ita ergo erit octavus, qui primus, ut prima vita sed aeterna reddatur.
[2] Acta SS. Saturnini, Dativi et aliorum plurimorum martyrum in Africa, 7,9,10: PL 8, 707.709-710.
[3] Cf. S. Agustín, Epist. 55,17: Ita ergo erit octavus, qui primus, ut prima vita sed aeterna reddatur.
[4] Martirio di San Policarpo 18
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